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S. 234.

Il così detto erepticium.

Dig. lib. XXIX, tit. 5, de senatusconsulto Silaniano et Claudiano, quorum lestamenta ne aperiantur. til. 6, si quis aliquem testari prohibuerit, vel coegerit. Dig. lib. XXXIV, tit. 9, de his, quae ut indignis auferuntur.— Dig. lib. XLIX, tit. 14, de iure fisci. Cod, lib. VI, til. 34, si quis aliquem testari prohibuerit, vel coegerit. tit. 35, de his, quibus ut indignis hereditates auferuntur et ad senatusconsultum Silanianum.

La lex Julia, quella stessa che introdusse il concetto del caducum, istituì eziandio un' altra successione speciale in caso di morte, il così detto erepticium o ereptorium. Altre leggi fecero di poi non poche aggiunte alle sue disposizioni, e per tal modo si è svolta più compiutamente la teoria dell' indignitas.

A colui che secondo i principî generali del dritto romano è in tutto capace di succedere, può con tutta efficacia deferirsi tanto una eredità, quanto un legato od un fedecommesso. Egli può eziandio in sè e per sè acquistarli. Purnondimeno in certi casi egli non può profittare di questo dritto, sendochè le leggi lo dichiarano indignus di conseguire o di ritenere così fatti vantaggi di successione. Così se il chiamato si è reso colpevole di certi fatti malvagi od almeno di cattiva condotta, specialmente inverso al defunto, ne segue che certe persone sono facultate di togliere per sè la eredità a lui devoluta, od il legato che gli si fosse lasciato. Indigno hereditas vel legatum eripitur, aufertur. L' indegno può soffrire questa ereptio prima o dopo l'acquisto della cosa che gli fu lasciata; e nel secondo caso è possibile che ciò gli rechi pregiudizi al tutto peculiari. Que' che ha dritto ad eripere, è, secondo le circostanze, ora l'aerarium, il fiscus, ora il coerede dell' indegno, ora l'onerato, or finalmente l'erede ab intestato. Un esempio ce l'offre la disposizione di legge già menzionata di sopra, secondo la quale l'erede o il legatario, che, non ostante l'ordine del giudice, non satisfa per colpa il legato od il fedecommesso che validamente gli fu imposto, dee perdere tutto ciò che da questa successione gli sia pervenuto. Qui pure è da notare il fideicommissum tacitum; poichè chi segretamente, in fraudem legis, si addossa l'incarico di un fedecommesso a pro di un incapace, non conserva egli stesso ciò che era destinato all'incapace, ma il fisco glielo toglie, come ad un indegno. Del resto, questa sorta di successione in caso di morte introdotta dall'ereptio è, secondo le circostanze, ora una semplice per universitatem successio, ora una pura singularis successio; la prima quando vien tolta un' eredità; la seconda quando l'obbietto che si perde è un legato od un fedecommesso.

Lege nobis adquiritur, velut caducum, vel erepticium (?) ex lege Papia Poppaea. ULPIAN., Fragm., tit. XIX, §. 17.

Si quis in fraudem tacitam fidem accommodaverit, ut non capienti fideicommissum restituat, nec quadrantem eum deducere, senatus censuit, nec caducum vindicare ex eo testamento, si liberos habeat. ULPIAN., Fragm., tit. XXV, §. 17.

Quae autem antiquis legibus dicta sunt de his, quae ut indignis auferuntur, et nos simili modo intacta servamus; sive in nostrum fiscum, sive in alias personas perveniant. IUSTINIAN., c. un., §. 12, C., VI, 51, de caducis tollendis.

S. 235.

Addictio bonorum libertatum servandarum causa.

Inst., lib. III, tit. 12, De eo cui libertatis causa bona addicuntur.

Allorchè il testatore ha manomessi gli schiavi nel suo testamento mediante un legato od un fedecommesso, e tra gli eredi istituiti non è chi voglia o possa acquistare l'eredità, questa, secondo un rescritto di Marco Aurelio, deve essere aggiudicata, addicta, ad uno de' servi manomessi nel testamento, oppure ad un terzo che la dimandi, purchè dia sicurtà di pagare i debiti e di mantenere le manomissioni. In origine ciò non avea luogo che nelle eredità testamentarie, ma di poi fu esteso anche nelle intestate, quando le manomissioni fossero ordinate ne' codicilli. Lo scopo di questa addictio è il mantenimento delle manomissioni testamentarie, le quali senza di essa sarebbero rimaste prive di effetto insieme col testamento medesimo. La successione, cui si dà luogo, è naturalmente una per universitatem successio.

