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(33) Vegg. Bulla Eugenii Tom. XXI. Colle&. Conciliorum

col. 638. Edit. Zattae.

(34) Presso il Tronci Annali Pisani pag. 79., e il Muratori Tom. V. Antiq. Ital. Dissert. 70. pag. 297.

(35) Oldoinus loc. cit., Tronci Storia ms. deile Famiglie Pisane fol. 115., e e Annali Pisani pag. 6%.

(36) Epist. Guidonis ad Wibaldum ante cit.

(37) Epist. Wibaldi ad G. Cardinalem num. 225. col. 409. (38) Epistola superius laud.

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(39) Wibaldo Epist. cit. in fine: Cum haec scripsimus ,, eramus in Fuldensi Monasterio, & a Curia apud "burg recesseramus sic ordinatis rebus, ut magister Henri"cus Regiae Curiae Notarius ad dominum Papam in praesenti transire debeat " Veggasi anche la lettera di Corrado ad Eugenio num. 226. col. 411.

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(40) Il P. Ciacconio presso l' Oldoino, il Tronci Storia cit., e Annali Pis. pag. 82. son di parere, che la morte di Guido accadesse nel 1153., ma i PP. Maurini Martene, e Durand la credono avvenuta tre anni avanti, e non senza fondamento, poichè è certo, che quando Wibaldo scrisse a Gregorio Cardinale, e Legato di Polonia, Guido era già morto poco prima. Or la Lettera di Wibaldo sebbene sia mancante della data dell' anno, da' suddetti PP. Maurini con tutta ragione si fissa all' anno 1150. Leggesi presso l' Ughelli Tom. IV. I. Sacre in Archiep. Januens. col. 86g. una Bolla di Eugenio data Laterani per manum Bossonis S. R. E. Scriptoris il dì 14. Aprile dell' anno accennato. Questo Bossone o Bosone sottoscrisse eziandio altre Bolle de' due anni susseguenti; e sembra ch' egli sottoscrivesse tanto queste, quanto quella a nome proprio, e non facendo le veci del Cardinale Cancelliere, mentre ci ciò non esprime, quando per altro vien' espressa la commissione da Ugone Prete Cardinale, il quale sottoscrivendo un Diploma Pontificio del 1147 per il nostro

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Guido, che è riportato dall' Oihenart Notitia utriusque Vasconiae Lib. I. Cap. 3., dice così: datum apud Cistercium per ma num Hugonis Praesbyteri Cardinalis agentis vicem domini Guidonis S. R. E. Diaconi Cardinal., & Cancellarii. Non si deve però dal fin qui detto inferire o che il Cardinal da Caprona fos se trapassato prima del dì 14. del mese d'Aprile, o almeno che in quel tempo avesse rinunziato la carica per esser molto vecchio, o per altro motivo a noi ignoto: imperocchè, tralasciando per ora di esaminare la cagione, per cui Bosone sottoscrivendo l' indicata Bolla, essendo tuttavia Cancelliere Guido, non esprima di far le veci di lui; che esso Guido non morisse se non se il dì 16. del mese di Agosto è evidente dall' antica Inscrizione, che abbiamo riferita; che poi sino a tanto che egli visse tenesse 1' impiego di Cancelliere, si prova per la sua sua ultima Lettera a Wibaldo, che incomincia Guido S. R. E. Diaconus Cardinalis, & Cancellarius; e che fu data poco prima della sua morte, qualmente si rileva dallo stesso Wibaldo, il quale in tal guisa scrive al Cardinal Gregorio suddetto del nostro Guido di fresco defonto: Cum idem vir beatus nobis proximè scripsit.

(41) Epist. ad Eugenium inter Wibaldinas 219. col. 405. „ Fi"lius vester, noster utique amicus Guido Cardinalis 99.

(42) Epist. ad Eugenium inter Wibald. 56. col. 233.: Vestra discretio meminisse debet, quod pater noster eandem sororem suam Poloniae Ducem) Cancellario vestro viro utique sapienti, & honesto, nobisque carissimo in manum commisit.

(43) Vegg. Epist. ad Gregorium Cardinalem toties land. & Epist. 162. ad Episcopum Havelbergensem col. 328.

(44) Paolo Tronci loc. cit. riporta l' appresso Inscrizione da se veduta nella mentovata Chiesa :

Guidoni Cancellario Diacono Cardinali Pisano, qui

Altare majus Laius Ecclesiae construi fecit.

