PREFAZIONE Non ad iuratos reges Troiaque cadentes M. MANIL. Astronom. lib. III, v. 38. Ma che; una traduzione di Persio ancora ? Ancora una interpretazione? Si, o Lettore, nè t'incresca di tanto: non mi si apponga ad orgoglio, o a minor conto degli altri. Scrissero, è vero, di questo astruso Poeta, e con dotta penna lo ricastigarono i chiarissimi Koenig e Perrault, poi colle Francesi Traduzioni loro gl' illustri Desportes e Lacroix : lo volse, è vero, nella favella nostra, é con quella mano maestra che ognuno conosce, Vincenzo Monti: ma pure, confessalo, o Lettore, Persio va tuttavia per le nostre mani non fatto chiaro abbastanza; vaga fra di noi non ancora vestito della naturale sua veste, per quanto gaja ed elegante quella che dall'ultimo s'ebbe. Guardala, poi mira addentro l'anima di lui, l'abito, il costume suo, e penso che meco più facile ne converrai. Persio egli è un Quaquero che per ogni mille parole non ne risponde che una : scriveva il Monti nella sua Prefazione. Or bene, se desso è tale, e perchè mai un tanto stemperar di concetti, o tale un abbondar di parole, qual'è nelle Versioni, però sempre stimabili, del Salvini dello Stelluti e del Silvestri? Persio tentò le sue Satire col verso eroico: diceva il dottissimo de' Commentatori l'illustre Casaubuono (1). E se così è, come pur bene si avvisa; se quegli dettò un Verso Eroico e pressochè Tragico; perchè a questo Quaquero taciturno e severo, a questo Stoico grave secco accigliato, porre una veste per lo più così lenta e leggiera come fa il Monti? Perchè se burbero e iroso anche nel riso, porre in sua bocca un dire facile, ameno, quale a gran pena affarebbesi a Orazio, pur sempre arguto e scorrevole, sempre scaltrito motteggiatore? Perchè, dico in fine, uno stile comico e basso ad esprimere a noi quel suo nobile e tetro corruccio, quel suo degno dispetto, che già contro del Vizio lo inanimirono? Orazio, Persio, Giovenale scrissero Satire al Popolo di Roma; Plauto e Terenzio Commedie; Seneca Tragedie: io non veggo lo stile e i sentimenti degli uni punto conformi alle maniere, ed ai concetti degli altri. Alla moderna Italia nostra lasciarono Satire il Vinciguerra, l'Ariosto, il Soldani, il Bentivoglio, l'Adimari, il Nelli, il Menzini, per non dire di cento commendevolissimi; Tragedie ci dierono propriamente il Maffei, l'Alfieri, e lo stesso (1) Vedi il suo Commentario. Sat. I, v. 67. |