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del Pacifici-Mazzoni e compagni. Ma la Corte di Genova fa ancora di più. Ci si permetta di dire ancora una parola su questo giudicato, che, per quanto vada a conclusioni inesatte, è fornito di vigoroso ragionamento e merita per ciò d'essere ponderato. La Corte di Genova dunque, ripetiamo, fa di più. Essa ha dinanzi per fattispecie un bambino nato dopo il minimo di gestazione, quindi feto maturo; questo bambino ha un vizio organico, che, operato da valente chirurgo, lascia che il bambino viva qualche giorno. Poi il vizio organico riprende il suo sopravvento ed il bambino muore. Questo bambino, per la Corte di Genova, è vitale. Decisione come si vede molto grave; perchè, oltre a porre la maturità del feto desunta dalla presunzione di legittimità come base di vitalità, annulla il vizio organico come causa di non vitalità. Qui infatti s' ha un vizio organico bello e buono, che, per quanto operato da valente mano chirurgica, non impedisce affatto la morte del bambino e solo ne protrae la vita senza dargli affatto quell' attitudine ad una vita stabile che costituisce la vitalità. Osserva egregiamente il Chironi (1): « In so<< stanza si ha, che il vizio toglierebbe la possibilità naturale di vivere << dopo il parto; l'operazione toglie il vizio, ma l'operato dovrà morire: << dov'è la vitalità? O si dirà che la morte è conseguenza della opera<< zione, non del vizio? Sarebbe un cattivo argomento perchè tanto fa << morire del difetto organico, quanto della cura, quando di questa si << sappia che di regola ha resultati letali. È impossibile decidersi per la « vitalità quando si ha che la cura del vizio non può riuscire sebbene << tentata: è il vizio organico che determina sempre la morte del nato ».

Emerge dunque dal nostro ragionamento che il passo fatto dal nostro legislatore con l'alinea ultimo dell'art. 724, oltrechè speciale e sussidiario, non impedisce affatto che sorgano controversie difficilissime ed in cui il criterio dei magistrati, non avendo un sostrato positivo e frenante, si sbizzarrisce in soluzioni assurde, come quella pronunciata dalla Corte di Genova. Noi siamo certi che, se il legislatore nostro tornerà su questo tema, riparerà agli inconvenienti lamentati, o col dettare criterii precisi sulla vitalità, o meglio col sopprimere addirittura il presupposto della vitalità facendone un sol tutto con la vita.

Nè l'esempio di un tal ritorno alla teoria romana manca. Infatti, teniamo a notarlo qui come accenno di legislazione comparata, Codici più recenti hanno escluso l'estremo della vitalità, esigendo soltanto

(1) CHIRONI, loc. cit., pag. 64-65.

per l'esistenza e per la capacità giuridica la nascita e la vita extrauterina. Così dispongono il Codice Civile del Chili (art. 74); il Cod. Civ. del Portogallo (art. 6); il Cod. Civ. del Messico (art. 12); il Cod. Civ. del Guatemala (art. 2); e in una forma più d' ogni altra lodevole per la sua chiarezza il Cod. Civ. della Repubblica Argentina (art. 71).

7. S'affaccia ora un'ultima questione in ordine a questi presupposti di fatto della capacità giuridica: a chi, cioè, incomba l'onere di provarli, a chi spetti di fornire la prova della vita, della vitalità o della morte di un individuo. Bisogna distinguere e indurre, come egregiamente fa il Bianchi, più casi, tenendo presenti tre capisaldi che valgono in tema probatorio e cioè: 1° In ogni contestazione l'onere di provare i fatti giuridici che costituiscono l'obietto della controversia spetta a quella delle due parti che, affermando l'esistenza di codesti fatti giuridici, si fa attore, facendo di essi la base delle sue domande giudiziali tendenti a peggiorare la condizione di fatto o di diritto acquisita dall'altra parte, cioè dal convenuto; 2° Chi afferma un fatto, la cui esistenza deve presumersi naturalmente o legalmente, non ha il dovere di fornirne prova ulteriore; 3° Quando dei fatti opposti allegati dai due litiganti l'uno formi rispetto all'altro la regola e l'altro l'eccezione, è l'eccezione che deve essere provata contro la regola, non questa contro quella.

