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sare altrui è di pochi, i quali ciò abbiano acquistato con buono ingegno, e molto artificio, e lungo esercizio. Tu hai venti anni; e sei maturo a cominciare questa fatica: ma non persuaditi di dovervi durare meno di dieci anni; a volervi riuscire non mediocre. E qual altra delle belle arti potresti conseguire in minor tempo ? Nè la perfezione di questa è più facile di nessun' altra. Nè si trova grande utilità o gloria dal mediocre. Anche, per molte ragioni, non è bene che l'uomo prima de' trent' anni pubblichi i suoi studi immaturi.

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Tu dall'uso della vita, dalla conversazione degli uomini, dalle letture, dalle tue meditazioni, sei già pieno di molti pensieri e molti ancora più ne andrai acquistando. Già conosci le opere della natura; e l' uso che può farne l'uomo. Conosci in gran parte quel che sono gli uomini, e quello che in diversi tempi e paesi hanno fatto. Cominci ad intendere quel che potrebbero e dovrebbero fare. Le scienze ti han dato l'abito di ordinare e dedurre le tue idee la storia ti ha mostrato le cagioni e gli effetti delle umane passioni. Spero che avrai letto i quattro volumi dell'Etica di Giacomo Stellini; che racchiudono il meglio dell' antica e della moderna sapienza e gl' Italiani hanno gran torto di trascurare un tal maestro. Ti credo preparato allo studio di quest' arte nobilissima, bellissima, trionfatrice delle tirannidi e dell' obblio. E se pur accadesse che poi la fortuna o il tuo consiglio ti distogliessero dall'esercitarla; non perciò andrà perduto lo studio in essa collocato perchè tale studio avrà perfezionato d' assai le tue facoltà intellettuali e morali e potrai cavare e frutto e diletto molto maggiore dalle opere altrui; che non possono quelli che non conoscono l'arte.

Due popoli furono in essa eccellenti; de' quali uno superò tutti di potenza, l'altro di gentilezza e tuttavia rimangono maestri dell'arte, non agguagliati mai di lunga dagli altri popoli, che sono costretti impararla da' greci e da' romani. Tu intendi quelle due lingue: le intenderai più addentro, rileggendo quegli scrittori per imparare da essi a potere ottimamente scrivere italiano.

Tutto lo scrivere sta nella lingua, e nello stile; due cose diversissime, egualmente necessarie. La lingua sono i vocaboli e le frasi segni delle idee. Lo stile è la distribuzione delle idee, la collocazione dei segni ; con tale arte che producano il maggiore e migliore effetto; cioè di essere il più facilmente, il più profondamente, e il più volentieri accolte nell' animo di chi legge. I vocaboli e le frasi sono i colori di questa pittura; lo stile è il colorito.

Ora persuaditi, caro Eugenio, che l' acquisto de' colori sia fatica della memoria: l'uso del colorito sia esercizio d'ingegno, disciplina di buoni esempi, di pochi precetti, di moltissima osservazione, di molta pratica. Dagli Scrit tori Italiani devi necessariamente prendere la lingua: solo nei latini, e meglio ne' greci troverai lo stile. Gl' Italiani hanno una bellissima lingua (e tutte le nazioni se durano qualche secolo civili, formano di necessità una lingua sufficiente): ma in Italia lo stile resta quasi del tutto a crearsi. E potrei dirti da quali cagioni ciò sia avvenuto. Ma sarebbe cosa lunga, e che supera le mie presenti forze 1. Verrà tempo che tu lo intenda per te stesso; e meglio di me. Oh che bello e divino e beato scrittore sarà l' Italiano, che saprà mostrarci in effetto una bellezza di lineamenti greci, e di colori italiani; voglio dire la lingua del trecento, e lo stile dei migliori Greci, che furono da Erodoto a Demostene!

Nel cinquecento fu comunemente saputa la lingua greca: ma quelli che vollero formare l' eloquenza italiana non pensarono punto ai greci, e vollero prender tutto dai latini. Dai quali se volessimo prendere un poco di maestà e di vigore, potrebbe riuscirci, ed apparir bene. Del resto non potremo ricopiar bene coloro dai quali siam troppo dissomiglianti: e noi abbiamo coi greci una somiglianza maravigliosa; sebben vedo che pochissimi se ne accorgono. I greci furono un popolo pittore, come gl'italiani. Milioni di frasi greche farebbero graditissimo effetto nella nostra

1 Vedi nell' Epistolario come avesse a que' di misera la sanità. (E)

lingua, e vi parrebbero native (il che tu a prova intenderai benissimo a suo tempo); dove il latinismo nell' italiano è duro e pedantesco. Il si diverso valore de' nomi, o accompagnati o scompagnati dall' articolo; l' adoperarei verbi all' uso de' nomi; e tante altre cose abbiam noi comuni co' greci, che non ebbero i latini. Poco adunque di vocaboli, e meno di frasi possiamo con bel profitto prendere dai latini. I latini impararono dai greci; e non tutto. Sarebbe grossa pedanteria, o goffa ciarlataneria (com'è de' medici) grecizzare ne' vocaboli ma sarà gentilissimo e fortunatissimo artificio trasportare in Italia quanti più si potranno de' bei modi greci. I quali vedrai se risplendono come gioie anche negli scrittori latini; come in Orazio, in Virgilio, in Lucrezio, in Livio, in Tacito. Ritieni dunque che siccome perfetto scultore è colui che sappia osservare la natura, e in lei scegliere, e lei bene scelta rappresentare; e dell' osservare, e dello scegliere, e del rappresentare si faccia guida i greci, che furono felicissimi di avere una bella natura, e abilissimi tanto nel saperla vedere come nel poterla esprimere: così il perfetto e ottimo scrittore d'Italia sarà quegli che figurerà ne' bei modi greci il buono e vero naturale italiano della lingua de' trecentisti.

