Page images
PDF
EPUB

incomtam comam debbono supporre necessariamente che le giovani Spartane tutte, perchè frettolose, escissero in pubblico colle chiome incolte e neglette; e che Orazio proponesse queste ad esempio alla fanciulla ancora, la quale doveva cantare sulla lira al Convivio. Ciò detto egli prosegue Il Bentlejo assevera che ripuguasse al Poeta l'in comtam, se ordinava a Lide di maturare, e non frapporre indugio a pettinare la chioma. Ma in questo erra egli ed il Gianni, i quali spiegano il maturet per properet; locchè aveva già insegnato Macrobio essere falso Saturn. Lib. VI: ove nota che maturare e properare vengono sapientissimamente separati da Virgilio come assolutamente contrarj; ed aggiungendo: Mature est, quod neque citius neque serius; sed medium quiddam et temperatum est. Poteva dunque Lide legare i suoi capelli senza lungo attendere, raccogliendoli in un nodo, composto alla maniera delle giovani Lacene o Spartane, che nella palestra specialmente, e nella caccia erano agilissime, ed in quella maniera grato alle fanciulle e Ninfe assai graziose; da tutti lodato; e ne' monumenti stessi raffigurato. Così ragiona il Fea: con quanta precisione poi non lo so. Come può egli asserire che maturare non vale in molti casi properare, se più esempj ne abbiamo di Orazio stesso, il quale ha pure maturus per properus? Io non comprendo pure come egli venga dicendo che se Orazio ordinava a Lide di venire Alla Spartana in libero Nodo le chiome atcome canta il Gargallo, bisogna credere necessariamente che tutte le giovani di Sparta escissero in pubblico scapigliate per fretta. Il Poeta prescrive che Lide solleciti a venire colla sua lira: si sa chi sia Lide, ed in qual modo è desiderata, e perchè: dunque egli vuole si acconci il capo in maniera facile, e sia proprio e terso senza contizie e cincinni: nè vuole che faccia a guisa delle galanti di Roma; che - dum molliuntur, dum comuntur, annus est come dice Giovenale; ma invece alla moda delle donne Lacene, o Spartane. Doveva Orazio prescri

torte

[ocr errors]

vere per minuto l'acconciatura, e farla da parrucchiere? Consiglia la più semplice e meno turbabile, e questo gli basta: quindi è che dice si ravvivi col pettine la scomposta chioma, e, simplex munditiis come dice altrove, la raccolga e rannodi sulla sommità della testa, all'usanza Spartana. Le giovani di Sparta, educate ai modi severi, esercitandosi agili e preste alla caccia, alla palestra, ed altri studi simili, più virili di quel che feminei; anzi che starsi a lungo nello Specchio ed alla Toelette; stringevano come Diana, le chiome insieme avvolte e lisciate col pettine, in un semplice nodo quasi sulla sommità del capo. Ma questo non toglie che ciò non fosse fatto con pulitezza e con eleganza.

V. 21.

ODE XIII.

Quam paene furvae regna Proserpinae
Et judicantem vidimus Aeacum etc.

Questa strofa così è distinta generalmente, portando poi un punto ammirativo in capo del v. 28 nella strofa susseguente. Riescirà però assai più spedita ed animata la puntatura così:

Quam paene! furoae regna Proserpinae,

Et judicantem vidimus Aeacum,

Sedesque discretas piorum, etc.

cioè: quanto poco mancò, che io non vedessi il Regno di Dite, etc.

V. 9.

LIBRO TERZO

ODE I.

Est ut viro vir latius ordinet
Arbusta sulcis, hic generosior
Descendat in Campum petitor,
Moribus hic, meliorque fama,
Contendat, illi etc.

[ocr errors]

[ocr errors]

