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CAPITOLO XVIII.

SUL MODO DI CITARE IL DIGESTO

I Commentatori Bizantini nel citare ponevano il numero del libro, del titolo e del frammento (Bi per ßißliov, T. per titolo e Str. (i. e. digesto) pel frammento).

I Glossatori non avendo numeri nei loro MSS. ponevano invece la rubrica (abbreviata) del titolo e le prime parole del frammento e del paragrafo. Dopochè nel XVI secolo si aggiunsero i numeri dei frammenti e dei paragrafi si tralasciò di citare le lettere iniziali: recentemente però era invalso nuovamente l'uso d'indicare il titolo colla rubrica, ma ora generalmente si dà il numero del libro e del titolo e spesso si tralascia la rubrica. In Germania, fatta eccezione pei libri ad uso dei filologi più che dei giuristi, la rubrica viene generalmente data.

Alcune edizioni del Digesto hanno un indice delle rubriche che agevola grandemente la ricerca dei libri e dei titoli, quelle più antiche e. g. l'edizione di Godefroi, hanno un indice delle lettere iniziali di tutti i frammenti.

Anche l'ordine delle parti di una citazione è svariato. I Bizantini generalmente seguivano quest'ordine: libro, titolo, paragrafo. I Glossatori: rubrica-frammenti-paragrafo. Ma dopo di essi invalse l'uso di porre prima il frammento, quindi il paragrafo ed infine la rubrica: e questo è l'uso ora prevalente in Germania, sebbene alcuni sieno tornati al primo metodo, che sembra anche il più naturale.

Per indicare il Digesto si sono seguite varie abbreviazioni: Digo D; o per Pandectae): e nei libri più antichi f. segno nato da uno svolgimento calligrafico di L attraversato da una linea. (Vedi le forme transitorie in Z. R. G. XII, 300; vedi anche XIII, 399).

Il frammento è spesso indicato con lex o Lo l; qualche volta anche con fr. (per fragmentum) o con cap. o c per caput. I paragrafi sono generalmente indicati con §.

I giuristi moderni usano talvolta premettere il nome dell'autore del frammento e. g. Ulp. o Gai; altri aggiungono anche il titolo dell'opera e il numero del libro, e ciò riesce in certi casi assai utile, ma in generale complica troppo la citazione.

Daremo qui alcuni esempi per far meglio vedere i vari modi principali di citare (1).

Bi. g. ti. a. dır. xy. Così citavano i Commentatori Bizantini.
D (of) de rei vind. I in rem, § tignum. Così i Glossatori.
I in rem tignum ff rei vind (D of viene frequentemente omesso
e. g. da Cuiacio).

I in rem 23 § tignum 6 D de rei vind.

L 26, § 6, D. de rei vind. Così Glück.

L 23, § 6, de rei vind. (6

fr. 23, § 6, de R. V, 6, 1

o 1). Così Savigny e Thibaut.
(Ulp.). Così Bekker.

D de rei vind. VI, 1, 23, § 6. Così Mommsen nel Staatsrecht. D. VI, 1, L 23, § 6.

I tre libri sui legali (XXX, XXXI, XXXII) sono spesso citati così: D. de legat. I, D. de legat. II, D de legat. III.

Le Rubriche sono abbreviate e. g. XXII, 1 è citato: de usuris invece di de usuris et fructibus et causis et omnibus accessionibus et mora; XXIV, 3: sol. matr. invece di soluto matrimonio dos quemadmodum petatur; VII, 1: de usufruct ecc. Molte vengono citate colle sole iniziali e. g.

de I et I (invece di I, 1 de iustitia el iure);

de O. I (invece di I, 2 de origine iuris, ecc.);

de D. Ro de R. D (invece di I, 8 de divisione rerum et qualitate); de N. G. (invece di III, 5 de nogotiis gestis);

de HP (invece di V, 3 de hereditatis petitione);

de R V (invece di VI, 1 de rei vindicatione);

(1) Altre numerose maniere di citare si crearono coi numeri arabici e romani, mediante aggiunta od omissione di frase, e varie abbreviazioni delle rubriche.