Accessit novus casus successionis ex constitutione Divi Marci. Nam, si ii, qui libertatem acceperunt a domino in testamento, ex quo non aditur hereditas, velint bona sibi addici libertatum conservandarum causa, audiuntur...

Inprimis hoc rescriptum toties locum habet, quoties testamento libertates datae sunt. Quid ergo, si quis intestatus decedens codicillis libertates dederit, neque adita sit ab intestato hereditas ? an favor constitutionis debebit locum habere? Certe, si intestatus decesserit et codicillis dederit libertatem, competere eam, nemini dubium est. Pr., et §. 3, Inst., III, 12, de eo, cui libertatis causa bona addicuntur.

§. 236.

In iure cessio della hereditas.

Dig. lib. XVIII, tit. 4, de hereditate vel actione vendita - Cod., lib. IV, tit. 39, de hereditate vel actione vendita.

Noi notammo più sopra che, secondo il dritto più antico, al legitimus heres era lecito di cedere ad un altro l'eredità a lui deferita, prima di farne lo acquisto. Con ciò si operava una specie di nuova delazione dell' eredità in favore del cessionario, che facendo l'adizione diventava formalmente erede (1). Il suus heres, come quegli che ac

(1) V. sopra il §. 205.

quistava l'eredità ipso iure, non potea naturalmente fare una simile in iure cessio (1). Tutto questo non avea luogo se non per la sola successione intestata.

Similmente dopo l'acquisto dell' eredità una in iure cessio, non che possibile, era, a dir vero, permessa da parte dell'erede, fosse stato egli chiamato ex testamento od ab intestato, ma allora non si dava luogo ad una nuova delazione; solo il cedente restava, in qualità di heres, obbligato verso i creditori della eredità mentrecchè i debitori di essa erano liberati. Il cessionario null' altro acquistava in proprietà salvo che i corpora hereditaria. Se tale cessio si fosse fatta pria dell' adizione non avrebbe prodotto alcun effetto.

Nel nuovo dritto romano, dopo che è andata in disuso la in iure cessio in generale, non si può vedere di simili effetti. Quindi non bisogna confondere con tutti questi casi di in iure cessio dell' hereditas un caso ch' è pur possibile nel nuovissimo dritto romano, quello, cioè, di una alienazione ordinaria, venditio dell' eredità, dopo che questa fu acquistata dall' erede. Con ciò non si dà certamente mai luogo ad una per universitatem successio. Piuttosto il venditore resta sempre erede, giacchè fu tale una volta, e come tale è obbligato inverso i creditori della eredità nel tempo stesso ch'ei conserva i proprii crediti contro di essa. Essendo pertanto il venditore obbligato conforme al contratto di trasferire al compratore non pur le cose corporali della eredità, ma anche gli utili provvenienti da' crediti ereditarii, nel modo stesso che reciprocamente il compratore è obbligato di sgravare il venditore da' debiti e pesi della successione, concludonsi tra loro le stipulationes partis et pro parte, siccome suol farsi nella partitio legata (2).

Si is, ad quem ab intestato legitimo iure pertinet hereditas, in iure eam alii ante aditionem cedat, id est, antequam heres exstiterit, perinde fit heres is, cui in iure cesserit, ac si ipse per legem ad hereditatem vocatus esset. Post aditionem vero si cesserit, nihilo minus ipse heres permanet et ob id creditoribus tenebitur, debita vero pereunt, eoque modo debitores hereditarii lucrum faciunt; corpora

(1) Così i Sabiniani. I Proculiani andavano in diversa sentenza. Diversae scholae auctores idem eos (suus et necessarius heres) agere putant quod ceteri post aditam hereditatem; nihil enim interest utrum aliquis cernendo aut pro herede gerendo heres fiat, an iuris necessitate hereditati adstringatur. Gai., Comm. III, 87. Il Trad.