Ciò premesso e venendo al punto nostro abbiamo questi casi:

1° La controversia è sulla vita di una persona in nome della quale si reclamano certi diritti. Può darsi allora: a) che il fatto contestato sia quello della nascita o dell' identità della persona; ed allora spetta a chi afferma la nascita o l'identità il dare la prova di questi fatti; b) che, non contestato o indiscusso il fatto della nascita o dell'identità, la controversia si aggiri intorno all'essere stata o no vivente ancora quella persona all' aprirsi dei diritti che in nome suo si reclamano; ed allora spetta a chi afferma che a quel dato tempo la persona era ancora viva il farne la prova, essendo la vita la base giuridica della domanda. Caso questo tassativamente espresso dall'articolo 42 del Codice Civile.

2o La controversia cade sulla vitalità dell'individuo di cui non si contesta che nacque vivo. Tocca a chi nega, non a chi afferma la vitalità, il dare la prova, perocchè la vita dà presunzione di vitalità e costituisce l'id quod plerumque fit; dimostri la non vitalità chi ha interesse a smontare la presunzione naturale e regolare della

vitalità in chi è nato vivo. Ciò in consonanza col già citato alinea ultimo dell'articolo 724. Principii questi che trovano sanzione esplicita anche nella giurisprudenza. Veggasi all'uopo la sentenza della Corte di App. di Parma 11 novembre 1876 (1).

3o La controversia cade sulla morte d'un individuo o sul tempo in cui sia avvenuta. Chi subordini alla morte od all'epoca precisa della morte di un individuo il diritto che reclami in di lei nome dovrà egli fornir la prova di tale morte o di tale epoca precisa. Si argomenta nel nostro Codice dagli articoli 34 e 41 vigenti in tema d'assenza, in cui, per immettere nella proprietà dei beni dell'assente posseduti in possesso temporaneo o definitivo, deve da chi si dichiara erede farsi lat prova della morte dell'assente stesso.

8. Può darsi in questo tema l'ipotesi che, per un infortunio o per altra circostanza, si ignori quale fra più persone sia morta la prima. Quid circa la prova da darsi da coloro, cui la priorità della morte interessi pel reclamo dei loro diritti? Balza fuori qui la nota teoria della commorienza. È teoria anche questa che si riferisce a rapporti successorii, e che quindi trova il suo campo nella successione ed usciremmo dal seminato trattandone qui ex professo. Ci basti di rammentare che pel diritto romano si riteneva ammessa la presunzione che per regola due o più persone perite nel medesimo infortunio s'avessero a ritenere per morte contemporaneamente. Che se in uno stesso infortunio perivano genitori e figli si doveva presumere che il figlio pubere fosse morto dopo il suo ascendente, l'impubere prima: salve le note eccezioni pel liberto e per l'erede fedecommissario sotto condizione di restituzione « si sine liberis decesserit ». Ambedue le presunzioni naturalmente erano iuris tantum e reggevano fino a prova contraria. La seconda presunzione però basata sul criterio di pubertà non è ammessa affatto in modo pacifico. Sostenuta infatti specialmente dal Böcking (2), dal Kierulff (3), dall' Arndts, dal Gaedecke in una speciale monografia (4) ed accolta presso di noi dal Serafini (5) e dal Doveri (6), è com

(4) Rivista giurid. di Bologna, I, 54.

(2) BOECKING, Abriss d. Institutionen d. röm. Privatrechts, § 32, nota 11. (3) KIERULFF, Theorie d. gem. Civilrechts, I, pag. 92.

(4) Gaedecke, De iure commorentium (Rostock 1830). (5) SERAFINI, Istituz., § 8.

(6) DOVERI, Istituzioni di Dir. Rom., lib. I, § 20.

battuta vivamente dal Vangerow (1), dal Savigny (2), dal Windscheid (3). Lasciamo da banda le opinioni del Mühlenbruch (4) opinante che s'abbia a presumere sempre morto prima l'impubere, e del Thibaut (5) opinante che s'abbia a ritenere anteriore la morte dei vecchi; a queste due opinioni non sorrise il consenso di alcun seguace, tanto che il Thibaut nell'ottava edizione del suo Sistema abbandonò l'opinione sua emessa nell'edizione sesta.

