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intendere si debba uno spazio di tempo che egli a ragione dice di durata incognita ed incerta, nel quale la semplicità dei costumi, l'uguaglianza delle condizioni, la concordia, la buona fede, la frugalità e l'innocenza, con che si viveva, rendevano gli uomini contenti e beati; e conviene pur anche nel sentimento, che questo bel secolo si godesse in Italia. Ma tratto da eccessivo amore per il suo sistema, negò che quel secolo corresse fra gli Aborigeni, impugnò la tradizione, che ne fa autore Saturno, si perdette nella indagine del Crono Greco, e si sforzò di provare, che quello non fosse stato giammai in Italia; e confondendo le origini Greche colle Italiche, tradusse il Saturno degli Aborigeni per uno Sterce immaginario, da Giano deificato, e detto Crono dai Greci ad oggetto di farlo credere Greco ed antichissimo da altri nominato solo come padre di Pico re dei Latini; e conchiuse colla sola sua autorità, che qualunque fosse quel Saturno, non fu autore dell' aureo secolo, e che di tanta felicità, sono le sue parole, non si gode pur un momento fra gli Aborigeni. Non ha citato egli altro argomento se non quello della vita selvaggia, forse la primitiva di que' popoli, indicata dai poeti, ed ha tralasciato il passo di Virgilio nell'vi. dell'Eneide v. 321, nel quale si parla della formazione della società e delle leggi; e quindi trasportando il secolo d'oro nelle terre circonpadane, correre lo fece allorchè colà vennero i supposti Marici,

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o altri primi Liguri, i primi Umbri, ed i primi Taurisci, d'onde si stese agli Aurunci, e forse ai Sicani. Lasciando da parte la quistione degli Aborigeni, che già abbiamo discussa, e quella di Saturno, che non merita ampio ragionamento, e che al fine si risolve in una quistione di nome; egli è certo anche per confessione del Bardetti, che un secolo d'oro corse in Italia; il che basta forse a stabilire il principio, che in Italia ebbe luogo 7 Boforse prima che altrove, la civilizzazione, e che dai popoli più antichi, dagli originarj d'Italia potè godervisi fin da principio di quella felicità, che solo si ottiene coll' uscire dallo stato di una natura selvaggia per mezzo delle sociali istituzioni. Qualunque fosse quel Saturno ascoso nelle mitologiche origini, essere doveva antichissimo, e da esso non può staccarsi l'idea del secolo d'oro, giacchè ne rimase la tradizione, ed il nome se ne conservò in quelli di Saturnia, e di Saturnali. Non mi estenderò nel descrivere la condizione, e la felicità di quel secolo, perchè la prima è incerta, siccome l'epoca ne è pure sconosciuta, e la seconda non è magnificata per lo più che dai poeti, che tutto ingrandirono, ed abbellirono colla loro fantasia. Giova però osservare, che non mai tanto si parlò della felicità di quel secolo, quanto nei tempi posteriori, e dopo che i Romani ridussero tutti i popoli sotto il loro giogo; cosicchè può ragionevolmente supporsi, che gli scrittori, esaltando la prosperità di quel periodo,

si trasportassero con una feconda immaginazione is que' tempi, nei quali si godeva di una maggiore libertà, o di una più dolce suggezione, ne' tempi di un governo in qualche modo patriarcale.

4. Giova in questo luogo richiamare ad esame alcuna delle opinioni del Bianchini, quanto dotto nello indagare gli antichi monumenti, altrettanto strano talvolta nei suoi sentimenti per troppo amore di sistema, e per lo zelo di tutto ricondurre alla storia della Bibbia. Egli non si immagina neppure, che un secolo d'oro avesse corso in Italia, e solo va cercandolo nello stato d' innocenza de' primi padri dell' uman genere, secondo la Scrittura, in una parola nel paradiso terrestre. Ma egli si è avveduto di non potere staccare la tradizione di quell' aurea età da quella di Saturno, e dai Saturnali; quindi ripescando tra le genealogie mitologiche, trasse due Saturni, il primo confuso con Etere, padre di Urano al quale disse attribuito tutto quello che si narra di Adamo, ed a questo diede 1000. anni di vita; il secondo figliuolo di Urano medesimo, che confuse con Noè, e che sopravvissuto suppose al diluvio. Questo, dic'egli, finsero i mitologi fratello di Giove primo, e padre del secondo; ma il secolo d'oro, soggiugne, non può riferirsi se non al tempo del primo Saturno, cioè di Adame. Spiega egli quindi per Adamo ed Eva, le figure rappresentate in un basso rilievo della villa Panfilj. ed alle feste Saturnali aggiudica la rappresentazione

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12.

egli crede, che il visibile ritiramento del mare dalle falde dell'Apennino lasciasse prima scoperte le sommità de' monti e de' colli, mentre le valli e le pianure erano ancora ingombre d'acqua e di fango. Infatti qualora si scorra l'Italia con occhio fisico e geologico, ben poche sono le valli ed i luoghi più bassi, ove le vestigia non veggansi, e patenti tradizioni non trovinsi, della esistenza di antichi laghi. Procede però quello scrittore in questo ragionamento, e premessa la osservazione, che i molti fiumi, che dalle Alpi e dagli Apennini scaturiscono. e i vasti serbatoi, che nel seno di que' monti si racchiudono, distribuiscono per tutta la penisola le acque in gran copia; suppone che il terreno, che ora ricopre le vaste pianure della Lombardia, della Puglia, e di altre parti d'Italia, sia un dono delle acque, che con una continua azione ed una forza irresistibile distrussero in parte le montagne, e le spoglie ne trasportarono in fondo delle valli; che denudati per tal modo i monti di quel terreno, che formava la naturale loro fecondità, non fossero più capaci di provvedere alla sussistenza di numerosi abitanti, e che allora gli uomini costretti fossero a cercare nuove dimore, e da se stessi si portassero ad occupare luoghi più favorevol mente situati lungo i fiumi navigabili, o in riva al che loro offrivano maggiori comodi della vita. Così, dic' egli, dalle regioni più elevate d'Ita lia scesero da un lato e dall' altro verso il mare

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