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viveremo quel segno che già fu cittadino tra i nostri antichi; piuttostochè lasciar senza segno la cosa, o introdurlo forestiero? Ma sia vera la necessità; e la senta lo stesso lettore che non senza cagione dee lo scrittore obbligar me italiano, di ricorrere al vocabolario, per ravvisare la faccia d'un vocabolo della mia lingua. Se nel vocabolario acquisterò sotto un nuovo segno una idea nuova; ringrazierò lo scrittore, che ad una mia ignoranza ha soccorso. Ma s' egli non mi avrà fatto acquistar altro che un morto, e inutil, sinonimo d' un segno già da me conosciuto, d'una idea che già avevo; odierò l' incivile e importuna pedanteria dello scrittore, stoltamente ambizioso. Questa sorta di vocaboli non può mai esser di materie comuni, ma di scienze, di arti, o di mestieri. Un' altra opinione è ripetuta molto da gente che si credono saputi: che le lingue vanno aumentando col tempo; e perciò i secoli che più sanno, più sono di lingua copiosi: e così il trecento dev'essere più infacondo che i più dotti secoli a lui succeduti. Ma qui è un equivoco. Le scienze e le arti portando nuove cose han recato nuovi segni. Ma ciò quanta parte è della lingua universale? Guarda allo esprimere i pensieri e gli affetti; che sono la più abbondante e la più generale materia della lingua: e vedrai (e l'esperienza di quegli scrittori te ne farà certissimo) che i trecentisti furono di ciò ricchissimi; e poveri i successori. Cominciò il cinquecento ad abbandonare l'uso di più d'una metà di quella felice lingua: quindi il non saper più esprimere tante e tante proprietà e differenze delicate: quindi il bisogno di ripetere (con sazietà molesta) frequentemente le stesse parole e maniere: dove tanto rapisce la beata varietà e abbondanza e finezza de' trecentisti. Vedrai come sono teneri e amorosi quegli scrittori ; e spesso ancora, nella sua amabile semplicità, dignitosi e forti, e magnifici ! Come freddi e scoloriti gli altri dopo loro!

Io dunque ti consiglio d'incominciare il tuo studio dalla lingua; e la lingua impararla da quelli che la seppero buona e copiosa, i trecentisti.

Debbo io leggerli tutti ? Non dirò tutti; ma quanti

più potrai e dare ad essi tre o quattro di quei dieci anni, che sei disposto di spendere nello studio dell' arte. Nè contristarti perciò; pensando che sterile, e in acquisto di nude parole ti debba passare questa lunga lettura.

Distinguerò in due classi le scritture di quel secolo: originali e traduzioni. Il primo pregio di utilità tra le originali darò alle istorie, o cronache, o racconti. Gran profitto faresti se avessi cuore di prendere nella gran raccolta degli scrittori Rerum Italicarum fatta dal Muratori tutto ciò che vi è di scritto Italiano; cominciando dal IX volume, e seguitando fino ai tre che in Firenze e in Faenza vi furono aggiunti. Niuno artificio di eloquenza hanno quegli scrittori: ma è pura e schietta la favella: e con molta persuasione rappresentano le cose che videro. In fine di quella lettura ti troveresti acquistata una vera conoscenza dello stato d'Italia, quando ella fu potente, e ricca, e la più civile delle moderne nazioni. Uno scrittore dee aver per fine di contribuire, per quanto può l'ingegno, al miglioramento della sua nazione: e a far questo bisogna conoscer bene ciò ch' ella fu nel tempo della sua maggiore attività. Dunque, se ti cale di conoscere le origini della nostra lingua (e certo è meglio saperle che ignorarle) leggi quel non molto che fu scritto prima di Dante: almeno il libretto de' poeti antichi, Il Novellino, e il Tesoro di Brunetto Latini. Questo è la vera enciclopedia del suo secolo: benchè la traduzione del suo originale francese, è di parecchi anni posteriore alla sua morte. Ma dopo il Novellino, che è la più antica prosa italiana, e dopo i poeti antichi, e la traduzione di Albertano Giudice, e la guerra di Troia tradotta da Guido delle Colonne Messinese (per conoscere gli agresti principii della lingua) e prima del Tesoro di Brunetto, leggi secondo l'ordine Muratoriano i Cronisti. Il primo, che è Dino Compagni, coetaneo di Dante, vedrai se manca di molto ad essere un Sallustio Italiano. Vero è che gli altri seguenti gli sono molto inferiori d' ingegno. Prima del Compagni leggerai Ricordano Malespini; e dopo il Compagni l'Anonimo delle Storie Pistolesi e i due fratelli Giovanni, e Matteo Villani; ricchi di notizie, ric

