ODE IX. LA CONSOLAZIONE. Su la riva giacendo Pensava de' miei mali, Di Memoria sull' ali Le mie lutte col Fato Passaro in mente, e a rea Sorte quest' io dicea : "Perchè mia culla ornaro Le dolci Nove a fiori, E in bocca mi baciaro "Ecco che senza frutto È il mio lungo labore, Ed ho trovato lutto, Lasso tutto mio amore; Quando ecco che si cala Una aquila dell' alto. Con larghe ruote, assalto Fa incontra e, senza pugna, Il rapitore adugna. Lascia cadere in giuso Mentr' io miro la possa Cade la aquila fera. "Ed egli chi ha tirata La canna, dond' è uscito Quel suono ed è mandata La palla, onde ferito È il volator sì forte, Anch' ei si dee alla Morte. "Cotale è la Natura. Chi sorge a penne stese Impara di sua altura, Alle non altrui spese, Non ha da ascender solo "Che non? però, calcato, Chi striscia per la sabbia Un non men duro fato, Ed un più vil, par ch' abbia, "Giacchè il forte si sotto "Nè virtù, nè innocenza, Non si possono, e niente Ingiusto pur son io, Non che alla sorte ingrato, Tristo e solingo stato, "S' io soffrisco pel vero, Benchè in abito nero Già sia Fortuna, e vaga, Con me, ed in veste bianca." Spariscon, questo detto, Le nubi di mio core. Non più del ruscelletto Il suon m' attrista; e l'ore I lassi spirti miei. X. CANZONET. EYES, that are my adoration, Eyes I love to desperation, Since, when madden'd by your glances Every pulse within me dances, Much, O very much I fear me, I would give my soul's salvation To retain ye ever near me, 'Neath what cloud of coyness hiding, Stars whose light my spirit misses, |