de S. P. U (invece di VIII, 2 de servitutibus praediorum ur

banorum);

de S PR (invece di VIII, 3 de servitutibus praediorum rusticorum);

de R C (invece di XII, 1 de rebus creditis ecc.);

de C E (invece di XVIII, 1 de contrahenda emtione);

de A. E. V. (invece di XIX, 1 de actionibus emti venditi); de R. N. (invece di XXII, 2 de ritu nuptiarum);

de I. D. (invece di XXIII, 3 de iure dotium);

de H. I. (invece di XXVIII, 5 de hereditatibus instituendis); de A. v. O. H. (invece di XXIX, 2 de acquirenda vel omittenda hereditate);

de B. P (invece di XXXVII, 1 de bonorum possessionibus); de A R D (invece di XLI, 1 de acquirendo rerum dominio); de A. v. A. P. o de A. P. (invece di XLI, 2 de acquirenda vel ammittenda possessione);

de O. et A. (invece di XLVI, 7 de obligationibus et actionibus); de V. O. (invece di XLV, 1 de verborum obligationibus);

de I. F. (invece di XLIX, 14 de iure fisci);

de V. S. (invece di L, 16 de verborum significatione);

de R. I. (invece di L, 17 de diversis regulis iuris antiqui); Talvolta si omette il de.

Nei libri antichi (e. g. le note al Digesto di Godefroi) i libri antecedenti sono indicati con un s prefisso (supra); le posteriori con un o j (infra); così in una nota alla prima parte abbiamo: L 6. J de iure dotium per indicare D. XXIII, 3, 6.

Si usa poi h. t., (hoc titulo o huius tituli) per indicare il titolo sul quale si sta scrivendo; Eod (eodem titulo) per indicare l'ultimo titolo citato; Rubr. quando si cita la rubrica stessa; t. t. (toto titulo) quanto si cita l'intero titolo; Arg. quando il passo citato serve a sostegno della propria opinione in via d'argomento (argomento). Verbis o in verbis (nei Glossatori versi invece di versiculo) è premesso a quelle parole alle quali vuolsi dare grande importanza.

Quando il titolo è composto di un solo frammento (e. g. XLIII, 15) lo si indica con 7. un. o segni simili (per lex unica) invece che porre il numero del frammento. L'ultimo frammento

o paragrafo viene spesso citato con l. ult. o fi (finalis) oppure § ult.; il penultimo con § penult.; ecc.

Quando un frammento è composto di più paragrafi, il primo è citato come pr., i. e. in principio ed il numero 1 indica nella realtà il 2o.

La citazione, in uso anticamente, mediante le parole iniziali in certi casi riusciva ambigua, avvenendo che più leggi cominciassero colle stesse parole. A ciò si rimediava così; e. g. L 5 D. IV, 2 si distingue va dalla L 6 D. IV, 2 come 7. metum I mentre l'altra veniva indicata con l. metum II.

Le Costituzioni premesse al Digesto vengono anche oggi citate colle parole finali, cioè Const. Deo auctore; Const. Omnem, Const. Tanta o Aidwxev. E così pure le costituzioni prefisse al Codice, cioè: Haec quae necessario, Summa reipublicae e Cordi.

Le altre parti del Corpus Juris venivano citate in modo analogo. Il Codice con cod o ce le costituzioni con cap o più frequentemente con c o const. O cost.

I Greci usavano διατ. per διάταξις. Le istituzioni venivano indicate con ist od inst o I, e. g.:

C. de pactis 1. si pascenda

1. si pascenda C. de pactis 1 8. C. de pactis

1 8. C. de pactis (2. 3) or (11. 3)

1 8 de pactis 2, 3.

C. de pactis 2. 3. cst. 8

Cod. 11. 3. 18

Inst. de rer. diu. illiud § quaesitum.

§ illiud quaesitum, Inst. de rer. diu. § 13 I. de rer. diu.

§ 13 I de rer. diu. (2. 1) or (II. 1).

I de rer. diu. 2. 1. § 13.

Inst. (or Iust.) I. 1. § 13.

Le Novelle (o meglio la traduzione latina di esse) vengono nei libri antichi chiamate Authenticae e citate: Auth.; ora invece si citano con: Nov. e le sezioni con c (caput) e talvolta con paragrafi subordinati (§ 1, ecc.).

Per ulteriori notizie vedi Thibaut, Civil Abhandl, p. 205; Schilling, Inst. 1, §S 39-42; Wächter, Pand. 1, pp. 46-51.

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