chissimi di lingua. La lettura del primo Villani, e de' suoi antecessori, ti avrà talmente istruito delle condizioni e de' fatti e delle persone di quel secolo; che poco ti bisogneranno altri Commenti a bene intender Dante. Ma prima del sacro poema (pel quale o non cede ad Omero, o cede a lui solo), leggi le sue rime, la sua vita Nuova, il suo Convivio. Cosi meglio entrerai nelle sue cantiche; le quali sono libro da rileggere per tutta la vita. Dopo i Villani, e prima di Dante avrai letta l'opera del suo maestro Latini, il Tesoro. Letto Dante, ripiglierai i Cronisti sino al fine. E a questa lettura andrai, se ti piace, inframettendo le opere letterarie: le quali, come dissi, sono in gran parte traduzioni. E non ti maraviglierai; pensando che la letteratura di tutte le nazioni è cominciata dal tradurre. Senza eredità non può essere gran ricchezza. Solo dei greci non si sa da chi traducessero ma è credibile che anch'essi tradussero. Rimane l'opera di Horapollo egiziano dei geroglifici tradotta in greco; sebbene in tempi assai bassi per la Grecia. I nostri buoni Italiani non tradussero originalmente dal greco; ma italianizzarono le traduzioni di altri popoli. Il più tradussero immediatamente dal francese e dal latino. Le opere francesi furono la maggior parte devote; e però di materia gradita a quel secolo, intolerabile al nostro. Io non esigerò che per imparare la lingua ti annoi nelle divozioni troppo semplici e goffe di quel secolo. Di tante opere ti raccomanderò una sola : i quattro volumi delle Vite de' Santi Padri, volgarizzate da Domenico Cavalca: le quali per me sono la più perfetta prosa del trecento e dove non solamente è aurea la lingua; ma prezioso lo stile; puro, dolce, armonioso, nobile, affettuoso. Anche l' operetta de' Fioretti di San Francesco, ha mirabili grazie di stile.

Molti autori latini, di prosa e di verso, furono volgarizzati in prosa in quel secolo. E queste traduzioni mi paiono da studiare, confrontandole cogli originali. È vero che spesso i traduttori, per debolezza, più spesso per avere cattivi testi (e non ancora corretti dalla diligenza erudita del quattrocento e del cinquecento), sbagliarono nel senso: ma anche spesso fanno stupire per la grande proprietà ed effica

