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ODE IX.

LA CONSOLAZIONE.

Su la riva giacendo
D'un vago fiumicello,
Che, limpido correndo
Per mezzo un praticello
Di be' fioretti ornato,
Faceva un canto grato,

Pensava de' miei mali,
Dal suon del rio attristato.

Di Memoria sull' ali

Le mie lutte col Fato Passaro in mente, e a rea Sorte quest' io dicea :

"Perchè mia culla ornaro Le dolci Nove a fiori,

E in bocca mi baciaro
Gli scherzevoli Amori,
Facendomi assonnare
Con lor soave aliare ?

"Ecco che senza frutto È il mio lungo labore,

Ed ho trovato lutto,

Lasso tutto mio amore;

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Quando ecco che si cala

Una aquila dell' alto.
Ella, movendo l' ala

Con larghe ruote, assalto

Fa incontra e, senza pugna,

Il rapitore adugna.

Lascia cadere in giuso
La preda morta il fello;
Ed a vicenda suso
Poggia ver ciel lo snello
Re d' augei, col guadagno
Del artiglio grifagno.

Mentr' io miro la possa
E prestezza di sue ale,
Rimbomba l' aria, e, scossa
Ed impiagata male,
Della sommità altera

Cade la aquila fera.

"Ed egli chi ha tirata La canna, dond' è uscito

Quel suono ed è mandata

La palla, onde ferito

È il volator sì forte,

Anch' ei si dee alla Morte.

"Cotale è la Natura.

Chi sorge a penne stese

Impara di sua altura,

Alle non altrui spese,

Non ha da ascender solo
Chi sen va in aria a volo.

"Che non? però, calcato, Chi striscia per la sabbia Un non men duro fato,

Ed un più vil, par ch' abbia,
Se non che faccia, guasto,
A altra creatura pasto.

"Giacchè il forte si sotto
Caccia l'umile e 'l frale,
Da essere ei stesso rotto
Di alcun altro cotale,
Che al fin getta il Destino
A terra a capo chino;

"Nè virtù, nè innocenza,
Nè fe, nè veritade,
Quaggiù con frodolenza,
Malizia, e falsitade

Non si possono, e niente
In terra è permanente;

Ingiusto pur son io,

Non che alla sorte ingrato,
Ch' io vo piangendo il mio

Tristo e solingo stato,
Perchè mi fugge Onore,
E seguitami Amore.

"S' io soffrisco pel vero,
La Verità mi paga.

Benchè in abito nero

Già sia Fortuna, e vaga,
Vivrà, quando sia stanca,

Con me, ed in veste bianca."

Spariscon, questo detto,

Le nubi di mio core.

Non più del ruscelletto

Il suon m' attrista; e l'ore
Rallegrano e gli augei

I lassi spirti miei.

X.

CANZONET.

EYES, that are my adoration,

Eyes I love to desperation,

Since, when madden'd by your glances

Every pulse within me dances,

Much, O very much I fear me,

I would give my soul's salvation

To retain ye ever near me, 'Neath what cloud of coyness hiding, Stars whose light my spirit misses,

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