E se vi fosse mai chi pur di lui Cura prender volesse, e d'una corda Sappi ( direi ) ch' Empedocle bramoso Di perire a lor voglia? A suo dispetto O un fulminato suol, per sacro rito È NOTE DI METASTASIO ALL'ARTE POETICA DI Q. ORAZIO FLACCO inutile ridondanza di lusso critico l'andar disputando se il titolo di questo componimento debba essere Epistola, o Libro. È paruto ad alcuni che alla mole ed alla materia di esso mal si adatti il nome di Epistola. Orazio ha dato per altro questo nome anche ad altre lettere assai prolisse, scritte a Mecenate, a Giulio Floro, ad Augusto ec. Ed il trovarsene in questa annunziato l'argomento con l'iscrizione de Arte poetica, non basta a spogliarla della qualità di Epistola. Qualunque lettera ha il suo argomento. Lascerebbero forse d'esser lettere, se nella prima a Mecenate se ne proponesse, per cagion d'esempio, la materia col titolo de inconstantia et de pravo hominum judicio, e nella seconda a Lollio con quello de morali philosophia ex Homero deducenda, ed in quella a Fusco Aristio de vitae rusticae tran quillitate? È troppo lagrimevole abuso di tempo il trattenersi in questioni che, comunque decise, non recan danno o vantaggio nè al maestro nè all'arte nè agli studiosi d'apprenderla: onde l'eviteremo al possibile. A Lucio Pisone ed a due suoi figliuoli è indirizzata la presente lettera. La famiglia de' Pisoni Calpurni fu illustre e per l'antichità e per li sommi gradi occupati nella Repubblica. Si credeva discesa da Calpo figliuolo di Numa: e perciò dice Orazio, parlando loro, al v. 292, Vos o Pompilius sanguis. ma, (v. 1.) Humano capiti ec. Ne' primi trentasette versi raccomanda Orazio l'unità del poel'analogia delle sue parti con un tutto solo, e fra di loro: mette innanzi agli occhi, con la stravagante immagine che figura, la mostruosità che ridonda dalla trasgressione di questo precetto; ed accenna le cagioni principali, che ci seducono a trasgredirlo. Solido e necessario insegnamento, che già ci avea dato Aristotile, ma così dai Critici inesperti di poesia sofisticamente spiegato; che, se dovesse intendersi a lor modo, ridonderebbero d'irremissibili errori ed Omero e Sofocle e Virgilio, e tutti i nostri più venerati esemplari. Per isvilupparsi da cotesti pericolosi eruditi sofismi, convien ricorrere all'analisi de' termini, de' quali si è abusato ed intender limpidamente in che sien distinti fra loro il vero dal verisimile: le imitazioni dalle copie: e l'unità poetica dalla matematica: inchiesta troppo lunga per una nota; ma da 155 me prolissamente eseguita ne' primi capitoli del mio Estratto della Poetica d'Aristotile. (v. 9.) Pictoribus atque poetis ec. Vorrebbe Lambino, e con lui Dacier che da queste parole incominciasse un dialogo fra i cattivi poeti ed Orazio; di che non v'è punto bisogno per l'intelligenza del testo. La ragione di Dacier si è che, dicendo Orazio a nome proprio, hanc veniam petimusque damusque vicissim: verrebbe a contar se stesso nel numero de' poeti: avendo per altro mostrato in vari luoghi di non credersi tale. Ma parmi assai chiaro, che avendo parlato Orazio in quest' Arte poetica (come Aristotile nella sua specialmente de' drammatici e degli epici poemi, de' quali egli non ha scritto alcuabbia bensì inteso di escludersi dal numero de' poeti di questa specie, ma non perciò da quello de' lirici e de' satirici. Altrimenti cadrebbe in troppo manifesta contraddizione, quando altrove si vanta d'aver distinto luogo fra questi: particolarmente nel principio dell' Epistola XIX del lib. primo a Mecenate. no; Libera per vacuum posui vestigia princeps, Decipimur specie recti ec. |