LUCIO DRUSI

SE

E fra tutte le Lingue, che al giorno d'oggi in Europa si parlano, i Giudici imparziali del buon gusto attribuiscono il primo luogo alla Toscana Favella (1), siccome a quella, che per la dovizia de' semplici vocaboli, e de' modi di dire non è meno ricca della Greca e dell' Araba stessa, per l'armonia degli. uni e degli altri, sì nella prosa, sì nel verso, sembra, che sia formata nel Coro delle Muse, e per la maestà dell' elocuzione si fa sentire non indegna del Greco Coturno sulle Scene, e della Toga Romana su' Rostri, non è certamente piccola gloria alla Città di Pisa il potersi vantare di aver prodotto Lucio Drusi, il quale meditò di gittare il primo le fondamenta di sì nobile edifizio; e al conceputo disegno si vedde compiutamente risponder l'effetto. A ben comprendere la difficoltà di ridurre in sistema un Dialetto dell' Italia circa il dodicesimo secolo dell' Era nostra volgare (2), quando cioè sarebbe a noi paruto di udire non gli Uomini parlare, ma i Mostri latrare (3), fa di mestieri, per poter quindi venire allo scopo del nostro ragionamento, rappresentare, come in prospetto, le strane vicende della Lingua, che dopo l' ingrandimento de' Romani divenne la dominante in tutto il bel Paese,

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Ch' Apennin parte, e 'l Mar circonda e l'Alpe (4).

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venne

Sebbene per l'eloquenza di Cicerone, e degli altri aurei Scrittori, che in quel torno fiorirono, fosse portata la Lingua Latina a quel grado di perfezione, a cui nessun' altra delle dotte, se la Greca si eccettua, pernon si mai; pure, siccome dopo il Boccaccio parlò in tutta l'Italia, nè da tutti i Toscani la nostra gentil, favella con la purità, a cui la ridusse Messer Giovanni, così quella in Roma stessa, non che ne' Municipj, nelle Colonie, e nelle Provincie, nel secolo medesimo di Cesare, e di Augusto, non si faceva sentire nella bocca del volgo con proprietà e sceltezza di voci, e con acconcia composizione di parole, siccome usciva dalle labbra de' Dotti. Per ben parlare e con dignità una lingua, primo testimonio della cultura in una Nazione, non basta l'apprender semplicemente i vocaboli da' buoni Scrittori usati; conviene altresì saperne istoricamente la Criti ca, e possedere a fondo la materia, che forma il soggetto del parlare e dello scrivere. Mancando questi due requisiti, è al tutto impossibile, che chi parla o scrive, usi la proprietà de' vocaboli, e li componga in modo, che uno abbia la debita coerenza coll' altro. Ora da un Popolo, per quanto in esso fioriscano gli studi dell' Umanità, le utili Scienze, e le belle Arti, non si può a buona equità pretendere, che, come si ragiona dagli Eruditi, così dal Popolo minuto si parli: e non potendosi ideare, non che formare, se non come la Repubblica di Platone, Città ripiena solamente di Letterati senza idioti, perciocchè senza questi non possono quelli sussistere, quindi è, che da che da un orecchio ascoltiamo chi col dolce favellare a guisa di Sirena ci alletta guisa di Sirena ci alletta e incanta,

dall'altro siamo costretti di sentire chi, come dice il Comico (5), parlando pietrate, offende gravemente l'udi tó. Essendo adunque per necessità in un Popolo, tuttochè cultissimo, insieme colle nobili voci de' Dotti le igno bili ancora degl' indotti, ove per l' indole delle umane cose, le quali giunte al sommo cadono precipitosamente al basso, scema il numero de' primi, e nello scarso numero di essi illanguidisce lo studio di tutto ciò, che forma il buon gusto, crescendo in conseguenza il numero de' secondi, la lingua ancora, ancora, che in sostanza riceve l'esser suo dall' uso de' più (6), abbandonato l'eminente grado di nobiltà, ove ove maestosamente sedeva, scende alla bassa condizione del volgo. Scemò il numero de' primi, e crebbe la folla de' secondi, allorchè ne' petti Romani all' antico valore subentrò la mollezza delle Corti Asiatiche (7); e Roma divenuta padrona di quasi tutto il Mondo allora conosciuto, ricevette nel suo seno forestieri di ogni luogo, e vi prestò ricetto a tanta feccia di servi. Dalla mollezza ne venne l'indebolimento degli spiriti, onde non furono più capaci di quelle forti immaginazioni, che prima; e dal miscuglio di tanti forestieri e servi, i quali non sapevano il linguaggio del Paese, ma pure la ragione del consorzio esigeva, che a loro, e da loro si parlasse, ne derivò l'universale depravazione del buon linguaggio.

fino

All'affluenza dei vocaboli stranieri, colà portati dalle più rimote contrade, si aggiungeva un' altra sorgente di perenne infezione, per la quale non potea il Latino Idioma in quella purità preservarsi, a che Cicerone l'aveva con tanto studio, e con tante Opere ridotto. Ave

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