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I. Come quegli illustratori di antiche opere d'arti, che da un piccolo frammento novellamente dissotterrato d'un marmo o d'un bronzo, si presumono deciferarne immediatamente il subbietto, fissarne l'epoca con certezza, e ravvisarne l'autore; ma che dopo non molto, al discuoprirsi d'ogni restante dell' opera, si rimangono confusi e indispettiti del loro mal fondato precipitoso giudizio, così io credo doversi rimanere molti di quei Critici in Filologia, ed in Lettere, Archeologi, e Chiosatori, i quali per la lettura di poche pagine d'un libro, o per una leggiera meditazione d'un passo credono di essere in grado di pronunziar sentenze, le quali in progresso vengono riconosciute per azzardate, per incongruenti o per false.

La Critica cronologica in particolare non può posare il suo fondamento sopra dati e fatti disgiunti e isolati di quel tal quadro ch'essa siasi proposta d'analizzare. Il Critico, che senza aver presente ed ordinatamente disposto davanti agli occhi della sua mente tutto l'insieme dell'opera, e che, da alcuna parte soltanto presume, nella guisa stessa che il Matematico, dedurne, ed esattamente tracciarne il tutto, si espone al caso di allontanarsi sempre più da quel vero, alla ricerca del quale intendeva di consacrar le sue indagini. Così il dotto e valoroso Ugo Foscolo, che dell'arte logico-critica applicata alla Cronologia, si valse con stupendo ragionamento a spander luce sull'istoria della Divina Commedia, non si sarebbe cotanto assottigliato infruttuosamente l'ingegno a provare, Dante non aver giammai pubblicata

vivendo, parte alcuna del suo mirabil poema, e quindi non doversi su ciò prestar fede al Boccaccio, e agli altri Biografi del divino Poeta, quando egli si fosse per avventura imbattuto a leggere quei versi dell' Egloga I, al Del Virgilio indirizzata,

..quum mundi circumflua corpora cantu Astricolaeque meo, velut infera regna, patebunt,

Devincire caput hedera lauroque iuvabit. Imperciocchè ei sarebbesi accorto che alla sua ingegnosa illazione faceva contro l'autotorità dell' Alighieri medesimo; e simile in ciò al Paladino del Ferrarese, che mari e monti discorre per giungere al luogo ove crede posare la donna delle sue brame, ed a quello arrivato conosce aver percorso una via molto dalla vera distante, egli sarebbesi a malincuore, e dolente della fatica e del tempo perduto, tornato indietro dal male incominciato, ed improficuamente compiuto cammino. Se non a torto quell'egregio or nominato scrittore va dicendo (1), che molti critici meritamente celebri o non lessero attenti il poema di Dante, o forse non lo percorsero mai dal primo all' ultimo verso, dacchè veggiamo indizi evidenti che essi guardarono solamente a quei passi i quali suggeriscono date, nè li raffrontarono con altri che avrebbero fatto risaltare in un subito le fallacie de' loro computi;

(1) Discorso sul testo e sulle opinioni di verse prevalenti intorno alla storia, e alla emendazione critica della Commedia di Dante, §. XVIII, P. 1, 37,

quanto a maggior ragione potrò io dire che sia dottrina, la quale, quantunque applipochi ebbero familiari e pronte all'uopo tutte cata da uomini di forte o di debole ingegno, le opere e tutta la biografia del Divino Poeta, di scarso o di molto sapere, e con metodi abbenchè di esso lungamente tengano ragio-letterari o scientifici, riesca fatica perduta namento! Ad un illustratore della Divina Com-e dannosa. Della quale azzardata sentenza media dovrebbe certamente esser noto, che s' io imprendessi a dimostrar la fallacia quel grandioso poema non fu dettato da Dante nulla di più acconcio mi si farebbe davanti nel breve giro di poche lune, dacchè oltre che un argomento somministratoci dall' il'averne tante istoriche testimonianze, l'ac-stesso Foscolo in quel libro medesimo ove cenna il Poeta medesimo nel xxv del Paradiso,

