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compilò le proprie, nel mentre delle Gajane si accontentò di porre alcuni pochi frammenti nelle Pandette le quali contengono ben 355 brani raccolti dalle varie opere di questo insigne e fecondissimo scrittore, maestro di quei sommi che furono Paolo, Ulpiano e Papiniano.

In modo straordinario s'era conservato in Verona nella Biblioteca Capitolare un Codice rescritto in cui erano le genuine Istituzioni di Gajus, sconosciute per altro fino ai giorni nostri, attesochè fossero ove una volta, e ora ben due volte coperte dall' Epistole di S. Gerolamo. Questo palimsesto in pergamena consta di pag. 251, ognuna di linee 24, in cattivo stato, giacchè fu in altri tempi dimenticato in una cantina, ov'era con infiniti altri libri e codici in casse riposti; le lettere sono di quella forma che li diplomatici chiamano unciale. Abbiamo osservato che le due pag. 235, e 236 non hanno che la scrittura antica senza sovrapposizione alcuna, ma parecchie pagine sono a tale ridotte oggidì, da rendere quasi disperata ogni ulteriore, per quanto pazientissima, indagine che intorno a quelle si faccia.

Già il celebre Scipione Maffei ed anche il Bibliotecario Don Masotti avevano rilevato, e pubblicato che questo Codice col N. XIII dovesse contenere importante materia giuridica, il primo aveva fatto un facsimile benchè incompleto del foglio XCVII de praescriptionibus et de interdictis, e fu dietro le loro indicazioni che Haubold stampò. a Lipsia nel 1816 la sua

ex commentariis Caji nostri, tam Institutionum, quam rerum quotidianarum, aliisque multis commentariis compositas etc. Proemium Institutionum Justiniani §. 6.

notitia fragmenti veronensis de interdictis, e che Niebhur nell' anno medesimo inviato essendo dal Re di Prussia a Roma si è soffermato espressamente qualche giorno in Verona, ove valendosi di mezzi chimici molto efficaci riuscì a discoprire meglio del Maffei ciò che nel foglio XCVII era tuttavia coperto dalle grosse lettere dell' Epistole di S. Girolamo. Egli dunque ne trasse copia che spedì a Savigny e questi riconobbe il brano de praescriptionibus et de interdictis siccome parte dell'opera desideratissima di Gajus, di cui si avevano già ab antiquo li sopr' accennati frammenti, e l'Epitome di Aniano. Le quali cose appena in Germania furono palesi, si levò fra quei dotti una cotanta aspettazione circa il Codice Veronese e la preziosa sua materia che fu d'uopo soddisfarla, e la Regia Accademia Prussiana delle Scienze ha inviato per ciò in Verona li proprj soci Bekker, e Göschen, col mandato di procedere oltre nelle indagini e di recare a qualche termine quanto era stato così bene iniziato dal Niebhur.

Nel mese di Maggio 1817 adunque quei due eletti mossero da Berlino ed arrivati in Verona furono accolti alla Biblioteca Capitolare, ove usando mezzi chimici ed ottici, con inenarrabile industria, perseveranza ed acutezza di continuo lavorando a questo unico intento fino alla metà dell' Ottobre successivo, poterono ricuperare alla luce a linea per linea, a lettera per lettera, e a frammenti di lettera, circa otto none parti del Codice; ne fecero dessi un facsimile che recarono seco loro ritornando in patria onde potere a bell' agio proseguire nello studio e nelle indagini, fino al punto di chiarire coll' eletta dei filologhi e giuristi Alemanni ansiosi tutti di cooperare al pieno risultato di questa

inaspettata scoperta li punti ancora dubbj o quasi indiscernibili.

Se consideriamo quanta fosse stata la celebrità delle Istituzioni di Gajus nell'epoca stessa in cui il diritto era giunto alla massima perfezione; se consideriamo che finalmente il diritto classico andava ad essere ai giorni nostri disvelato nella sua purezza e senza le alterazioni recatevi dai barbari compilatori e dai bizantini; se consideriamo che tante opere di faticosa erudizione anche moderne si sarebbero vedute crollare dalle fondamenta dietro forse una sola parola di Gajus, e così non poche false teoriche contraditorie involute od oscure per insufficienza di dati; e che più coerenti dottrine avrebbero potuto risplendere agl' ingegni cupidi del retto e del vero; se consideriamo la luce ch'era d' attendersi da una tale pubblicazione eziandio riguardo ai costumi ed alla società di quei tempi, e l'interesse massimo di conoscere a fondo le alterazioni nelle singole materie subite dal diritto fino alla compilazione Giustinianea, e in quali modi ciascuna istituzione si fosse cangiata o modificata a seconda dei movimenti sociali, e delle circostanze, se teniamo conto di tutto ciò, non faremo le meraviglie della febbrile impazienza e del permanente ardore pel capo lavoro Gajano presso una nazione come la Germanica, ove questi nobili studj sono grandemente coltivati ed onorati, e costituiscono per la medesima un titolo ben giusto all'ammirazione del mondo.

