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Già sappiamo, i poeti esser formati più dalla natura che dall' arte; ed infatti tutti gli Scrittori della Vita di Dante, e fra questi Leonardo Aretino, dicono che appena egli cominciò ad applicarsi allo studio, apparve subito in lui ingegno grandissimo e altissimo a cose eccellenti. Fu detto che la natura prepara con gradazioni l'esplosione dei grandi talenti. Esiodo annunziò da lunge Omero; Ennio e Pacuvio annunziaron Virgilio ed Orazio; e in tempi a noi men lontani una folla immensa di Trovatori, molti dei quali di lode degni, prepararono un Petrarca, come un'altra infinita schiera di buoni e di mediocri poeti preconizzarono un Ariosto ed un Tasso. Ma Dante, quando si pretendesse paragonare ad alcun dei poeti che l'han preceduto o seguito, a chi potrebbe rassomigliarsi? Con ragione può dirsi di lui ciò che i Mitologi fingono di Pall.de.

come darò a vedere. . . . Intanto mi sia lecito il dire che si è fatto in certa maniera tori to al merito di Dante, avendo finora tantspositori solamente rivolto il loro studio ad illustrar la Divina Commedia, senza punto darsi cura de' componimenti lirici. Sarebbono essi tuttavia privi di comento, se il medesimo Dante non ne avesse comentati alcuni si nel Convito che nella Vita Nuova. E pure non men della Commedia sua, meritano queste altre opere di essere adornate con nobili e dotte osservazioni. » —

Dante medesimo si compiacque delle sue Rime amorose, citandole nel Libro della Volgare Eloquenza, ed ivi dicendo, le sue Canzoni essere le più limate e perfette di tutte, e facendosele nella Divina Commedia ricordare da Bonagiunta di Lucca e dal musico Casella, che gliene canta una nel Purgatorio, Amor che nella mente mi ragiona.

Nel principio pur anche della sua Professione di Fede il nostro Poeta espresse il medesimo giudizio in quei versi:

Io che scrissi d'amor più volte rime, Quanto più seppi dolci, belle e vaghe > E in pulirle adoprai tutte mie lime.

- « Parve a Dante, dice il P. Affò nel suo Dizionario precettivo ec. Cap. IX, che di maggiore elevatezza, maestà e decoro fosse capace nel nuovo idioma la volgar poesia: quindi dietro la scorta de' buoni rimatori, tanto si alzò sopra di essi, che svanir fece poco le lodi loro. Pose studio particolare nelle sue Canzoni veramente divine e piene d'altissima filosofia, che le rende in ogni parte ammirabili: tale e tanta poi fu l'energia e la forza d'esprimere i suoi pensieri con evidenza e vivezza, che si rese quasi insuperabile. » Nel che il P. Affò si conforma a quanto avea già detto Leonardo Bruni: « Egli è opinione di chi intende, che non sarà mai uomo che Dante vantaggi in dire per rima. E veramente ell'è mirabil cosa la grandezza e la dolcezza del dire suo prudente, sentenzioso e grave con varietà e copia mirabile, con scienza di filosofia ec. »—

--

Aveva l'Alighieri un ingegno robusto, profondo, una mente in sommo grado creatrice, un' anima che fortemente sentiva; quindi, co me Michelangiolo nelle Belle Arti, trovò un nuovo ed un bello così sublime, che a ben pochi sarà dato il poter fare altrettanto. Dei primi suoi lavori parlando, cioè delle Rime amorose, -on ne reconnait pas, dice lo storico della letteratura Italiana Ĝinguéné (1) sans quelque surprise, que certaines figures de style, certains tours passionnés, qui par raissent créés par Petrarque, avaient été dictés long-tems avant lui au Dante par une douleur peut-être plus profonde que la sienne, et par un aussi veritable amour. »→] -Ed il Muratori (2).« Si ha pur da confessare che alcuni di quei poeti (deli secolo di Dante) son maravigliosi e degni di somma lode.... Fra costoro occupa senza dubbio i primi scanni Dante il graude, cioè l' Alighieri, poichè Se volessimo accumulare delle autorità in l'altro di Maiano è assai barbaro di lingua, e appoggio della nostra asserzione, non mai fisenza paragone inferiore al primo. Troppo è niremmo. Noi dunque farem qui termine a famosa la sua, come chiamasi, Divina Com- questa prima parte del nostro Ragionamenmedia; ma io per me non ho minore stima to; ma però vogliamo ancora una volta udidelle sue liricke poesie, anzi porto opinione re il sullodato Ginguéné (3):-Le mérite parche in queste risplenda qualche virtù che ticulier des Canzoni du Dante c'est une fornon appar si sovente nel maggior poema.ce, une élevation jusqu'alors peu connues: Nè la rozzezza impedisce il riconoscer nei suoi elles sont d'un philosophe autant que d'un versi un pensar sugoso, nobile e gentile, sic- poëte; on y aperçoit un style plus ferme, des

(1) Histoire letteraire d'Italie; I Parties, Chapit. VII.