Tu imaginerai che se nello scrivere, la lingua è fatto di memoria, e lo stile è uso di artificio; di questo artificio debbono essere trovati molti precetti, e composti molti insegnamenti d'arte. Ho letto molti antichi e moderni che vollero esserne maestri ho perduto tempo, e acquistato noia, senza profitto. Veri maestri ho trovato gli esempi de' grandi scrittori. Leggerai Quintiliano, per conoscere istoricamente qual fosse la disciplina di quest' arte ne' suoi tempi. Nel padre dei Seneca troverai i più sicuri mezzi per corromperla. De' moderni puoi vedere il breve trattato di Condillac, Art d'écrire. Di tutto quel libro, abbastanza buono, m' è rimasto in mente questo solo principio, molto raccomandato da lui de la plus grande liaison des idées Ma in verità sono persuasissimo che in ciò consista più che due terzi della bontà dello stile: dalla mancata osservanza

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di quel fecondissimo principio derivo tutti i difetti de' moderni: da lui deduco in grandissima parte le tante ammirabili perfezioni degli antichi. Vero è che quel legame delle idee non deve sempre esser logico; ma secondo la materia che si tratta dev' esser pittorico o affettuoso di che i moderni intendon pochissimo: gli antichi vi furono meravigliosi. Ma persuaditi che se vuoi penetrare al fondo l'arte di scrivere, ed esercitarla con quella perfezione che glorifica tanto gli antichi; ti bisogna intendere non mediocremente la pittura, e conversar molto con artisti che siano filosofi in quest' arte. Allora ti farai da te stesso le regole migliori e più sicure di scriver bene. Ciò affermo di mia esperienza. Se non sono riuscito scrittore è colpa della fortuna più che mia: ma non cominciai ad intendere qualche cosa di quest' arte, e tentar di farmene maestro a me stesso, e forse trovarne la vera e sicura via; se non quando ebbi aperti gli occhi, e il cuore, e l' intelletto alla pittura. Posto adunque che un vero insegnamento dell' arte di scrivere non l'abbiamo ( ch' io sappia), abbiamo però molte osservazioni che ci possono giovare. I volumi della Enciclopedia Metodica ne' quali è trattata la grammatica e l'e· loquenza ti possono esser utili. Gli articoli rettorici di Marmontel non mi paiono più che mediocri ; quelli di Jaucourt assai meno che mediocri. Ma bellissimi i grammatici di Dumarsais, e di La-Beauzée. E il conoscere e adoperare filosoficamente la lingua è gran virtù di eccellente scrittore. E prontamente si applica alla nostra quel che è notato della francese.

Cominciando adunque il tuo studio in questa cara arte di scrivere, ti consiglio di cominciare, e proseguir sino al fine, quella lettura ; tornando poi a tuo grado a rivedere quegli articoli che più ti saranno piaciuti. Non istimo profittevole quello studio che sia più di otto ore al giorno, o meno di sei. Di queste consiglierei che desti due o tre ogni giorno alla lettura di quegli articoli enciclopèdici; interrompendo con essa lo studio che devi fare della lingua, e preparandoti a quello che poi farai dello stile. Perchè io. giudico che quello della lingua debba precedere. Non si dee

prima sapere qual sia la materia de' colori; poi imparare ad impastarli e mescolarli; poi esercitarsi a collocarli, e accordarli ?

Affermo che la lingua italiana, cioè i vocaboli e i modi veramente nostri e bellissimi, sono negli scrittori del trecento; e là si devono cercare. Mi bisogna qui dirti due cose, a premunirti da molte opinioni false. Molti si fanno ridicoli per adoperare vocaboli disusati e morti. Sciocca e misera ambizione di voler parere dottissimi per sapere qualche paroluzza ignota ai viventi. Ma ingiustamente da questa vanità si argomenta contro la lingua del secolo che fu il più facondo e il meglio parlante in Italia. Tu ritieni per giusta questa considerazione, che tre sorti di parole si presentano allo scrittore. Molte sono anche oggidi adoperate non che intese da tutti: e queste lo scrittore piglia liberamente; nè altro accorgimento gli bisogna che di bene sceglierle, e bene collocarlé. Altre parole sono comunemente intese, ma non comunemente adoperate. E il numero di queste era diventato infinito nel secolo passato: che il non leggere altro che libri francesi, aveva riempito di voci e di frasi straniere l'Italia, e cacciate d'uso le nazionali: e se quell' usanza durava, la lingua italiana avrebbe cessato non solo di scriversi ma d' intendersi in Italia: perchè eravamo venuti a tale che tutti i vocaboli e tutti i modi che esprimessero operazioni dell' animo, (oltre i nomi significanti le delizie della vita, e le usanze della civiltà) erano francesi. In questo secolo prevale una contraria volontà ma a ripigliare un uso lungamente interrotto si richiede assai tempo e fatica. Bisogna che alcuni pochi imparino con fatica dai libri antichi, e oggi dismessi, a scriver libri che i moderni possano legger volentieri; e così lentamente si rimetta in vigore il legitimo linguaggio italiano. Ma del parlare che tuttavia è inteso, benchè non comunemente sia usato, può lo scrittore servirsi a suo arbitrio. Rimangono i vocaboli e i modi che niuno adopera e niuno intende: e da questi dee lo scrittore guardarsi; se pure non è stretto da vera necessità; che la cosa ch'ei vuole esprimere manchi di segno. Allora perchè non rav

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