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Titolo primo

I.

La tutela. Impuberum tutela.

I. Idea di essa § 184.

II. Nomina del tutore § 185.

III. Ufficii del tutore in generale § 186.

IV. L'amministrazione del patrimonio e i doveri del tutore in parti

colare § 187.

V. Cessazione della tutela § 188.

II.

Mulierum tutela $ 189.

Titolo secondo

La cura o curatio.

I. Loro specie principali § 190.

II. Principii generali sulla cura § 191.

LIBRO QUINTO

La dottrina delle eredità, o delle successioni nel caso di morte.
Luogo che questa dottrina occupa nel sistema § 192.

SEZIONE PRIMA

Teoria della successione ereditaria propriamente detta.

CAPITOLO PRIMO

INTRODUZIONE GENERALE AL DRITTO DI SUCCESSIONE EREDITARIA

I. Della eredità in generale in contrapposto de'legati § 193.
II. Condizioni essenziali di ogni successione ereditaria § 194.
III. La ereditas e la bonorum possessio nelle loro reciproche relazio-
ni § 195.

CAPITOLO SECONDO

DELAZIONE DELLA EREDITÀ PER MEZZO DI UN TESTAMENTO

I. Idea generale del testamento § 196.

II. Condizioni generali per la validità di un testamento § 197.

III. Storia delle forme del testamento § 198.

IV. Forme del testamento nel dritto giustinianeo § 199.

V. Quel che può e deve in generale contenere un testamento § 200.

VI. Istituzione dell'erede diretto in particolare S 201.

VII. Sostituzioni che contengono dirette istituzioni di erede § 202.

CAPITOLO TERZO

DELAZIONE DELLA EREDITÀ SENZA TESTAMENTO, AB INTESTATO

I. Condizioni richieste per questa delazione § 203.

II. Capacità di succedere ed ordine di successione § 204.

III. Storia della successione ab intestato § 205.

IV. Successione secondo la Novella 118 ne'suoi tratti fondamentali $ 206.

CAPITOLO QUARTO

DELAZIONE DELLA EREDITÀ CONTRA LE DISPOSIZIONI DI UX TESTAMENTO

I. Introduzione § 207.

II. Obbligo del testatore di fare nel testamento una formale menzione di certi parenti S 208.

III. Obbligo del testatore di non obbliare certi parenti nel modo indicato dalla legge, cioè di lasciar loro la legittima § 209.

IV. Ultima restrizione recata dalla Novella 115 $ 210.

CAPITOLO QUINTO

ACQUISTO DELLA EREDITÀ

I. Idea dell'acquisto § 211.

II. Adizione della eredità § 212.

III. Acquisto della eredità ipso jure § 213.

IV. Efficacia dell'acquisto della eredità in generale § 214.

V. Obbligo dell'erede pe'debiti ereditarii § 215.

VI. Confusio e separatio bonorum § 216.

VII. Condizione dell'erede verso i terzi detentori delle cose ereditarie

$217.

VIII. Condizione de'coeredi tra loro § 218.

IX. Del caso in cui il chiamato non acquisti la successione a lui deferita § 219.

SEZIONE SECONDA

Teoria de'legati e de'fedecommessi.

I. Prenozioni generali § 220.

Il. I legati in particolare § 221.

III. I fedecommessi e i codicilli § 222.

IV. Fusione de' legati e de' fedecommessi § 223.

V. Deduzione della quarta Falcidia § 224.

VI. Diversità de'legati e de'fedecommessi secondo il loro obbietto e contenuto $ 225.

VII. Qualità propria del legatum partitionis e del fideicommissum hereditatis § 226.

VIII. La mortis causa donatio S 227.

IX. Acquisto de'legati § 228.

X. Garentia de' legati e de'fedecommessi § 229.
XI. Invalidità de' legati § 230.

I. Introduzione § 231. II. Bona vacantia § 232. III. Il caducum § 233.

IV. L'erepticium § 234.

SEZIONE TERZA

V. Addictio bonorum libertatum servandarum causa § 235.

VI. In jure cessio della hereditas § 236.

VII. Usucapio pro herede § 237.

Indice alfabetico delle materie.

$ 1.

Nome, contenuto e scopo delle istituzioni del dritto romano.

Le istituzioni del dritto romano, come corso accademico, van risguardate come un'introduzione non solo per lo studio del dritto romano, ma eziandio per quello della scienza del dritto.

