15 Utcumque praecedes, supremum Iustitiae placitumque Parcis. Nota l'affettuosa ripetizione. 11. Utcumque. È generalmente preso per un sinonimo di quandocumque. Cf. Epod. XVII, 52, Carm. I, 17, 10; ÎII, 4, 29; IIII, 4, 35. Ma si potrebbe qui pensare anche a un sinonimo di ubicumque, conforme all'antico uso locale di ut. Cf. Catullo, XI, 3-4 Litus ut longe resonante Eoa Tunditur unda. · 12. Carpere iter: immagine, pare, nata da questo che ogni nostro singolo passo sembra sottrarre una piccola parte al viaggio che percorriamo. 13. igneae: trasferito da spiritus a Chimaerae. 14. Gigas. È la lezione costante dei codici qui e in Carm. III, 4, 69; emendata inutilmente da chi volle sostituire al nome comune un nome proprio, in Gyges o Gyas. Sebbene gli Ecatonchiri siano tre nella Teogonia esiodea (cf. v. 147 e sgg. Γαίης τε καὶ Οὐρανοῦ ἐξεγένοντο Τρεῖς παῖδες... Κόττος τε Βριάρεως τε Γύης θ ̓ ὑπερήφανα τέκνα· Τῶν ἑκατὸν μὲν χεῖρες ἀπ ̓ ὤμων αίσσοντο), uno di loro fu di gran lunga più celebre tra gli altri, Briareo, che, secondo l'Iliade (I, 402 e sgg.), avrebbe anche salvato Zeus da una congiura di numi contro di lui. 15-16. sic potenti Iustitiae placitumque Parcis: fuori del linguaggio poetico « cosi fu giustamente destinato ». Iustitia è qui la Aíkη della Teogonia (v. 902), figlia di Zeus e di Temide, sorella delle Moipai. 17. Seu... seu: giacchè Orazio, pur non negando fede all'astrologia, come si ricava da questo luogo, ne credeva dannosi gli studii che turbavano col terrore della morte le gioie serene della vita, e si guardava bene dal domandare ai mathematici caldei qual fosse la sorte che lo aspettava, come vedemmo in Carm. I, 11. - Libra. Cf. Manilio, III, 548 e segg.: Felix aequato genitus sub pondere Librae! Iudex examen sistet vitaeque necisque Imponetque iugum terris legesque rogabit. Illum urbes et regna trement nutuque regentur Unius, et caeli post terras iura manebunt. Scorpios. Cf. Manilio, IIII, 553 e segg.: Scorpios extremae cum tollet lumina caudae, Si quis erit stellis tum suffragantibus ortus, Urbibus augebit terras iunctisque iuvencis Moenia succinctus curvo describet aratro, Aut sternet positas urbes, inque arva reducet Oppida et in domibus maturas reddet aristas. aspicit. Propriamente presso gli astrologi sono le stelle che si guardano tra loro nel momento della procreazione. (Cf. Manetone, I, 18: "Hv Kpóvoc Ηέλιός τ ̓ ἄμφω κατίδωσι Κυθήρην ο 109: "Αρεος εἰσβλέψαντος ὁμοῦ Μήνην Παφίην τε); ma da questo concetto si passo presto a quello che gli astri guardassero invece il nascituro, determinandosi forse il passaggio in forza di quella più antica credenza, che gli dei abbiano mirato con sguardo benigno, quando venivano alla luce, coloro che eccellono nell'arte da loro protetta. Il che è già nei canti esiodei. Cf. Theog. 81 e segg.: "Ovτivα τιμήσωσι Διὸς κοῦραι μεγάλοιο Γεννόμενον τ ̓ ἐσίδωσι κτλ. 18. Formidolosus: « pauroso » giacchè, come vedemmo, nascono sotto il suo 20 25 Natalis horae, seu tyrannus Hesperiae Capricornus undae, Eripuit volucrisque fati Tardavit alas, cum populus frequens sguardo i conquistatori e i distruggitori di città. 18-19. pars violentior Natalis horae: giacchè in ogni procreazione è sempre un astro quello Ος ῥά τε δεσπόζει γενέθλης μέγα τε κράτος έχει (Manetone, III, 413). 20. Capricornus. Cf. Manilio, IIII, 791 e segg.: Tu, Capricorne, regis quicquid sub Sole cadente Est positum gelidamque Helicen quod tangit ab illo, Hispanas gentes et quot fert Gallia dives, Teque feris dignam tantum, Germania, matrem Adserit ambiguum sidus terraeque marisque. Sotto il Capricorno era nato Augusto (Svetonio, De vita Caes. II, 94). 