Se mai continga che il poema sacro,

tali parole rincontransi. Imperciocchè se egli teoricamente dichiarò opera perduta e dannosa l'accingersi a rintracciare le epoche dell'incominciamento e del termine d' un'oAl quale ha posto mano e cielo e terra Si che m'ha fatto PER PIU' ANNI macro; ec. pera con quei mezzi che l'opera istessa presenta, egli di tali mezzi appunto si valse a eppure un'illustratore della Divina Comme- rischiarare molti punti oscuri o controversi dia, il Viviani (1), protestò aver contezza degli scritti e della vita di Dante Alighieri; come Dante nel 1319 dettò in Udine la Can-e a far brillare la luce là dove non era che tica del Paradiso, mentre nel 1318 attese in un leggiero crepuscolo e talvolta profonde Trevigi all'altra del Purgatorio, dopo ch'avea tenebre, dimostrando col fatto l'eccellenza poco innanzi, meditando e scrivendo fra i pro-di quelle arti che egli andava poco innanzi fondi valloni di Tolmino, delineate le spa- dannando. ventevoli bolgie dell'Inferno!

Ma non è qui mio particolar divisamento il tener discorso di ciò che riguarda l'opera maggiore di Dante, e il rilevare le inesattezze e le contradizioni degli Annotatori e dei Critici: messe troppo abbondante si è questa, e tale che vasto campo richiede. Laonde io mi limiterò a far parola di sole quelle cose che potranno servire all'illustrazione del Convito, ed all' esplanazione di alcune difficoltà per lungo tempo credute insormontabili: difficoltà che han dato luogo a giudizi e a controversie, e queste ad altre controversie ed a nuovi giudizi.

Colla scorta adunque dei fatti i più certi appartenenti alla vita di Dante Alighieri, dei vari luoghi del Convito che accennano un'epoca storica, e di quelli pure della Commedia che possono al nostro scopo servire, io procurerò di rintracciare, e di precisare con sicurezza, quando il Convito fosse dall' Alighieri dettato. E se nel modo il più convincente, colle ragioni le meno equivoche, e con le deduzioni storiche le più sicure mi verrà fatto di provare, - Il Convito essere stato dall' Alighieri dettato nel 1297 al 1314, e per meglio dire, il Trattato primo ed il terzo nel 1314, il secondo ed il quarto nel 1297, io non so quanto si dovrà ritenere per saldo e per inconcusso il teorema dal dotto Autore del Discorso sul testo della Commedia piantato là dove dice (2) che il determinare il principio, il progresso, ed il termine d' un' opera con la guida della cronologia di fatti rammentati dall' Autore,

(1) Prefaz, all' Ediz. della Div. Commedia, giusta la lezione del Cod. Bartoliniano, Udine 1823, vol. 1. pag. 15.

(2) Foscolo, Discorso ec. §. xxII, P. I, 49.

II. Punto di grande controversia è stato adunque fino a noi, se Dante scrivesse il Convito prima della Commedia, o se facesse questa a quello precedere. Il più antico biofagrafo del divino Poeta, il Boccaccio, cendo menzione di quella filosofica opera, e dicendo che o per mutamento di proposito, o per mancamento di tempo si rimase l'autor dal compirla, abbenchè appaia aver egli avuto intenzione, quando la cominciò di portarla al suo compimento, non riferisce alcuna particolarità, che possa giovare nella questione presente. E se Giovanni Villani (3), parlando delle opere dall' Alighieri composte, sembra accennare che questi dettasse il Convito in sul terminare del viver suo, tal che per la sopravvenuta morte non potesse al compimento condurlo, Giannozzo Manetti (4) va per l'opposto dicendo che il Convito fu da Dante composto nella sua gioventù. Non dissimili dagli antichi, i moderni non cone noi vevennero in una stessa sentenza demmo così propalarsi congetture, che af fermate e disdette in pochi anni, e che cozzando fra loro, non poterono a null' altro servire, che a portar nell' argomento una maggior confusione, e a traviar sempre più dalla sorgente e dal corso dell'opera: colpa di esami non molto profondi od estesi, confronti inesatti o insufficienti, e quindi di giudizi azzardati o immaturi.

di

Giuseppe Pelli (5) affermando che il Convito fu composto dall' Alighieri durante il suo esilio, sospetta che ciò seguisse appresso

(3) Istorie fiorentine, lib. ix, cap. CXXXVI. (4) Vita Dantis.

