Disarmata così? Ast. Senza ferita... (1) Clim. Come! Ast. Il suo stral nel fianco... E la fiera non v'è. Respiro. Clim. Ah vieni, SCENA VII. Atalanta arme, un ferro e dette. Atal. Qualunque sia. Clim. Prendilo pur: ma sei Qui già sicura. Atal. Ah reggi, (2) Bella Dea, la mia destra. Ast. Ove in tal guisa... Atal. La belva ad affrontar. Mel. SGENA ULTIMA Meleagro, e dette. L a belva è uccisa. Ast. Uccisa! Mel. Si. Clim. Chi l'atterrò ? Mel. L'invitta, Valorosa Atalanta. Atal. Io! Come? Appena Il corso mi salvò... Mel. Tutto io da lungi, Per l'amica il tuo zelo; il tuo coraggio Vidi il tuo colpo, e il tuo periglio e questo Ali al mio piè. Di così bella vita Gli Dei custodi ogni scoscesa via, Ogni intralciato varco A me facile han reso. Io non so come Giunsi, vibrai lo stral, vidi la fiera Distesa al suol, so che usurpar non posso (1) Come sopra. (2) Volgendosi verso il Simulacre di Diana.. A te si gran trofeo. La belva o cadde O l'opra io di tua man solo ho compita. Fe' germogliare il Fato E dovrà dir chi ornato Il tuo bel crin ne vede, Nell' ultimo ritornello dell' aria Meleagro depone il dardo, e va a prendere la corona dalla mano della Dea, che la sostiene. Clim. Anima grande! Ast. Or che sapresti, amica, Del meritato allor. Atal. Che tenti? Ah ferina, Chi la vita mi diè! Se a questo segno, Gia nella gloria tua, che il vincitore Fronda contesa; io son premiata assai. Ti rendi, o Principessa, Troppo ingiusta a te stessa. Il tuo bel core Il pregio alla tua man. Se a me contendi Della Dea delle selve è legge antica Che ogni preda appartenga Al primo feritor. Primo il tuo strale La belva non piagò? Atal. Si; ma la belva E che tu mi salvasti. Mel. Era il salvarti Atal. Mel. Atal. Mel. A due. Tu lo serba; è su quel crine Ch' io l'usurpi a quel valore, Che i miei giorni ha conservato! Se la gloria dell' impresa Fu dal Fato a me contesa, Ast. Climene, io son confusa. Io non saprei L'altra distrugge e l'ultima che ascolto, L'ostinata contesa pur, se lice de' gran rivali Concordia diverrà. Atal.Come? Mel.In qual guisa? E più giusto, e più degno. Oggi, il sapete, Atal. Intendo, intendo. (1) Ah Prence, Porgi or quel serto a me. (2) Questo io non cedo (1) Getta il dardo. (2) Prende il serto, che Meleagro le presenta. Ministero ad alcun. Del nostro Nume Deponiamolo al piede. In questa offerta Quella de' nostri cori: e grati a lui Anche ascosi nell' alma interni moti; Non che i nostri sudori, e i nostri voti. Tutti. Sacro dover ci chiama Del nostro Nume al piede: E un tenero lo chiede E riverente amor. L'APE Componimento drammatico, scritto, dall' Autore in Vienna, l' Anno 1760. per uso della Real Corte Cattolica. Tirsi Credimi, amata Nice; ah qualche spina La bella man t'offenderà. Quei fiori Soffri ch' io colga in vece tua. Nice. No: voglio Sceglierli io stessa. Tirs. Oh tirannìa ! Nice. Ma, Tirsi, La tirannia qual' è? Tir. Te stessa esporre, Me non udir. Nic. Di quel che tu mi credi Più accorta io sono e d'ascoltar l'impiego Non tocca alla mia man. Parla, e vedrai Se risponder saprò. Tirs. Così ti piace? Farò così. Credi ch' io t' ami? Nice. Il credo. (1) Tirs. Ti sovvien quante volte Promettesti pietosa alle mie pene Amore, e fedeltà? Nic. Si mi sovviene. Tirs. Dunque al rivale Alceste Perchè così cortese ? Ov' ei s'appressa, Eccoti al fianco suo. Sommessi accenti, Misteriosi sguardi, (Nice? Cenni, sorrisi... Ni.Ahi! (2) Tir. Chet' avvenne, o Nic. Oimè! Tir. Non tel predissi? in qualche spine Urtasti inavveduta. Nic. Un' ape, o Dio (1) Sempre raccogliendo fiori, (2) Gridando imprev• visamente. |