La ragione, per la quale già da secoli nelle nostre Università lo studio del dritto vien cominciato col giure romano (straniero d'origine pe' tedeschi) è storica innanzi tutto; giacchè questo dritto, durante il medio evo, è stato ricevuto in Germania, ed è rimasto persino ai nuovissimi tempi il più importante fondamento della nostra condizione giuridica. Si aggiunge ancora un'altra ragione scientifica, la quale conserverà perennemente il suo vigore ancor quando quella ragione pratico-storica, almeno nel primitivo suo grado, dovesse venir meno. Oltre ciò il dritto romano, a cagione della sua interna eccellenza e del suo conseguente perfezionamento, in sè stesso compiuto sotto il rapporto teorico e pratico, riesce eminentemente più che acconcio ad una regolare introduzione per tutta la scienza del dritto. D' onde il nome Instituzioni, verrà detto nella storia delle fonti del dritto romano (1).

In fine vuolsi dar principio con una introduzione a tutto lo studio del dritto, perchè ad un corso di giure romano è bene premettere alcuni principi propedeutici, che non contengono propriamente dritto romano, ma formano la base comune ad ogni dritto positivo.

I.

IL DIRITTO IN GENERALE, SUA NATURALE ORIGINE,

SUO PROGRESSO E SCIENTIFICA TRATTAZIONE.

$ 2.

Il Dritto e lo Stato.

Dritto è tutto ciò che corrisponde all'idea del giusto ed alle sue leggi.

Questa idea del giusto è nella più intima connessità coll'idea del (1) Veggasi il § 35.

bene morale. Entrambe si originano, secondo il loro ultimo fondamento, dalla medesima sorgente, dalla ragion pratica dell' uomo, e sono derivazioni di una sola ed eterna verità, secondo la quale gli uomini e come individui e come università sono capaci di un sempre progressivo perfezionamento, al cui acquisto uopo è che si attenti con isforzi continui, sempre raddoppiati. Quindi il dritto e il bene morale si appresentano non contrari fra loro, bene sì come parti di uno stesso tutto che si compiono a vicenda, e che son destinate a rafforzarsi per tutti i lati, ed a far raggiungere con siffatto consociamento di forze i più alti fini proposti all'umana esistenza. Non dee dunque parer cosa strana se i Greci dinotarono col nome generale di Etica la dottrina del dritto e quella della morale, come un tutto scientificamente organato. Nondimeno una separazione di esse è, in astratto, secondo i naturali confini ed altri rapporti in che stanno tra loro, non solo possibile,ma benanco necessaria, così per la vita stessa, come per la scienza.

L'idea del dritto prende varie forme nelle molteplici prove che si fanno ad effettuarla praticamente ed a renderla visibile nella vita dei popoli; le quali varietà son condizionate parte dal sempre mutabile grado di cultura di un popolo, parte da più altre circostanze esterne. Ma sempre noi la troviamo in istrettissimo legame colla idea dello Stato. Il dritto e lo Stato sono due storici fenomeni, che non mai ci si offrono disgiunti, ma sempre uniti. La ragione si è, che solo nello Stato, cioè solo in una ordinata civile società di uomini formanti de' grandi o piccioli popoli, sotto un' autorità comune, esterna e da tutti riconosciuta, si può attuare nella vita l'idea del dritto. Certo, appartiene all'essenza del dritto, che esso, come tale, sia riconosciuto generalmente dalla comunanza di quelli, che come popolo formano lo Stato, e che, in conseguenza sia vigilato e garentito dall'autorità dello Stato medesimo, siccome organo del consorzio civile. In ciò appunto rilevasi esternamente il carattere del dritto spiccatamente distinto da quello della morale. Entrambe, la dottrina del dritto e quella della morale, convengono in questo, che esse impongono leggi, prescrizioni, alle quali l'uomo, come essere libero e ragionevole, deve sottoporre sè e le sue azioni. Ma i precetti della morale portano in sè, sotto un duplice aspetto, più il carattere di leggi semplicemente individuali; parte perchè, secondo il loro essere, si fondano sull' interna coscienza d'ogni uomo, parte perchè, secondo la loro efficacia, solo dagli stessi individui e dalla loro coscienza son valutati, e perciò capaci unicamente di un interno costrignimento. Al contrario, le prescrizioni di dritto, come quelle che emanano dalla generalità della comunanza civile, quindi dallo Stato, dal popolo, vengono anche sorvegliate come leggi universali da questa medesima comunanza; stantechè l'organo di esse, l'autorità dello Stato, astringe ognuno, quando occorra, ad osservarle per mezzo di esterni provvedimenti.

La quale giuridica costrizione non reca veruna offesa alla dignità della libertà umana, e non è mica in contradizione con essa; chè le prescrizioni del dritto provvengono da quegli stessi che devono osser

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