(2) Della perfetta poesia ital., L. I, cap. I.

(3) Histoire letteraire d'Italic, I. Partie, Chapitre VII.

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pensées plus grandes et plus claires, plus d'images, de comparaisons, en un mot plus de poésie, que dans le vers de ses contemporaines; et quand il n'eût pait sa Divina Commedia, il serait encore au prémier rang parmi les poëtes du même âge. Dante però, conchiuderemo, non è soltanto il primo Poeta dell' età sua, ma è un de' primi onori del Parnaso Italiano anche per le sole sue Poesie Liriche; poichè in esse egli spiegò una forza ed elevatezza non solo per lo innanzi non conosciute, ma che nissuno ha pareggiate finora, non che superate. Egli pel suo dolcissimo e profondamente sentito Canzoniere d' Amore è il più grande Erotico Poeta, il massimo fra quanti

Rime d'amore usar dolci e leggiadre.

Infatti il Cantor di Francesca non potea esser minore a sè stesso quando l'ardente fiamma movealo a dettare

Le dolci Rime d' Amor, ch'ei solea
Cercar ne' suoi pensieri,

zoni dunque, Sonetti e Ballate di Dante da Maiano, del Re Enzo, del Burchiello, di Guido Cavalcanti, di Cin da Pistoia, di Guido Guinicelli, di Butto Messo, di Noffo d'Oltrarno, di Sennuccio del Bene, di Antonio Pucci e di molti incerti sono state in gran numero intruse fra le Rime di Dante, ed hanno menomata la gloria che queste a lui produrre dovevano.

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Se nessuno, per quanto sia a nostra notizia, si è accinto finora a entrar di proposito in queste critiche ricerche, alcuni però sospettaron forte della originalità di molte Rime, e fra questi il Dionisi e il Perticari, che tanti studii fecero intorno le opere del nostro poeta. Il primo di essi (3) fra le altre cose dice: « Le Rime legittime di Dante, le quali son per anche terra incognita alla Repubblica delle lettere, debbono essere separate dalle spurie, cacciatevi per entro dalla vanità degl' imperiti editori. Di ventidue Canzoni a lui attribuite nella stampa del Zatta, sole tredici sono sue. Sonetti ancora e Ballate gli furono attribuite che di lui non sono. »> - Ed il Perticari (4). « Di due fregi dovrebbe ornarsi una ristampa delle rime di Dante; e le farebbero grande onore. L'uno sarebbe una bella chiosa, che le rischiarasse; l'altro un severo giudicio che sequestrasse le certe dalle non certe Ma donde accade che l' Alighieri venga rim-le legittime dalle adultere. Il primo è laproverato di avere scritto alcune di queste sue Rime con irregolarità di dizione? Che si perda talora (come gli altri Poeti dell' età sua) in arguzie ed in una vana ricercatezza d'espressioni? Che si compiaccia nell' estendersi su di alcune particolarità che il buon gusto esige sieno toccate leggermente (1)? Che nei Sonetti non dispieghi tanta virtù quanta nelle altre sue Poesie (2)?

o quando la perdita dell' amato oggetto faceagli sfogare in versi l'acerba doglia; nè il Cantor d'Ugolino potea esser meno e pietoso e terribile allor che all' infelice ed ingrata patria lanciava pieno d'amore e di sdegno i suoi poetici accenti.