(5) Memorie per la Vita di Dante Alighieri, seconda edizione, pag. 185.

care ciò, che l' uno e l'altro asserisce. A quei versi del Paradiso, Canto II,

.

il compimento se non di tutta, almeno di una buona parte della Divina Commedia. Di questa opinione si professa seguace ancor Ginguéné (1). Ma l' Arrivabene (2) appogciò che n' appar quassù diverso Credo che 'l fanno i corpi rari e densi, giandosi a un solo passo del libro medesimo, il quale accenna ad un' epoca storica, così annota il Lombardi : - «<< Somministra protrasse indietro di alquanti anni la con- >> il passo presente un invincibile argomentroversa data, e credè fissarla anteriormente » to, che Dante scrivesse il suo Convito prial 24 novembre 1308, in cui fu dichiarato » ma di questa Commedia. Imperocchè conimperatore Arrigo di Lucemburgo. Foscolo (3)» fessa qui, e per le ragioni che fa da Beafra i più recenti scrittori la fissa posteriore» trice allegarsi, depone l'opinione nel Conalla morte del nominato Arrigo, cioè a dire» vito sostenuta (4), che le macchie della dopo il 1313, e il Trivulzio e il Lombardi Luna non sieno altro che rarità del suo la vogliono anteriore ad ogni cominciamento» corpo, alla quale non possono terminare della Divina Commedia. » i raggi del Sole, e ripercuotersi così come

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Vidi la figlia di Latona incensa

"Dal vederlo non compiuto, (dice il» nelle altre parti. Nè dall' essere il Convi» Trivulzio nella Prefazione al Convito, da» to opera imperfetta altro si può dedurre, » lui ridotto a buona lezione e illustrato),» se non che, lasciato il Convito imperfetto, alcuni gravissimi scrittori argomentarono» l' Alighieri si applicasse tutto alla Comme» che Dante gli dèsse cominciamento nei» dia. Se l'autore delle Memorie per la vita di » suoi ultimi giorni, nè potesse finirlo per » Dante unita avesse alle altre questa osser» morte. Il silenzio però ch' egli serba in» vazione, avrebbe, credo, deposto il suo soquest' opera, intorno al Poema, mentre » spetto, che componesse Dante il Convito >> avrebbe avute tante occasioni di nominar- » dopo aver egli terminata se non tutta, al»lo, . . . indurrebbe facilmente a credere,» meno una buona parte della Commedia. » che non solamente quando scriveva il Con- » Stendendo noi le riflessioni sopra l'una e >> vito non ne avesse ancora dettata la Com- » l'altra opera, paiono anzi cose che ne de» media, ma non ne avesse pure concepita» terminino affatto al contrario. »Fin qui » l'idea... Quindi non per alcun fine ar- il Lombardi. D' essersi poi ingannato nella >cano l' Alighieri non fece motto della Com- sua opinione sull'ombra della Luna, Dante » media in questo Convito, ma perchè non (e l'osserva ancora il Trivulzio nella nota al » aveva ancora rivolto l'animo a quel di- passo or accennato del Convito) ritorna a par» vino lavoro quando sotto il pretesto di co- lare ne' seguenti versi del Canto xxn del Pa»mentare quattordici sue Canzoni ei pen- radiso, » sava di versare in questo libro, che dovea » riuscire una morale Enciclopedia, i vastis» simi tesori della sua mente. Ma datosi poi » di proposito al Poema Sacro, e chiamato » a porvi mano e cielo e terra, è da dirsi » che questo primo lavoro gli sia caduto » del pensiero, nè più l'abbia ripigliato Ma se il Convito fosse opera veramente po» se non forse per inserirvi all'opportunità stuma, siccome il Trivulzio con asseveranza » qualche tratto di cui gli si veniva risve- fin dal principio della sua Prefazione dichia» gliando l'idea. Intorno a ciò ne conferma ra, qual bisogno v'era mai che di cosa già » il vedere nella Divina Commedia lunga- asserita in alcun luogo di quello, si andas» mente confutata per bocca di Beatrice l'o- se Alighieri ritrattando nella Divina Com>> pinione qui sostenuta, che l'ombra della media, quando fosse sempre stato in piena »Luna sia rarità del suo corpo, (Tratt. II, sua facoltà di correggere ed emendare, di » cap. XIV). Di che già s'era accorto il rabbracciare e rifondere tutto, o in parte il » P. Lombardi ec. »- Il Trivulzio dunque suo libro, il quale, secondo le parole del con questi ed altri minori argomenti s' in- Trivulzio medesimo, non potea aver girato gegna provare che Dante allorchè si pose mentre l'autore viveva, e quindi dovea esser a scrivere il Convito, non avesse incomin- rimaso sempre inedito presso di lui? Anciata non solo la sua Commedia, ma non che altre volte troviamo, che Dante ritratne avesse concepita pure l'idea. Prima però ta nella Commedia opinioni già nel Convidi rilevare l' inesattezza di tale asserzione to esposte. Quivi (5) ammette motori di Vedel Trivulzio, ascoltiamo quanto dice il Lom- nere i Troni: Ragionevole è credere che li bardi, onde io possa ad un tempo rettifi-movitori del Cielo della Luna siano del