cia colla quale la loro semplicità esprime cose che a noi darebbero non poco da pensare. Le dire più voluminose opere tradotte in quella età, sono due pessime e insopportabili opere. La Città di Dio, tradotta da un Anonimo; e i Morali di Gregorio Papa, tradotti da Zanobio da Strada, insigne letterato di quei di; la cui fatica interrottagli dalla morte, fu continuata da un altro. Se l'opera di San Gregorio non fosse veramente uno dei limiti della demenza umana, quanto volentieri si leggerebbe quella traduzione; che è della bellissima prosa italiana. La Città di Dio manca quasi sempre di senso in italiano: e pare impossibile che uno scrittore duri tanto a scrivere senza sapere quello che si dica. O non sapea il latino; o ebbe un testo corrottissimo. Nondimeno dell' una e dell' altra opera assaggerai un poco; almeno per sapere che cosa sono. Devi leggere le Novelle di Francesco Sacchetti, e del Pecorone : queste son molte volte esempio graziosissimo di pura e amabile narrazione quelle in più negletto stile fanno viva pittura de' costumi pubblici e privati di quel secolo. In somma de' trecentisti quanti ne leggerai, tanto guadagnerai di buonissima lingua: il profitto sarà doppio in quelli che o traducono dal latino, o raccontano fatti. I due volumi del Catalogo di Gaetano Poggiali ti daranno indizio di tutti cotesti scrittori. Guardati però dal credere opera di quell'aureo tempo La guerra di Semifonte =; che è una impostura (e mal eseguita, e con affettazione pessima) nel fine. del seicento, o nel principio del settecento. Non mi dilungherò qui a dimostrarlo; il che ho fatto in altra scrittura: ma dopo lunga lettura de' puri e schietti trecentisti avrai tu stesso acquistato bastante giudizio per discernere da te. Le = Annotazioni dei Deputati al Decamerone = scritte da quel purgatissimo e finissimo giudizio di Vincenzo Borghini, ti daranno abilità e uso di notare e scorgere il fino dell' antica e genuina lingua negli scrittori di quella ottima età. Devi certamente leggère tanto le poesie quanto le prose del Boccaccio; che sono tutte ricchissime di squisita lingua ma persuaditi che è viziosissimo, e non da imitarsi il suo stile; di che tra poco ti discorrerò: e vedrai quanto Giord. Opere. IV.

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è lontano dalla semplicità naturale e scorrevole di tutti gli altri suoi contemporanei: i quali tutti nelle Vite de' Padri vince il Cavalca; il quale scrivendo come gli altri con abbondanza di cuore, e senza niuno stento, nè anche apparenza di studio ; ha una condotta, una dignità, un suono; che beato chi oggidì potesse imitarlo.

Tre o quattro anni di lettura de' trecentisti ti avran fatto un assai buon capitale di lingua, cioè di vocaboli e di frasi, genuinamente e graziosamente Italiane. Ora conviene imparare a metterlo in opera. Conviene con questi così belli e morbidi abiti imparare a vestire i pensieri. E a tale studio nel quale la tua memoria ben provveduta dee servire al tuo giudizio, che si andrà coll' esercizio formando e purgando e raffinando, devi donare altri tre o quattro anni. Nè devono essere tuoi i pensieri che ti proverai a colorire : ma già disegnati, e con altro colore dipinti da migliori teste. Sai che s' impara a dipingere prima copiando quadri di eccellenti pittori ; poi colorando disegni di maestri ottimi: infine si prende sicurtà di colorire le proprie invenzioni. Perciò ti consiglio che traducendo dagli ottimi impari a scrivere. E credimi che quest' ordine è necessario. Se un uomo deve ad un tratto stare intento nel trovare i concetti, e maturarli, e comporli insieme, e distribuirli, ed esprimerli, e pennelleggiarli; non può tante cose condurre insieme con egual cura e perfezione. Conviene dunque ch' egli prenda una tela di pensieri già benissimo disposti; e scarico di questa gravissima cura, attenda solo a vedere come un ottimo scrittore nella propria lingua li colorò, e cerchi nel suo idioma i colori rispondenti; e nel collocarli segua l'esempio dell' originale. Inoltre se nel principio di esercitar l'arte scrivi del proprio, è facilissimo che tu prenda un vizio difficile poi a correggere; che non venendoti facile il dire quello che propriamente vorresti, ti pieghi a dire quello che puoi: vizio che troverai frequentissimo ne' mediocri scrittori; cioè nel maggior numero poichè solamente dei grandi e vigorosi è poter dire quello che vogliono, e come vogliono. Ma trasportando tu nella tua lingua ciò che fu detto da un eccellente scrittore, se mai dici di

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