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voro di lunga fatica e grave d'assai. Il secondo è opera assai più difficile e sottile. Ne' codici si leggono versi or col titolo di Dante, or con quello di Alighieri; onde pel nome sovente si baratta l'oro del poeta divino, col piombo di Dante da Maiano; e pel cognome si cangiano rime del padre con quelle de' figli e de' nepoti di lui, poeti infelici, i quali vennero al mondo per mostrare, che Se nella Raccolta delle opere di un valen- la virtù de' maggiori rado si travasa d' una te Scrittore, una metà vi fosse appartenente in un' altra generazione. Ora i cercatori dei ad altri, inferiori assai di merito a quello; se vecchi libri hanno spacciato per opere del uomini per molto sapere stimabili le avesse- nostro poeta tutte quelle che hanno trovate ro credute tutte parto egualmente di una men- sotto il sigillo or di quel nome, ora di quel te stessa, ed avessero in tal guisa autenti- cognome; nè hanno badato alla confusione cata la loro legittimità; l'opinione che del va- della persona dei figli con quella del padre, lor di un tale scrittore si verrebbe a forma- e dello scomposto e pedestre Maianese colre, sarebbe assai minore del merito reale di l'altissimo Fiorentino. Ecco ragione, per cui lui. Così appunto è disgraziatamente avvenu- molti di quei versi, che da Dante si nomito delle Poesie Liriche dell' Alighieri. Uni-nano, sono trovati indegni di sì gran nome. ta a una Canzone del Dante Fiorentino trova- Qui è necessaria dunque la facella della crisene una del barbaro Dante Maianese: di se- tica, che entri in questo buio e lo squarci. guito a una Ballata del Cantor di Beatrice ne È necessario che alcun maestro esamini bene viene una del Cantor di Madonna Primave-i codici più solenni; e scelga quelle rime ra; di fronte a un Sonetto del Poeta Divino che sono segnate più dalla interna loro belsi vede un Sonetto del Poeta Barbiere. Can- lezza, che dal solo titolo esterno; e quelle

(1) Ginguéné histoire litteraire d'Italie I. Partie, Chap. VII.

(2) Leonardo Bruni nella Vita di Dante. (3) Aneddoto II, pag. 97.

(4) Lettera al sig. Luigi Caranenti, da questo premessa alla sua edizione delle Rime di Dante, Mantova 1823.

conceda alla imitazione e al diletto degli ita-e_Perticari acutissimi critici, sono andati

liani. Di quante rimangono si dovrebbe far poi un' appendice, siccome gli eruditi del 400 fecero delle cose dubbie de' classici latini e greci. Ma all' Italiche lettere mancano ancora gli Scaligeri e i Poliziani.

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affatto esenti da tali abbagli; perciocchè chi si accinge a lavori di tal fatta deve essere lontano da ogni prevenzione intorno alle particolarità del subbietto, e spogliarsi di ogni attaccamento a sistemi che secondino le proQuesti due celebri letterati, il Dionisi ed prie opinioni. Senza di ciò è impossibile il il Perticari, aveano adunque veduta la ne-formare un retto giudizio; e il Perticari, per cessità di un lavoro critico intorno le Rime esempio, avendo una predilezione ed un' afpubblicate a stampa col nome di Dante, la-fezione particolare all' Edizione Giuntina, vi voro chiamato a giusto titolo non facile e dirà che un Editore di Rime legittime di piano. Il Witte altresì fece recentemente su Dante ponga pure a fondamento quello che questo proposito alcune ricerche, le quali col nome di lui si rinviene nella citata edinon gli riuscirono per vero dire affatto in-zione (1), quando quivi ancora qualche cosa fruttuose, e pubblicò le sue scoperte in un si trova che di Dante non è; e il Dionisi per Giornale letterario di Germania. Ma noi per convalidare la supposizione che l' Alighieri altro dobbiamo dir francamente, che non sem- sapesse di greco, e per appoggiare altre sue pre possiamo convenire con quel dotto Pro- particolari opinioni, vi darà come del Canfessore alemanno; perciocchè egli stesso è tor di Beatrice alcuni Sonetti, che nissuno caduto talvolta in alcuno di quei falli, da argomento presentano da poterli far supporre lui rimproverati agli Editori delle Rime Dan- legittimi. Il Witte poi, passionato cultore tesche. L'insufficienza della sola autorità di dell'Italiche Lettere, trovate avendo più Risingoli Codici, ai quali quegli Editori sono me, che portavano (ma falsamente) il nostati da tre secoli avvezzi a tenersi; questa me di Dante, non potrà cedere al lusininsufficienza, della quale noi abbiamo già ghiero impulso di offrire anch' egli la sua tenuto non breve discorso, era stata da lui parte d' incenso agli altari del grande Autore decisamente riconosciuta. Eppure regalò al del sacro Poema, afferrando l'occasione di pubblico, come del Poeta divino, alquante produrle nel Pubblico, senza prima consirime, delle quali non puote al certo esser derare che il suo entusiasmo potrebbe pur Dante l'autore, e delle quali l'originalità troppo farlo travedere e condurlo in errore. non comparisce appoggiata all'autorità di più Il nome di Dante suona così eccelso fra Codici, o di alcuno almeno di quelli chia- tutte le colte nazioni, il suo valor letteramati solenni dal Perticari. Vorranno facil-rio è così grande della propria ricchezza, mente condonarsi ad uno straniero, studio- | che non può ricevere nissun incremento da sissimo altronde e benemerito della nostra un altrui obliato Sonetto, da un' altrui obliata letteratura, questi abbagli, se pongasi mente che dei maggiori sono stati commessi dagli Italiani, e non solo dal Fiacchi e dal Rigoli, come abbiamo già accennato, ma pur anche dallo stesso erudito e valente Mu