(1) Histoire de la Litter. d'Italie, chap. vII. (2) Il secolo di Dante, comento storico ec., vol, 11. pag. 242.

DANTE. Opere Minori.

Senza quell'ombra, che mi fu cagione,
Per che già la credetti rara e densa.
E vedesi che stavagli molto a petto di mo-
strarsi ricreduto di quell' errore.

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l'ordine degli Angeli; quelli di Mercurio siano gli Arcangeli, e quelli di Venere siano li Troni, ec.; e nella Commedia poi si corregge, e vuole che al Cielo di Venere toccato sia invece per motore il coro detto dei Principati (1),

» vertà. Poichè fu piacere de' cittadini della » bellissima e famosissima figlia di Roma » Fiorenza, di gettarmi fuori del suo dolcis>>simo seno (nel quale nato e nudrito fui >> fino al colmo della mia vita, e nel quale con >> buona pace di quella desidero con tutto il » cuore di riposare l'animo stanco e termiNoi ci volgiam co' Principi celesti. » nare il tempo che m'è dato), per le parNel Convito (2) dice che la santa Chiesa» ti quasi tutte, alle quali questa lingua si crede e divide in tre Ordini ciascheduna del-» stende, peregrino, quasi mendicando sono le tre divine Gerarchie, della prima delle» andato, mostrando contro a mia voglia la quali lo primo ordine è quello degli Angeli,» piaga della fortuna, che suole ingiustamenlo secondo degli Arcangeli, lo terzo de' Tro-» te al piagato molte volte essere imputata. ni. E nella Commedia pone invece sopra gli » Veramente io sono stato legno senza vele Angeli semplici gli Arcangeli, e sopra gli» e senza governo, portato a diversi porti e Arcangeli i Principati, ed accenna aver con » foci e liti dal vento secco che vapora la S. Gregorio errato, differente opinion pro- » dolorosa povertà, e sono vile apparito agli fessando (3), » occhi a molti, che forse per alcuna fama, » in altra forma mi aveano immaginato; nel » cospetto de' quali non solamente mia per» sona invilio, ma di minor pregio si fece >> ogni opera si già fatta come quella che » fosse a fare ».

Onde si tosto come gli occhi aperse In questo Ciel, di sè medesmo rise, ec. Dunque il Convito dovea già, vivente l'autore, essere stato reso di pubblico diritto, se cotanto all'Alighieri premeva il ritrattarsi di Se Dante allor che dettava questa apostrocose in quello già dette e affermate. Nè il fe, aveva già percorse e visitate tutte le parti Trivulzio si accorse dell' evidente contraddi-alle quali la lingua italiana si stende; se per zone in cui cadde sostenendo il contrario, le sue opere già fatte e promulgate erasi ledopo ch'egli avea già rilevato nella Divina vato in fama nell' opinione degli uomini; se Commedia la chiarissima ritrattazione del-avea già, come da queste sue espressioni ril'ombra lunare.

levasi, rimesso alquanto di quella asprezza inverso Firenze, della quale avea dati segni così manifesti ed ostili; non può veramente altro dirsi, se non che egli scrivesse ciò appresso la morte d'Arrigo, nel 1313, o nel 1314. Imperciocchè rimasto allora il ghibellino poeta privo d'altre speranze probabili, non più colle nascose arti de' maneggi e colla forza aperta dell' armi tentò ritornare in Firenze, ma colle buone opere cercò piegare gli animi de' suoi concittadini ed impetrar la grazia del bramato ritorno.

