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niano, come un consolidamento scientifico del diritto; pure esso ebbe due grandi meriti: 1° di essere compito in brevissimo tempo; 2° di dare agli avvocati ed al popolo le leggi alle quali erano avvezzi, con modificazioni che forse da gran tempo erano desiderate. Un Codice nuovo, con definizioni, metodo e disposizione nuova può, più o meno, secondo l'abilità di chi lo compila, riescire di gran lunga migliore, ma esso presenta anche maggiori difficoltà d'esecuzione, rimane più esposto alle critiche, e corre maggior pericolo di non venir compreso.

Pochi dei giudici che dovranno applicarlo saranno probabilmente scienziati, e d'altra parte è molto facile riescire troppo logici per il volgo. Certo deve essere ardua impresa in ogni paese raccogliere e compilare il diritto comune, ma ciò che è difficile non è insuperabile, ed è cosa che stanca il trovare sempre come ostacolo ad ogni miglioramento una ideale futura perfezione. Il meglio non dovrebbe essere eternamente nemico del bene.

Quasi più importante del Codice stesso è il conservarlo in accordo col progredire delle menti umane, e con le nuove condizioni. A questo scopo dovrebbe esservi una commissione permanente, composta di un certo numero di giuristi scienziati ed avvocati, con ampia facoltà di fare aggiunte temporanee e speciali e incaricata di studiare continuamente il Codice, e preparare tutte quelle modificazioni che i casi speciali, o la critica scientifica mostrassero necessari. Le sentenze delle corti d'appello specialmente dovrebbero venir considerate col proposito di riunirle insieme. Ad intervalli di 5 o 10 anni dovrebbe pubblicarsi il Codice riveduto, e in tutti i casi posteriori non dovrebbero più potersi citare neppure le sentenze delle Corti d'Appello. Ma torniamo al Digesto. La storia del regno di Giustiniano si trova mirabilmente esposta in cinque brillanti capitoli del Gibbon, quindi io mi limiterò a brevi cenni. Solo i primi anni del suo regno hanno un' importanza pel nostro studio. Suo padre si chiamava Iztok, sua madre Bigleniza, nomi che vennero poi tradotti o latinizzati in Sabatius e Vigilantia. Nacque nel 482 o 483 d. C. nel villaggio di Tauresium, presso la località della moderna Sofia. Suo zio, un contadino a noi noto sotto il nome di Giustino I, fattosi soldato,

divenne presto comandante delle guardie ed alla morte d'Anastasio fu dalle milizie creato imperatore nell'anno 518 d. C. Egli adottò il nipote Uprauda che gli succedette nell'anno 527 e regnò per più di 38 anni. Appena salito al trono, Giustiniano intraprese la sua riforma del diritto, e non permise venisse per un solo istante interrotta neppure dalla sedizione (gennaio 532) causata dalla rivalità delle fazioni degli azzurri e dei verdi nel circo. Questi incendiarono la città e chiesero ed ottennero che il ministro Triboniano e Giovanni di Cappadocia venissero rimossi dal loro ufficio. Questo tumulto fu soffocato con un massacro di verdi per opera di tremila veterani e degli ortodossi azzurri. Le principali glorie militari del regno di Giustiniano furono: la conquista dei Vandali in Africa; dei Goti in Italia; la sconfitta dei Persiani per opera di Belisario e la conquista d'Italia compita da Narsete. Non meno notevole fu per le costruzioni: solo in Costantinopoli e nei suburbi egli innalzò 25 chiese, fra le quali quella di Santa Sofia è memorabile per l'architettura. « Nei dieci secoli intercedenti fra Costantino e le costruzioni delle grandi cattedrali medioevali non vi è altra opera che possa ad essa venir paragonata, ed è ancora disputabile se esista od abbia mai esistito una chiesa, che sia nel suo interno paragonabile a questa meravigliosa creazione dell'arte bizantina (1). » Una catena di più di 80 forti fu costrutta da Belgrado al mar Nero, per proteggere l'impero dai barbari del nord; ma questo non fu che una parte del sistema di fortificazioni che venne poi esteso anche agli altri confini dell'impero.

Giustiniano fu d'animo benevolo e paziente, temperato e frugale, e sempre occupato in opere d'amministrazione « egli si diceva musico ed architetto, poeta e filosofo, giurista e teologo; ma non fu legislatore fortunato; la popolazione era oppressa e malcontenta, la moglie sua e molti dei suoi ministri abusavano del loro potere ed il suo nome venne oscurato da quello dei suoi vittoriosi generali. Morì nell'anno 565 d. C. (2).»

(1) Fergusson, Hist. of Arch. vol. II, p. 444.

(2) Un'interessante memoria del Prof. Bryce su Giustiniano si trova nella nuova edizione della Encyclopedia Britannica.