Canzone. E se molti si stimaron beati di trar fuori dalla polvere delle Biblioteche qualche dimenticatà reliquia, che supposero di quel sommo, noi ci stimeremo beati di far ritornare nell' obblivione quei poetici componimenti falsamente a Dante attribuiti, i quali, Impresa cotanto spinosa si è il determi- come figli illegittimi e scostumati, che manare a chi appartengano alquanti di quegli culano la fama e consumano le sostanze del antichi poetici componimenti cotanto dith-supposto Genitore, stavano framezzo le opere cile è il non cadere su di ciò in alcun fallo di lui, minorando di quelle il merito e deod equivoco, che neppure gli stessi Dionisi turpandone la bellezza.

ratori.

CAPITOLO II.

Differenza del carattere di Dante Alighieri da quello di Francesco Petrarca.-Ambedue sommi poeti per natura e per arte. - Grandi come poeti lirico-erotici.—Degli Amori di Dante alcuni sono allegorici; altri veri e naturali.—La Divina Commedia è opera in qualche parte dell' amore di Dante per Beatrice.-Si prosegue il parallelo fra Dante e Petrarca come poeti moralisti.—L' uno e l'altro sentirono vivamente l'affetto della patria terra; l'uno e l'altro sublimi poeti pindarici.

Se il giudizioso Scrittore della bella lettera, la quale col nome di Bernardo Giunti sta in fronte all'edizione del 1527, dovè dire, che il divino Dante nelle sue amorose canzoni non fia in parte alcuna reputato indeDANTE. Opere Minori.

gno di essere insiem col Petrarca per l'uno dei due lucidissimi occhi annoverato della lingua italiana, noi spingendo più oltre e

(1) Lettera al Sig. Caranenti.

2

meritamente l'encomio, dovremo dire che 'Alighieri non tanto debb' essere, siccome il Petrarca, reputato il Padre della lingua nostra, quanto il principe della Poesia Lirica Italiana.

Questi due fondatori della nostra Letteratura vennero peraltro da natura largiti di genio disparatissimo. Quindi se non può fra di loro istituirsi un parallelo, che presenti molti lati ad un esatto e pieno confronto può bensi venir tracciato in quei punti nei quali più particolarmente si avvicinano.

Il Petrarca fu uomo di lettere piuttosto che di stato; l' Alighieri fu guerriero, uomo di stato insieme e di lettere. Il primo si condusse ognora cauto, deferente, lontano dalle gare cittadine; il secondo fu sempre fiero, inflessibile, animoso nei contrasti. Dante cacciato dalla sua patria, odiato e perseguito dalla fazione dei Guelfi, privo, per la confisca delle sue sostanze, dei mezzi per condurre una vita conveniente alla sua condizione, angustiato in modo che, pieno il cuore di risentimento e di amarezza, dove dire in persona di sè medesimo:

Tu proverai sì come sa di sale
Lo pane altrui, e com'è duro calle
Lo scendere el salir per l' altrui scale,
Par. xvII, 53.

visse ognora ramingo, travagliato ed infeli-
ce. Messer Francesco, riverito e rispettato
da tutti, caro fino dalla sua giovinezza al
popolo e ai grandi, ambito dai Principi e
dai Re, possessore dei mezzi per vivere a-
giatamente, viaggiatore per propria istru-
zione e diletto, condusse sempre una vita
piuttosto beata ed avventurosa. Si direbbe
che la Fortuna accordossi colla Natura a
disgiunger l'uno dall' altro per una assai ri-
marcabile discrepanza. Di qui anche la di-
versità del loro carattere, e quindi delle o-
pere loro.

più dolce delle passioni. A raggiunger pertanto lo scopo che ci siamo prefisso, noi ci limiteremo a considerare questi due sommi genii sotto l'aspetto di lirici moralisti, pindarici ed erotici.