La interpretazione che si dà di questo luogo è la seguente: Est i. e. fit, contingit, ut vir ordinet arbusta latius viro alio sulcis etc. vale a dire: Accade che un uomo possegga più largamente di un altro uomo. Io facendo riflessione all' ordine delle idee ora esposto dall' Autore, penso che egli abbia inteso di esprimere un sentimento da questo tutto diverso. Nella strofa che precede, fa la qui appresso a scala ascendente, relativa ai Grandi: I popoli soggiaciono ai loro Re; i Re sottostanno all'impero di Giove, che è il domator de' Giganti, ed Onnipotente Ciò detto rispetto ai dominatori e potenti; fa questa scala parimente ascendente, riguardo ai dominati, e alla condizione de' privati: Vi ha, est, l'uomo che ordina in ampia misura ne' solchi gli arbusti ad altro Uomo; cioè fa il castaldo ad altro uomo ricco: questi più nobile dell' altro, generosior, si presenta concorrente, petitor, a cariche e onori: altri, (hic) ed è rinomanza migliore, meliorque fama, si fa innanzi per costumatezza, contendit moribus a quello, per avere una turba di clienti maggiore etc. Di questa guisa, pare a me dunque che il Poeta abbia voluto fare un esatto novero e per gradi, delle umane condizioni diverse; salendo prima dal suddito a Giove, poscia dal villico al più alto dignitario e potente: per poi concludere che ad onta di queste grandi differenze, tutti raccoglie in un fascio istesso la morte. La frase ordinet sulcis arbusta latius io sono tratto a così interpretarla, riflettendo, che se si volesse intendere un semplice possessore, maggiore dell' altro; non mi pare si avesse detto ordinet latius sulcis: ciò che indica anzichè una proprietà, una operazione manuale; quale si è appunto il porre le piante con ordine nel solco ad un altro. Quello poi che mi pare determini più nettamente questo intendimento, è quanto è detto li appresso: cioè - aequa lege Necessitas sortitur insignes et imos; Omne, capax moDet urna, nomen

[ocr errors]
[merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][ocr errors][merged small]

si ac

sentenza dà nel falso: essendo che troppo di frequente purtroppo La gola il sonno e le ozïose piume conciano benissimo nelle Case agiate. I Chiosatori susseguenti così corressero: somnus non fastidit domos humiles agrestium virorum, et ripam umbrosam e va benissimo: ma perchè non distinguere e puntare in conformità questo luogo? Ed il Non zephiris agitata Tempe (v. 24) come si spiega? Io non trovo che Acrone il quale dica

loca nemorosa et amoena ruris

ma poi che significa quel non? Il solo Cristoforo Landino per cavarne un senso plausibile legge, non so poi da qual Codice umbrosamque ripam, Nam zephiris agitata Tempe Io credo adunque si abbia a provvedere alla chiarezza di questa strofa così interpungendo:

cioè:

somnus, agrestium

Lenis virorum, non, humiles domos

Fastidit; umbrosamque ripam,

Non, zephiris agitata, Tempe.

somnus lenis i. e. dulcis virorum agrestium, non fastidit domos humiles (honestas), et ripam umbrosam; etiam si non est Tempe, quam agitent, et mulceant zephiri lenes volendo esprimere, che il dolce sonno de' faticanti non isprezza le modeste Case, e neppure un'ombrata ripa; se anche non sia ella una Tempe accarezzata dai zefiri; e le case non abbian letti di rose e di molli papaveri.

V. 37.

Questo

ODE IV.

Vos Caesarem altum militia simul
Fessas cohortes reddidit oppidis,

Finire quaerentem labores,

Pierio recreatis antro.

Caesarem altum militia simul etc. ha dato molto a dire agl' Interpreti, e in diversi modi. Acrone, Porfirione, l'Ascensio, il Lambino, ed altri leggono - Caesarem altum militia per grande, eccelso nella milizia. Il Bentlejo, il Gianni, il Juvenci, il Torrenzio, il Doering, lo Stallbaum, il Jahn, il Dillenburger, l'Orelli, il Lemaire, lo Schmid, ed il Peerlkamp etc.; accordando il militia con fessas cohortes, spiegano il Caesarem altum per Cesare il Grande. Il ch. Fea ed il Bindi intendono il Caesarem altum militia per; nutrito allevato nella milizia fin dai primi anni. L'ill. Gargallo invece legge: altum a Musis cioè nutrito dalle Muse, per dirlo educato nelle Belle Lettere. Fra tutti questi Interpreti poi, il Fea chiamando improprio il dire, cohortes fessas militia, così sostiene la propria opinione, e condanna l'altrui Eleganter quidem; ut stupet Jani! At potius, quam inepte!

che

·

e dopo avere detto altum militia significa, non magnum, excelsum, ma bene educatum, nutritum militia; quia a teneris annis Augustus militiae fuit addictus conclude col dire: - quid enim opus est addere, quo laborum genere cohortes sint fessae? - In quanto a me, il senso vero di quest' altum non è punto il magnum o il nutritum in militia; ma bensì l'altro di pastum vel coenatum; e la costruzione di questa strofa è la seguente: -Vos (Musae) recreatis, in antro Pierio, Caesarem altum i. e. coenatum; quaerentem finire labores (diurnos), simul (ac) abdidit i. e. reposuit oppidis (hibernatum), cohortes militia i. e. militando fessas. Vedi questo concetto pure Lib. II, Od. 7, v. 18. E che questa debba esser l'interpretazione, a me pare lo confermino gli

« PreviousContinue »