Il Codice Napoleone statui norme speciali su questo punto negli articoli 720-722. Queste non vennero accolte dal nostro Codice, che, senza sancire alcuna presunzione di priorità della morte, dispone all'articolo 924: « se fra due o più chiamati rispettivamente a succedersi, << è dubbio quale abbia pel primo cessato di vivere, chi sostiene la <<< morte anteriore dell'uno o dell' altro deve darne la prova; in man<< canza di prova si presumono morti tutti ad un tempo, e non ha <<< luogo trasmissione di diritto dall'uno all'altro »; salva s' intende la prova contraria a norma degli articoli 1352 e 1353. E di ciò basti.

Abbiamo così parlato delle persone fisiche o naturali, dandone il concetto e considerando i presupposti di fatto richiesti perchè un individuo si possa appellare persona, e cioè soggetto di diritto, soggetto dotato di giuridica capacità. Ma accanto alle persone che crea la natura ve n' hanno altre che crea la legge facendone riposare l'individualità sopra un'astrazione o finzione di diritto; accanto alle persone fisiche v' hanno, cioè, quelle che si dicono persone morali, o fittizie, o mistiche, o con vocabolo più usato e più proprio persone giuridiche. Gli è di queste persone giuridiche che dobbiamo ora intrattenerci; ma brevemente e senza pretese, astenendoci dall'addentrarci nella grave e difficile materia, la quale solo può trovare completa e condegna trattazione in una monografia speciale, della quale è da augurarsi altri più competente di noi voglia arricchire la patria letteratura giuridica.

(1) VANGEROW, Pand., § 33.
(2) SAVIGNY, Syst., II, p. 20-22.

(3) WINDSCHEID, Pand., § 53.

(4) MÜHLENBRUCH nell'Arch. Civ. Prax., IV, 27.

(5) THIBAUT, System d. Pandekten-Rechts nella 6a ediz. § 211, nella 8a ediz. pag. 122, nota c.

B) La persona giuridica.

Sommario

9. Parte generale. Controversie sul nome e sul concetto di persona giuridica. Rinvio 10. Questione. Se la persona giuridica sia o no creazione della legge, sicchè occorra oppur no per la sua esistenza il riconoscimento legale. Distinzioni pregiudiziali. Teorie varie 44. Esame dell'art. 2 Cod. Civ., affermante l'opinione positiva, nel suo spirito e nella storia della sua compilazione 12. Parte speciale. Dello Stato - 43. Corporazioni e fondazioni. Criterii distintivi. Organizzazione retta da leggi speciali. Norme comuni di diritto nei loro rapporti coi terzi. Come in quanto complessività si distinguono dagli individui che le compongono o ne sono gli oggetti. Conseguenze 14. Diritti e limitazioni delle persone giuridiche in genere o soppressione delle persone giuridiche 46. Destinazione del patrimonio delle persone giuridiche disciolte o soppresse.

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15. Modificazione

9. Molte controversie si agitano intorno alle persone giuridiche. Si controverte avanti tutto sul nome. Contro la dizione ormai più comune di persone giuridiche si pronuncia il Windscheid dichiarandola infelice e proponendole, senza addurne ragioni sufficienti, in sostituzione la dizione persone fittizie. E per altri nomi, persone morali o mistiche, si agitano specialmente in Germania parecchi scrittori di diritto. E presso di noi ha più favore ed uso il nome di Corpi od Enti morali.

Ma più che sul nome si contrasta, e vivamente, sul concetto e sulla essenza della persona giuridica. Ardua e poderosa teoria questa, che ha agitate le menti di scrittori eminenti d'ogni paese. Ricchissima è su questo punto la letteratura giuridica tedesca. Notevoli sono specialmente gli scritti del Brinz, del Bekker, del Demelius, dell'Arndts del Vangerow, del Windscheid, del Witte, dell' Unger, del Trendelenburg, del Dankwardt, dell'Ihering, del Savigny, del Puchta, del Goudsmidt, del Salkowscki, dello Pfeifer, dell' Uhrig, del Dernburg, del Roth, del Dirksen, dello Zitelmann (1). In Francia si sono

(1) BRINZ, Pand., I, pag. 11; BEKKER, nel Giornale di Goldschmidt, IV, pag. 557; DEMELIUS, Rechtsfiktion in geschichtl. u. dogmat. Bedeutung, pag. 85;

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