Ma se terminando qui il discorso, io pretendessi venire ad una conseguenza; e rilevando che Dante scriveva incontrastabilmente il Convito nel 1313, o nel 1314, io l'asserissi dettato contemporaneamente alla Divina Commedia, direi cosa non falsa del tutto, ma non del tutto vera ed esatta.

In secondo luogo, per sostener siccome probabile, la congettura del Trivulzio e del Lombardi, che Dante, cioè, scrivesse il Convito, quando non aveva ancor rivolto l'animo al lavoro della Divina Commedia, farebbe d'uopo, se non altro, il provare che quell'opera filosofica fosse stata dettata da Dante innanzi il 1306; perciocchè (sebbene il primo pensiero, e forse ancora il primo saggio del Poema sacro, possa riportarsi fino all'anno 1295), solo intorno al 1306 rivolse Dante ogni sua cura alla confezione della sua maggiore opera. Ma come protrebbesi, ancor per breve momento, sostenere un tale supposto, dacchè Dante medesimo ne porge potente argomento a rilevare il contrario, manifestando di avere scritto il Convito (o per dir con più precisione, il primo Trattato di esso) quando già peregrino e quasi mendi- Prima però d'avanzarmi più oltre nella concante era andato per tutta quanta l'Italia chiusione cercata, non debbo ometter di proprovando gli affanni dell' esilio, e le angu- seguire l'esame delle opinioni e de' giudizi stie della povertà, lo che accenna ad un'e- di coloro che mi precessero in una simil quepoca non anteriore al 1306, ma posteriore stione. Abbiamo dunque veduto come il Lomd'assai? Ahi piaciuto fosse al Dispensatore bardi appoggiandosi a un passo del Paradiso dell' Universo, va egli con rammarico escla-credè potere affermare, che, lasciato il Conmando (4), « che la cagione della mia scu-vito imperfetto, l'Alighieri si applicasse tutto >> sa mai non fosse stata: chè nè altri contro alla Divina Commedia: che il Convito per con>> me avria fallato, nè io sofferto avrei pena seguenza debba essere stato nella sua tota>> ingiustamente, pena, dico, d'esilio e di po-lità scritto o dettato da Dante precedentc

(1) Paradiso VIII, 34.
(2) Trattato II, cap. vi.

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(3) Paradiso xxviii, 134.
Trattato I, cap. III.

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>> tevi mente, nemici di Dio, ai fianchi, voi mente ad ogni incominciamento della Divina Commedia. Io peraltro rispondo così: Che» che le verghe de' reggimenti d'Italia pre» so avete. E dico a voi, Carlo e Federigo Dante ne' Canti II, VIII, XXII e XXVIII del Paradiso si ritratti di cose dette nel Tratta- Regi, e a voi altri principi e tiranni guardate chi a lato vi siede per consiglio, to II, Cap. vi e xiv del Convito, e che quindi la Cantica del Paradiso sia stata scritta >> e annumerate quante volte al dì questo fiposteriormente al secondo Trattato dell'ope-» ne dell' umana vita per gli vostri consira filosofica or nominata, non puossi ragio-» glieri v'è additato ». E nel vero se Dante nevolmente dubitare un momento. Ma la Di- scriveva il Convito, vivente Carlo di Napoli, vina Commedia, che il Lombardi, seguito siccome dalle riportate parole apparisce, non pur dal Trivulzio, asserisce essere stata in- potea ciò per conseguenza succedere, che al cominciata dopo il Convito, contien forse la più tardi nel 1309, perchè nel 1310 non era sola Cantica del Paradiso? Al Paradiso sol- più quel re fra i viventi. Chè anzi le seguenti tanto ristringesi la Divina Commedia? O che parole del Trattato IV. cap. III, qualificanforse il sacro Poema fu dall'esimio poeta det- do Federico di Svevia siccome ultimo imtato tutto in un fiato, e nel breve periodo peratore delli Romani, ultimo, dico, per nonostantedi pochi mesi, e la prima e la seconda Can- rispetto al tempo presente, tica contemporaneamente alla terza? Io cre- chè Ridolfo, e Adolfo, e Alberto poi eletti do, non siavi persona la quale esitar possa sieno appresso la sua morte e de' suoi dia risponder di no, per poco ch'ella conosca scendenti, danno a conoscere che innanzi anla storia del Divino Poeta, o ch'ella conside- cora del 1309 scrivea Dante la filosofica operi come più lustri di fatiche e di studi do-ra, perchè Arrigo che nel 1308 successe ad vesse costare a Dante un'opera così grandio- | Alberto non trovasi in quel novero dei sucsa e stupenda. Se pertanto dall' argomento cessori al Trono de' Cesari: la quale omissiomesso in campo dal Lombardi siamo costret-ne non potea commettersi dall' Alighieri, quanti a convenire che la Cantica terza della Com-do Arrigo fosse già stato assunto all'impeconclude media sia stata dettata posteriormente al Trat-rial dignità. Dunque l' Alighieri, tato secondo del Convito, non ne consegue, l' Arrivabene (1), scriveva il Convito innanzi che pur la Cantica seconda, e tanto meno la l' anno 1308, quando l'elezione d'Arrigo prima, sialo egualmente. Ed ecco l'abbaglio non era peranche successa. del nominato Comentatore: abbaglio derivato dal non riflettere, che il passo in cui fondava la propria opinione avrebbe dovuto trovarsi in principio, e non già in sulla fine della Divina Commedia.