Proseguiamo nella intrapresa narrazione. Un giovane studente di Diritto, divenuto poi celebre, Hollveg, volle associarsi spontaneo nella laboriosa missione, e

Bekker potè così recarsi all' Ambrosiana di Milano a fare altre ricerche su quei Codici.

I tre dotti Prussiani (seguiti fino ai nostri giorni da tanti altri che vengono tuttavia, quai pellegrini della scienza, da ogni parte d'Allemagna a contemplare con emozione il codice, dalle fatiche e dagli studj dei loro nazionali mirabilmente dicifrato ed illustrato) si lodarono molto degli uffici e delle cortesie dei Monsignori Canonici, nonchè dell' abate Giuseppe Zamboni Professore di Fisica, e del Conte Ignazio Bevilacqua Lazise; incaricato quindi Göschen dall'Accademia Berlinese di pubblicare l'opera colla stampa, ciò egli eseguì in Berlino nell'anno 1820 presso G. Reimer col titolo seguente: Gaii Institutionum Commentarii IV, e codice rescripto bibliothecae Capitularis Veronensis, auspiciis Regiae Scientiarum Academiaę Borussicae nunc primum editi, accedit Fragmentum veteris jurisconsulti de jure Fisci ex aliis ejusdem bibliothecae membranis transcriptum cum tabulis aereis.

La riconoscenza degli Accademici di Berlino verso li Reverendissimi Canonici proprietarj della Biblioteca si è poi palesata con lettera del Novembre 1820, il cui tenore non è senza qualche importanza per le particolarità che contiene, e perchè indica in quanto pregio fossero tenuti ognora più dall' insigne Accademia la fatta scoperta ed il conquistato tesoro; epperciò stimiamo che ai lettori nostri non rincrescerà di leggerla in nota (1).

(1) Eceovi restituito il vostro Gajus, Reverendissimi, Illustrissimi ed Egregi Canonici del Capitolo della Chiesa Vescovile

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È singolare cosa che di un Giureconsulto tanto celebre, poco o nulla ci fosse tramandato, sia riguardo

di Verona, che affidaste alle nostre cure ed alla nostra fede, tale quale abbiamo sperato che dovesse riuscirvi meglio accetto, giacchè padroni e dispensatori essendo per divino potere e per virtù dei maggiori vostri di una ricca e abbondante letteraria suppelletile, non tenete occulti tali tesori che ponno essere di così grande profitto all' universale, e nemmeno invidiate a coloro che sono abili a disvelarli, ma ponete in conto di onore vostro, se ora piuttosto che poi vengano pubblicati, acciò se ne raccolgano presto buoni frutti a gloria di Dio immortale, per l'incremento degli studj, e per l'istruzione dei validi ingegni. Egli è perciò che transitando per la Città vostra, ora sono passati quattro anni, B. G. Niebhur nostro socio e tanto benemerito per dottrina e per zelo degli studj, nella occasione che recavasi a Roma quale inviato del Re nostro al Sommo Pontefice, ed avendo manifestato desiderio di conoscere la celebratissima vostra Biblioteca, voi gli avete acconsentito, come se fosse stato dei vostri, dandogli licenza di farvi entro accurate indagini, copiando pure ciò che gli avesse meglio piaciuto; onde avvenne che di questo preziosissimo Codice (di cui una parte aveva fatto conoscere Scipione Maffei, onore di Verona, quasi abbia voluto egli offrirne al mondo le primizie) si sono potute rilevare altre parti, mercè la sagacia e la pazienza di quell'uomo sommo, ch'erano da sovrapposti caratteri prima coperte. Nè qui si ristettero le benemerenze vostre; giacchè non celaste per questo il mirabile palimpsesto, (altri forse lo avrebbero occultato) nè per un male inteso amore patrio l'avete, affidandolo a mani inesperte, voluto premurosamente pubblicare, ma avendo risaputo invece che presso noi vi fossero uomini dediti a questi studj dell'antico diritto, i quali s'affaticano dopo la dejezione in cui caddero nel passato secolo, a riporli in onore, non esitaste a permettere, secondo la grandezza del vostro animo, che stranieri, quali erano quelli da noi raccomandativi, penetrassero pure nei vostri recessi, esaminassero con loro comodo questo Volume unico nel genere suo in tutto l'universo, e vi studiassero addentro tanto da poter

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