<< Triboniano nacque in Side nella Pamphylia; il suo genio abbracciò tutta la dottrina del suo tempo. Egli scrisse in prosa ed in versi su argomenti vari ed astrusi: un duplice panegirico di Giustiniano e la vita del filosofo Teodoto; la natura della felicità e i doveri del governo; un catalogo d'Omero e le 24 specie di metri; il canone astronomico di Tolomeo; i cambiamenti dei mesi; le abitazioni dei pianeti, e l'armonia dell'universo. Da prefetto del pretorio s'innalzò al grado di questore, di consule e di capo degli uffici. » Si è concordi nell'ammettere che egli fu affabile e gentile, ma lo si incolpa d'empietà ed avarizia. Nella sedizione del 532 egli venne rimosso dall'ufficio, ma tosto vi fu riammesso e continuò a godere della stima e confidenza dell' imperatore fino alla sua morte, nel 546 d. C. (1).

(1) Gibbon, capi 43 e 44. La vita di Triboniano non è con sicurezza

nota.

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CAPITOLO II.

LA LEGISLAZIONE DI GIUSTINIANO

Tutto ciò che noi sappiamo intorno al metodo adottato da Giustiniano nella disposizione e codificazione del diritto ci è dato dai decreti che egli emanò per la direzione dell' opera e che si trovano premessi a molte parti di essa.

Il primo passo fu di comporre un Codice che contenesse le. costituzioni imperiali confuse nei Codici Gregoriano Ermogeniano e Teodosiano. Ma l'opera non si limitava ad una semplice collezione:

1o La materia superflua che non riguardava il vero oggetto della costituzione, ma era semplicemente inserita come introduzione, doveva venire omessa.

2o Si dovevano confrontare le costituzioni, e togliere le ripetizioni e le contradizioni, per quanto esse non fossero necessarie alla divisione del diritto in varie parti (praeterquam si iuris aliqua divisione adiuventur. Cf. Const. Summa).

3o Doveva pure essere tolto tutto ciò che era caduto in disuso.

4o Potevansi fare aggiunte, omissioni e cambiamenti nelle stesse costituzioni dove ciò sembrasse necessario.

5o Le costituzioni dovevano venir classificate secondo la materia ed il soggetto in differenti titoli.

6o In ogni titolo esse dovevano venir disposte in ordine cronologico, con le loro date, (la mancanza di data per altro non scemava l'autorità della costituzione).

7° I rescritti indirizzati a sanzioni individuali e prammatiche, (cioè i privilegi accordati alle comunità. Cf. Cod. 1, 23, 17) qualora venissero inclusi nel Codice, dovevano avere forza di legge. Questo Codice venne compilato da una commissione di 10 persone, delle quali Giovanni fu scelto per primo e Triboniano per sesto. Sette erano alti ufficiali, uno professore di

diritto a Costantinopoli, Teofilo era l'ottavo, e due giureconsulti esercenti compivano il numero. La Costituzione era datata: 13 febbraio 528 d. C. (Const. Haec quae necessario).

In poco più di un anno l'opera era compita, ed il 7 aprile 529 d. C. Giustiniano pubblicò una costituzione con la quale annunziava che il Codex Iustinianeus era finito, e che avrebbe acquistato vigore di legge col 16 dello stesso mese. Nelle corti non si sarebbero più potute citare le costituzioni che in esso non erano comprese, ed a nessuno sarebbe stato lecito impugnare alcuna delle modificazioni che in esso s'erano operate. Tutti i casi dovevano venir risolti fondandosi unicamente sugli antichi commentari legali e su questo Codice. Le costituzioni che non erano in esso comprese non dovevano avere più alcun valore, eccetto quelle prammatiche sanzioni che concedevano privilegi alle comunità o alle corporazioni o che erano con fini speciali (pro certis capitulis factae) e conformi al Codice (Const. Summa).

Il secondo passo fu più difficile. Giustiniano deliberò di fare cosa che alcuno, come egli stesso dice, non aveva mai, prima di lui, tentato: raccogliere, correggere ed ordinare il Diritto Romano che si trovava nelle opere degli antichi giuristi (v. cap. VI). Accortosi dai lavori sul Codice, che Triboniano era dotato dei requisiti necessari per l'impresa, glie l'affidò autorizzandolo nello stesso tempo a scegliersi per colleghi quei professori e giureconsulti che credesse meglio. Si dovevano prendere le opere di quei giuristi soltanto che erano stati ufficialmente riconosciuti; tutti i passi scelti dovevano avere la stessa importanza, nè il numero delle autorità o l'importanza di qualcuno (e. g. Papiniano) dovevano pregiudicare gli altri. Le contradizioni e ripetizioni dovevano essere tolte; doveva pure venire esclusa dal Digesto la materia che già si trovava nel Codice, fatta eccezione per quei casi nei quali circostanze speciali richiedessero o giustificassero qualche ripetizione ed aggiunte e correzioni dovevano farsi tanto alle opere dei giureconsulti quanto alle costituzioni da essi citate, per quanto esse sembrassero necessarie alla perfezione del Digesto.

Il diritto caduto in disuso doveva essere omesso e come

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