(2) V. sopra il §. 226. Rigorosamente parlando, questo era il caso primitivo delle stipulationes emptae et venditae hereditatis. La partis stipulatio è la stipulazione del legatario; la stipulatio pro parte ( indemnem o fore defensum iri) è quella dell' erede. Partis autem et pro parte stipulationes proprie dicuntur, quae de lucro et damno communicando solent interponi inter heredem et legatarium partiarium, id est, cum quo purtitus est heres. Ulp. XXV, 15. Le prime stipulationes si usarono dappoi nella restituzione di un fedecommesso universale, o di quello almeno che comprendesse tutta la parte dell'erede gravato; la qual restituzione facevasi nella forma di una vendita, nummo uno, stipulationes emptae et venditae hereditatis; le seconde, vennero adoperate ancor esse, per analogia, quando trattavasi del fedecommesso di una quota parte.

Il Trad.

vero eius hereditatis perinde transeunt ad eum, cui cessa est hereditas, ac si ei singula in iure cessa fuissent.

Testamento autem scriptus heres ante aditam quidem hereditatem in iure cedendo eam nihil agit: postea vero, quam adierit, si cedat, ea accidunt, quae proxime diximus de eo ad quem ab intestato legitimo iure pertinet hereditas, si post aditionem in iure cedat. GAIUS, Comm., II, §. 35 et 36.

S. 237.

Usucapio pro herede.

Ognuno, secondo il dritto romano più antico, sol che avesse la capacità di ereditare e segnatamente per effetto di un testamento, poteva acquistare un' eredità non a lui deferita impossessandosi di essa prima che altri, dopo la sua apertura, ne avesse preso il possesso in qualità di erede, e continuato a possederla pacificamente per lo spazio di un anno. Usucapio pro herede. Nè singole cose corporee, res hereditariae, corpora hereditaria, eran quel che si poteva usucapire a questo modo, ma effettualmente tutta quanta la eredità, come tale, il dritto all' eredità stessa, ipsa hereditas. Il perchè con l'eredità usucapita passavano pure all' usucapiente i sacra privata. Nè c'era bisogno di un iustus titulus o della bona fides per togliere in tal guisa l'eredità allo erede. Di qui il nome di improba, lucrativa usucapio. Lo scopo di questo istituto giuridico era moltiplice; perocchè primamente con esso provvedeasi pe' molti casi, ne' quali giusta il dritto civile più antico mancasse in generale l' erede chiamato, e dove le eredità paressero come prive di eredi. Poi risiedeva qui pure un mezzo di costringere indirettamente lo erede chiamato di adire più sollecito la eredità in pro de' creditori ereditarii. Finalmente aveasi di tal guisa ancor cura di conservare i sacra privata che altrimenti avrebbero non di rado avuto del danno.

Solamente svariate circostanze, segnatamente l'introduzione della bonorum possessio congiunta con un senatoconsulto dato fuori sotto Adriano (1) conferirono a porre un fine a tutta l' usucapio pro herede come superflua, anzi pregiudizievole. Nè qui faccia inganno ad alcuno quella usucapio pro herede, che ancora s' incontra nel dritto giustinianeo; questa ha solo per oggetto singole cose ereditarie, ed in genere per significato ed importanza non vuolsi confondere con quella, di cui più sopra si è discorso:

Rursus ex contrario accidit, ut qui sciat, alienam rem se possidere, usucapiat, velut si rem hereditariam, cuius possessionem heres nondum nactus est, aliquis possederit. Nam ei concessum est usucapere, si modo ea res est, quae recipit usucapionem. Quae species possessionis et usucapionis pro herede vocatur.

(1) V. sopra il §. 217.

Qua re autem omnino tam improba possessio et usucapio concessa sit, illa ratio est, quod voluerunt veteres maturius hereditates adiri, ut essent, qui sacra facerent, quorum illis temporibus summa observatio fuit, et ut creditores haberent, a quo suum consequerentur. Haec autem species possessionis et usucapionis etiam lucrativa vocatur: nam sciens quisque rem alienam lucrifacit. Sed hoc tempore iam non est lucrativa. Nam ex auctoritate divi Hadriani senatusconsultum factum est, ut tales usucapiones revocarentur; et ideo potest heres ab eo, qui rem usucepit, hereditatem petendo perinde eam rem consequi, atque si usucapta non esset. GAIUS, Comm., II, §. 52, 53, 55-57.

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