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INSTITUZIONI ORATORIE

E

SCRITTI INEDITI

DI

Giovanni Battista

GIAMBATTISTA VICO

NAPOLI

PRESSO I FRATELLI MORANO

Strada Quercia n. 14 e Toledo n. 103.

RAGIONAMENTO PRIMO

D'INTORNO

ALLA LEGGE DELLE XII. TAVOLE

VENUTA DA FUORI IN ROMA

Questa Legge con la Legge Regia di Triboniano hanno corso un destino tutto contrario alle due Leggi Publilia e Petelia: perocchè quelle han giaciuto finora oscure e neglette, le quali contenevano due mutazioni massime della Romana Repubblica; e queste han fatto tanto romore d'aver portato due mutazioni massime del Romano Stato e Governo, e non sono giammai state nel Mondo: e con un Fato comune ad entrambe, di una, ch'è della Legge delle XII. Tavole, si è tanto variato circa al luogo, dond'ella sia venuta ; dell'altra, ch'è la Legge Regia, si è variato tanto circa il tempo nel qual ella sia stata comandata: talchè entrambe fanno l'Omero, ch'è stato finor creduto: del quale primo Lume di Grecia la Storia ci ha lasciato al bujo dintorno alle due sue più importanti parti, che sono la Cronologia e la Geografia; e per tempo di quattrocensessant' anni ogni età l'ha voluto suo contemporaneo; e sì per la ragione del noverare Cronologica ne han fatto da presso a quattordici Omeri; e per lo luogo, ogni Città della Grecia avendolo voluto suo cittadino, ne han fatto Omeri senza

numero.

Noi in questo Primo Ragionamento, che sarà dintorno alla ·Legge delle XII. Tavole, ragioneremo di sette cose: I. di esso fatto, qual si racconta; II. degli Storici che ne scrissero; III. degli Auori, i quali non la credettero; IV. de' danni, c'ha fatti alla Scienza del Diritto, Governo, Istoria, ed alla Giurisprudenza Romana; V. dell'utilità, che ci ha intercettato dintorno a' Principj Vico, Scritti inediti.

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della scienza di questo Mondo di Nazioni; VI. del Vero,che diede occasione e durata a sì fatta Tradizione volgare; VII. e finalmente de' motivi, onde tal vero restò seppellito tra tanto falso.

I.

Dintorno al Fatto, qual si racconta,

Con tal fatto, qual si racconta, tutti gli Eruditi al Popolo principe del Mondo per virtù e per sapienza, circa i Principj della Sapienza han fatto un onore corrispondente all'altro che gli han fatto circa i Principj della virtù; che come per la virtù l'han fatto venire da'Trojani, che fu una gente vinta e vagabonda, così per la Sapienza, come brutta ciurma d'eslegi venuti dall'infame vita ferina, gli han fatto andare vagabondi per le nazioni, cercando leggi da ordinare la loro Repubblica; le quali tanto sappientemente seppero con l'Interpetrazione custodire sopra que popoli, i quali, lo che era stato più, avevan avuto la mente di ritruovarle. E da quarant'anni dopo essa Legge venuta da Grecia oltramare, che i Tarantini, Greci d'Italia, non sapevano chi fussero i Romani e donde fussero venuti ad approdare a' loro lidi; la qual ignoranza fu la cagione di quella guerra; tanto non solo per la Grecia oltramare, ma anco per l'Asia era celebre la fama di Roma, che da Efeso, magnifica città capitale dell'lonia, che fece pompa del Templo di Diana Efesia, una delle sette maraviglie del Mondo, Ermodoro, per consolarne l'esiglio si eleggè Roma, che ancor non sapeva cosa fusse libero viver civile: a cui Eraclito, dal diserto, dove se n'era ito a fare l'esiglio suo, per le poste, per le quali aveva fatti tanti e sì lontani viaggi per tutta la terra Pittagora, scrive la ridevolissima lettera ad Ermodoro, la quale dagli Eruditi si rapporta per uno de' grandi elogj di lode dati alla Legge delle XII. Tavole; e con essolui si rallegra, di aver sognato, che tutte le Nazioni del Mondo venivano ad adorare le di lui Leggi: la qual lettera è veramente un sogno, che rovina essi pareggiatori del Diritto Attico col Romano,che la rapportano; perchè ella fa Ermodoro autore di quella legge, della quale fu traduttore; ch'è un' adulazione indedi un tanto filosofo a dirla, e di un sì saggio e valoroso Prin

gna

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