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2o Marco è propriamente divus Marcus Antoninus Pius; i giuristi lo chiamano regolarmente divus Marcus.

Il nome ufficiale di suo fratello adottivo è dicus Verus; dai giuristi viene talvolta chiamato così, talvolta dirus Lucius, ma generalmente i due fratelli vengono chiamati divi fratres.

3o L'intero nome consacrato di Caracalla era divus Antoninus Magnus. Sebbene nessuna iscrizione o moneta gli desse quel titolo mentre era in vita; il suo nome è quindi divus Antoninus che fu cambiato in divus magnus Antoninus per evitare ogni confusione. Così padre e figlio vengono generalmente chiamati divus Severus et Antoninus.

Essi vengono poi spesso chiamati col semplice divus Antoninus, le circostanze essendo generalmente, benchè non sem pre, sufficienti a determinare quale dei 3 s'intenda.

Facilmente si vedrà quindi che calcolando così l'epoca nella quale un'opera venne scritta, siamo su fondamenti poco stabili. Dove l'uso di tale divus o imperator è frequente, e logico, esso è degno di fede; ma dove, come succede spesso, esso non occorre che due tre volte in tutta un'opera, diventa dubbio perchè può esservi stato intromesso dal caso. Inoltre è cosa. azzardata il concludere che una legge speciale era ignorata, p.e. una costituzione; poichè noi non abbiamo che parti e spesso solo brevi frammenti nel maggior numero dei casi; dei più, essi sono corretti e manipolati da altri e non possiamo quindi che fare supposizioni sull'intento che l'autore si proponeva e sul metodo seguito dall' autore nel comporre e rivedere le opere sue. Neppure un'opera anteriore a Giustiniano è pervenuta intera a noi. Le istituzioni di Gaio sono il solo libro che vi s'accosti, e il breve trattato sulle parti dell'as di Volusio Meciano; sia o no completo non è qui in questione. Noi dobbiamo quindi presumere che la base delle nostre conclusioni non sia modificata affatto 1° dallo scopo e metodo dell' autore 2o dalla revisione dell'autore 3° dalla trascrizione dell'opera prima di Giustiniano 4° dall'opera di Triboniano e dei suoi colleghi 5o dai copisti del Digesto. Ma queste non sono che possibilità d'errore, dell' esistenza del quale abbiamo esperienze quotidiane. L'eccessivo scetticismo ed il continuo dubbio paralizzano la vita, quindi anche nella storia e nella specula

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CAPITOLO VI. INTRODUZIONE ALLO STUDIO DEI GIURISTI

zione non se ne deve fare uso eccessivo, ma però è necessario, prima di costruire, assicurare i fondamenti.

L'indice fiorentino, cioè la lista degli autori premessa al Digesto nel MS. fiorentino, non ne dà generalmente il nome completo; ed i titoli delle opere talvolta differiscono leggermente dalle iscrizioni dei frammenti. L'indice è strettamente cronologico; solo Giuliano e Papiniano per la loro importanza massima occupano in essa il 1° e 2° posto.

Anch' io ho seguito un ordine approssimativamente cronologico, benchè molti dei giuristi sieno più o meno contemporanei.

La divisione in capitoli è necessariamente alquanto arbitraria, e la data assegnata a qualche giurista è poco più che probabile.

CAPITOLO VII.

I PRIMI GIURISTI

Dei primi giuristi nominati da Pomponius, nel famoso frammento del suo manuale, che forma la seconda legge del D. 1,2, alcuni sono poco conosciuti; altri invece furono oratori dei più valenti e uomini di Stato; ed altri infine lasciarono libri di giurisprudenza che furono conosciuti dai giuristi le cui opere contribuirono al Digesto. SEXTUS PAPIRIUS, secondo Pomponio, visse al tempo di Tarquinio il Superbo, e fece una raccolta di leges regiae che fu chiamata ius civile Papirianum. In altro luogo egli lo chiama Publius Papirius (D. 1. 2, 2, §§ 2, 36). Secondo Dionigi (III, 36), Gaio Papirio, pontefice Massimo, rimise in vigore dopo la cacciata dei re le leggi e le massime religiose che erano state dimenticate. Che sotto il nome di Papirius esistessero alcune norme di religione od altro è mostrato dal fatto che Granio Flacco scrisse un libro de jure Papiriano (D. L. 16, 144). Si vedano alcune altre notizie nelle Fontes di Bruns, p. 3, Cf. Mommsen, Staatsrecht, II, p. 43 e PadellettiCogliolo, Storia, p. 101.

APPIUS CLAUDIUS, console nel 451, A. C. abdicò per divenire. uno dei decemviri che compilarono le dodici Tavole. Il suo successore fu Appius Claudius C. F. Caecus, gli uffici e le opere del quale sono ricordati in una Iscrizione in Arretium (Corp. I, L. 1 p. 287, Wilmanns 628). Secondo questa egli fu Censore (A v. C. 312, Liv. IX, 29) console due volte (Av. C. 307 e 296, Liv. IX, 42; X, 16), dittatore, tre volte interrex, due volte pretore, due volte curule aedile, questore, tre volte tribuno dei soldati; egli prese molte città ai Sanniti, sconfisse le armate dei Sabini e degli Etruschi, impedì che si facesse pace con Pirro, selciò la strada Appia da Roma a Capua, « condusse l'acqua alla città » da sette ad otto miglia sulla strada Praenestina (Frontin. 1, 5) ed « eresse un tempio a Bellona ».