Come intanto rispondere ad obbiezioni così ragionevoli, e a tutte le altre possibili? come conciliare cose che sembrano fra loro inconciliabili, e trovare il mezzo di sciogliere un nodo, che a prima vista sembra tanto più Ma se avessimo affermato e quasi deciso raggrupparsi, quanto più si tenta di disbriche Dante scrivesse il Convito dopo il 1313,garlo? Ecco quello che io appunto or mi precome potremmo rispondere a chi ci venisse figgo, dimostrando che il Convito fu da Dante obbiettando ch'ei già dovesse averlo dettato Alighieri dettato in tempi diversi, secondo i innanzi il 1308? V'è taluno infatti che os-diversi Trattati o le diverse parti nelle quali serva, come Dante scrivevalo a'tempi di Al- è diviso. berto Imperatore e di Carlo II di Napoli, III. Addiviene talvolta nel far ricerca d'alcioè intorno l'anno 1308, o 1309, un lustro della quale ansiosamente vadasi prima dell'epoca voluta dal Foscolo, e bene cuna cosa, e agevolmente il deduce da quelle parole di in traccia, che noi senza saperlo ci troviaDante medesimo là nel Cap. VI del quarto mo non molto lontani da quella, ed a quella Trattato, ove dice: « Congiungasi la filosofica per buona pezza ci raggiriamo d'intorno: sì >> autorità con la imperiale a bene e perfet-che, se l'inquieto ed ansioso desiderio non » tamente reggere. Oh miseri che al pre- fosse, il quale ai nostri sensi impedisce d'a>> sente reggete! e oh! miserissimi che retti gire con tutta calma, noi con un nuovo vol>> siete! che nulla filosofica autorità si con- ger d'occhio e con un passo di più potrem» giunge con li vostri reggimenti, nè per mo giunger facilmente a toccarla, e a ve>> proprio studio, nè per consiglio..... Pone-derla (2). Così è appunto addivenuto a tutti

(1) Il secolo di Dante, o Comento storico» e abbozzate in più tempi diversi, e le inalla Divina Commedia, Libro IV, Parte II.

(2) Il Foscolo infatti nel Discorso sul testo della Commedia §. cx1 così disse: «-Fos>se che Dante si dèsse a dettare il Convito › di pianta, o solamente, com'è più verosimile, mettesse insieme c allargasse con or> dine e stile molte questioni, da lui tocche

>> trecciasse al comento delle sue Canzoni,
» certo è che a volere intendere con rigore
» grammaticale la giovinezza già trapassata
conviene meno all'anno quarantesimosesto
- Ed il Cento-
che al quarantesimottavo.
fanti in un suo Articolo inserito nell' Auto-
logia, num. cxxxx, pag. 21: Può stare

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