Che la natura e l'arte concorressero a formare in Dante un eccellente poeta, già lo abbiamo accennato nel precedente Capitolo. D'altronde chi fia se non un Retore pedante o uno Straniero invidioso, che porre in dubbio il volesse ? Dante, non meno del Petrarca, ebbe un ingegno grandissimo, che si venne poi maravigliosamente sviluppando coll' assiduo studio di ogni ottima disciplina. Arte grandissima si riconosce nelle opere del Petrarca, arte non punto minore può ravvisarsi nelle opere dell' Alighieri.

Lo studio principale di Dante, dice Leonardo Bruni (1), fu poesia, non sterile, nè povera, nè fantastica, ma fecondata, arricchita e stabilita da vera scienza e da molte discipline. Imperciocchè sono due le specie dei poeti: una per interna astrazione di mente; l' altra per iscienza, per istudio, per disciplina, arte e prudenza; e di questa seconda specie fu Dante; perocchè per istudio di Filosofia, Teologia, Astrologia, Aritmetica e Geometria, per lezioni di storie, per rivoluzione di molti e vari libri vigilando e sudando negli studi, acquistò la scienza, la quale dovea ornare ed esplicare co' suoi versi. « Il piacere di rivivere nella sua gioventù (dice Ugo Foscolo (2)), d' incontrar Laura ad ogni verso, di esaminare la storia del proprio cuore, e fors' anco la coscienza, che alla fin fine di raro inganna gli autori rispetto alle migliori opere loro, indusse il Petrarca, già fatto vecchio, a dare tal perfezione a' suoi versi d'amore, che non fu mai raggiunta per verun altro scrittore Italiano, e che non avrebbe potuta egli stesso recare più oltre, secondo che ei medesimo ne pensava. Se non si conservassero tuttora Ambedue però dotati di un cuor sensibile i suoi manoscritti, sarebbe impossibile ime gentile, d'un animo generoso e magna-maginare o credere le indefesse fatiche da nimo, provarono le fiamme di un affetto verace e costante, sentirono gli impulsi di un grande e pietoso amore di patria: ambedue intenti ad alzarsi sopra la folla degli uomini volgari per mezzo dell' ingegno e della dottrina, fecero loro continuo studio quello delle filosofiche discipline, loro esercizio prediletto quello del dire per rima, Alcuni dei loro versi lirici si aggirano intorno ad argomenti morali, e fanno risplendere di una bella luce le derelitte virtù; altri, dettati con tutta la forza di un liberale entusiasmo han per iscopo di vituperare le cittadine discordie, e richiamare i dissidenti fratelli alla unione e alla pace; molti parlano o del tormento che lor cagionarono gli amorosi sospiri, o delle lodi dell'oggetto amato, che in lor destò la

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ma

lui sostenute nella emendazione de' suoi versi.
Quando alcun pensiero gli occorreva alla
mente, ei lo notava così: Io aveva qualche
intenzione di trasporre questi versi, e di
fare che il primo divenisse l'ultimo
nol feci per grazia dell'armonia; il primo
allora sarebbe stato più sonoro e l'ulti-
mo meno, che è contro regola, perchè il
fine dovrebbe essere più armonioso del prin-
cipio. Talora egli diceva: Il cominciamento
è buono, ma non è paletico abbastanza.
In alcuni luoghi si suggeriva di ripetere le
stesse parole, piuttosto che gli stessi con-
cetti. In altri giudicava meglio di non mol-

(1) Vita di Dante.

(2) Saggi sopra il Fetrarca, Fir. 1824, p. 47.

tiplicare i concetti, ma di amplificarli con altre parole. Ciaschedun verso è rivoltato in parecchi diversi modi; sopra ogni frase ed ogni parola colloca spesso dei modi equivalenti per poi esaminarli di nuovo; e vuolsi conoscenza profonda dell'italiano idioma, per accorgersi che dopo tale perplessità scrupolosa, elegge sempre quelle parole, che accoppiano in una più d'armonia, più d'elevatezza e più d'energia.