Il discorso ch'egli tenne in Senato (Av. C. 269) quando venne Cineas, come ambasciatore di Pirro, si conservava ancora ai tempi di Cicerone (Cic. Sen. 6). Ma il suo posto nella giurisprudenza è dovuto alla composizione ch'egli fece di nuove azioni (che furono posteriormente pubblicate da Cn. Flavius) e ad un libro de usurpationibus (Pompon. D. 1, 2. L. 2, §§ 7, 36). Livio (X, 22) lo chiama callidus sollersque iuris atque eloquentiae consultus. Pomponius gli applica il nome di Centemmanus, ma non dice che si chiamasse Caecus.

SEMPRONIUS i. e. P. Sempronius Sophus, console nel 304 A. C. (Liv. IX, 45), nel 300 A. C. fu uno dei primi pontefici plebei, eletti dopo l'approvazione della legge Ogulnia, che fu combattuta da Appio Claudio; nell'anno seguente, fu fatto Censore (Liv. X, 9) e nel 296, A. C. pretore. Pomponio ci dice che il suo cognome gli derivò dalla sua grande sapienza.

CAIUS SCIPIO NASICA Secondo Pomponio aveva una casa nella Sacra Via datagli dal popolo, perchè potesse essere più prontamente consultato e dal Senato fu chiamato Optimus. Sembra esservi qualche confusione col console del 191, A. C. che nell'anno 204 A. C. fu scelto come il miglior uomo che fosse in grado di ricevere l'immagine della Magna mater. (Liv. XXIX, 14). Vi è pure un errore nel nome che segue, cioè Q. Mucio

(Q. Fabius Maximus?).

TIB. CORUNCANIUS da Tusculum (Cic. Planc. 8) per primo fece professione di pubblico giureconsulto (primus profiteri coepit). Fu poscia console nell'anno 280 A. C. ed il primo Pontifex maximus plebeo (Liv. Ep. 18). Cicerone lo chiama perilissimus pontifex (Dom. 54), e frequentemente lo cita come modello di sapere legale e universale, e. g. Or. III, 33; Sen. 6, 9; Am. 5; N. D. I, 41; II, 66, ecc.

SEXTUS AELIUS cognominato Paetus fu edile nell'anno 200 A. C.; console nel 198; censore nel 193 (Liv. XXXI, 50; XXXII, 7; XXXV, 9). Cicerone dice che egli fu iuris quidem civilis omnium peritissimus sed etiam ad dicendum paratus (Brut. 20), lo pone dopo Manilio e P. Mucio (Or. 1, 48; Sen. 9) e gli attribuisce la stessa vastezza di cultura che ebbe Manilio. Di lui spesso si cita il verso di Ennio... egregie cordatus homo Catus Aelius Sextus (Cic. T. D. I, 9. ecc.); e se Gellio è nel vero, noi dobbiamo considerare

Catus come un nome aggiunto. Secondo Pomponio (D. I, 2. L. 2, § 38) egli scrisse un'opera intitolata Tripertita « la culla del diritto!» Quest'opera dava in tre parti il testo delle dodici tavole, poi le spiegava, poi le azioni conformi alla legge, cioè la procedura applicabile al caso. Si dice anche che egli accrescesse le forme procedurali composte da Appio Claudio e pubblicate da Gn. Flavio suo servo, e che pubblicasse quelle forme addizionali che vennero chiamate Ius Aelianum (ib. § 7). Pomponio fa menzione di 3 o 4 suoi libri, la esistenza dei quali è però molto dubbia (ib. § 38) e Crasso, in Cic. Or. 1, 56 dice di aver letto alcunchè nei commentaria Sexti Aeli. Noi non possiamo dire se i Commentarii e l'Ius Aelianum fossero opere distinte dai Tripertita. Cicerone in altro luogo lo chiama antico interpretatore delle XII tavole. Gellio 1. c. dice di credere che sotto il termine penus si comprendesse l'incenso e le candele di cera, e quindi noi dovremmo (D. XXXIII, 9, 13, 9) correggere Sex. Caecilius in Sex. Aelius.

È di grande importanza tener ben distinto questo giurista dall'altro Sex. Aelius Stilo, il filologo perfetto e cavaliere Romano (Cic. Brut. 56, Suet. Gr. 3 ecc.; Cf. Cic. Or. 1, 43. § 193 haec Aeliana studia come leggiamo nella congettura di Madvig). Pomponio ci parla d'un fratello di Sex. Aelius Paetus cioè di: P. AELIUS. Lo stesso Pomponio ci dice che i due fratelli e P. Atilio (un errore invece di L. Acilio. vedi Cic. Am. 2, Mommsen) erano inarrivabili come giureconsulti di professione. P. Elio fu successivamente edile, pretore, maestro della cavalleria, console censore ed augure; morì nel 174 A. C. (Livio XLI, 21).

M. PORCIUS CATO. In una storia dei giureconsulti Romani Pomponio fa menzione di M. Porcio Catone, ma esso nome appartiene più alla storia generale di Roma che a questa parte speciale. Esso nacque in Tusculo l'anno 234 A. C.; nel 204 fu questore, nel 199 edile, nel 198 pretore, nel 195 console e nel 184 censore. Egli può venir considerato come il tipo del carattere Romano sul cominciare dell'epoca storica. Cicerone (Or. III, 33) Livio (XXXIX, 40) Cornelio Nipote (Cat. 3) Quintilliano (XII, 11, § 23) ne tessono le lodi. Gli occhi grigi, la capigliatura rossa e la voce possente; ferrea la costituzione; condusse una vita asprissima. Frugale, laborioso, risoluto e in

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