Queste laboriose mende fecero nascere opinione sino da quando viveva il Petrarca, che i versi di lui fossero lavoro più da poeta che da amante (1). E fuor di dubbio non esser violentissima quella passione che possiamo descrivere a nostro bell' agio. Ma un uomo di genio sente più intensamente e soffre più fortemente d'un altro; e per questo appunto quando la forza della passione al lenta, egli ne conserva più a lungo la rimembranza della gagliardia, e più agevolmente può ridestarla nella immaginazione e risentirne gli effetti. » —

medie, non essendo al certo i meno diffi-
coltosi, andremo ponendone sott' occhio al-
cuni squarci, affinchè possa vedersi come
Dante in quelli riuscisse, e come a giusto
titolo si desse egli il vanto ora accennato.
La Canzone da noi stampata col num. v ne
offre un esempio.

Nè cui pietà per me muova sospiri
Morte, poich'io non trovo a cui mi doglia,
E poichè tu se' quella che mi spoglia
Ove ch' io miri,-o 'n qual parte ch' io sia;
D' ogni baldanza, e vesti di martiri,
E per me giri ogni fortuna ria;

Perchè tu, Morte, puoi la vita mia
Povera e ricca far, come a te piace,
A te convien ch' io drizzi la mia face,
lo vegno a te, come a persona pia,
Dipinta in guisa di persona morta.
Piangendo, Morte, quella dolce pace,
Chel colpo tuo mi tolle, se disface
La donna che con seco il mio cor porta,
Quella ch'è d'ogni ben la vera porta.

Un altro esempio può aversi nella Canzone xv.

«Dante (dice altrove il citato Scrit- Perchè dinanzi a te piangendo vegno, Morte, qual sia la pace che mi tolli, tore (2)) percorse una regolare carriera di studi, e in tempi che Aristotile e Tommaso Se guardi agli occhi miei di pianto molli, chè veder lo puoi, Qui non l'assegno, d'Aquino, tenevano soli lo campo nelle uni- Se guardi alla pietà, ch' ivi entro tegno, versità. L'austerità del metodo e delle mas-Se guardi al segno-ch' io porto de' tuoi. ec. sime loro lo ammaestrarono a non vergar carta, che non avesse in prima in sè lungamente meditata, ed a tenersi ognora davanti un pratico fine di gran momento, quello dell' umana vita (3), e a proseguirlo saldamente secondo un preconcetto divisamento. I poetici ornamenti non ad altro ti paiono usati mai da Dante se non a dar luce a' suoi subbietti; nè mai egli consenti alla fantasia di violare quelle leggi, che prima aveva poste all' ingegno. »

E più l'ingegno affreno ch' io non soglio,
Perchè non corra, che virtù nol guidi
Inf. xxvi, 21.

Più non mi lascia gire il fren dell'arte.
Purg. XXXIII, 141.

Infatti per testimonianza del suo figliuol Piero, il quale avealo udito più volte dalla bocca di lui, sappiamo che Dante vantavasi di non esser giammai stato costretto dalla tirannia della rima a dir cose che egli dir non avesse volute, ma di averla sempre saputa piegare ai suoi voleri e ai suoi concelti senza alterarne punto le leggi. A ciò fare richiedevasi pertanto artifizio grandissimo, specialmente quando il metro presentava molte difficoltà a superarsi. Quindi, quei poctici componimenti, che hanno rime inter

(1) Francisci Petrarchae Epist. fam. lib. 11. ep. 7.

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(2) Saggi ec., pag. 175.

(3) V. il Convito.

Posciach' Amor del tutto m'ha lasciato per mio grato

Non

Chè stato
Ma perocchè pietoso
non avea tanto gioioso,

Fo tanto del mio core,
Che non sofferse d'ascoltar suo pianto;
lo canterò così disamorato

Contro al peccato,

Ch'è nato in noi di chiamare a ritroso
Tal, ch'è vile e noioso ec.

Chi è pertanto, il quale non scorga la proprietà di questa locuzione, la facilità delle rime, l'aggiustatezza dei concetti? Niente è forzato, nissuna cosa è superflua. La poesia sotto le mani di un Cantore sì inspirato e si esperto prende un andamento cotanto elegante, una venustà così naturale, che a prima vista non sarebbe riconoscibile l'arlifizio poetico, se non si sapesse esser arte grandissima i nasconder l'arte.

Anche il Petrarca volle dar prova del suo ingegno in tal maniera di poetici componimenti :

Mai non vo' più cantar, com' io soleva :
Ch' altri non m'intendeva; —ond' ebbi scorno;
E puossi in bel soggiorno-esser molesto:
Il sempre sospirar nulla rileva.
Già su per l'Alpi neva-d' ogni intorno;
Ed è già presso al giorno;-ond'io son desto.

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