21. Utrumque: anche qui per utriusque. incredibili modo: quasi « in incredibile foggia » per l'avverbio incredi biliter. Bada che dopo l'in di incredibili cade la cesura dell'alcaico endecasillabo. 22. Consentit: « s'accorda ». astrum: « stella » per « oroscopo ». E veramente si riteneva ci fossero delle ovvaotpiai dalle quali traevano origine le amicizie. · Iovis: astro ritenuto potentissimo fra i salutari. impio: dannoso ». Saturno era il più potente fra gli astri di maligna influenza. 23. Tutela: « la protezione ». refulgens: « in opposizione ». 24. Eripuit: « strappo ». È da sottintendersi naturalmente Saturno. volucris da accordarsi piuttosto come acc. con alas che come gen. con fati, dato l'uso dei poeti di dividere una dall'altra le parole che il senso congiunge. Cf. Ovidio, Ars am. II, 45: Remigium volucres disponit in ordine pennas. 25. Tardavit: con pensosa malinconia, giacchè il volo della morte può venir ritardato, ma non fermato per sempre. 26. theatris: dat. in dipendenza da Laetum. Il sonus laetus theatris è naturalmente l'applauso. Cf. pel fatto Carm. 1, 20, 3-4. ter: perchè tre era numero sacro e superstizioso. crepuit. E detto dell'applauso similmente in Properzio (III, 10, 4): Et manibus faustos ter crepuere sonos. 27. truncus inlapsus cerebro. Cf. Carm. II, 13. 28. Sustulerat. Spesso nella poesia è anche nella prosa argentea l'azione ipotetica che dovrebbe essere espressa nel congiuntivo (qui sustulisset) viene espressa col piuccheperfetto indicativo. Ne consegue naturalmente una vivacità maggiore al racconto, dove l'azione è rappresentata quasi realmente avvenuta. Cf. Carm. III, 16, 3. Faunus: quel Fauno che, come vedemmo in Carm. I, 17, lasciato il Liceo per l'ameno Lucretile proteggeva i rustici possessi d'Orazio. Nota la delicatezza del poeta che la salvezza di Mecenate fa risalire all'influenza del più possente fra gli astri benigni, là sua al provvidenziale intervento di una umile divinità boschereccia. ictum: la violenza del colpo ». - 30 5 Dextra levasset, Mercurialium XVIII. Non ebur neque aureum Mea renidet in domo lacunar, Premunt columnas ultima recisas Africa neque Attali Ignotus heres regiam occupavi 29. levasset: « avesse reso minore » ritardando con la sua mano la caduta dell'albero, che fu così meno dannosa al poeta.- Mercurialium: << sacri a Mercurio ». V'era in Roma sotto questo nome una società di mercanti (cf. Cicerone, Ad Quintum fratr., 11, 5); ma il poeta chiama così sè stesso e i colleghi d'arte, perchè anche essi sotto il patrocinio di Ἑρμῆς nella sua qualità di λόγιος. 30. Reddere. Cf. Carm. II, 7, 17. 31. votivam: « promessa » o alla Salute o, meglio, a Giove Salvatore. 32. humilem agnam: come si conviene ad uomo men ricco. XVIII. Il poeta confronta la condizione di sè, povero d'averi, ma ricco d'ingegno, con quella di un potente avaro e crudele. Chi sia costui non è dato sapere: anzi è probabile che il poeta parli in genere ai superbi reges di allora, il cui privato sfarzo già vedemmo ripreso in Carm. II, 15. Ad una data poco posteriore al dono fatto da Mecenate al poeta della villa sabina fanno pensare i vv. 11-14. - 1. ebur: per alcuni un equivalente di eburneum lacunar, per altri ogni cosa che d'avorio poteva trovarsi in una ricca casa, anche statue. Cf. Vergilio, Georg. 1, 480. 2. Mea: la casa che forse il poeta ebbe in Roma. Cf. INTRODUZIONE, pag. xxv. Ma si può anche intendere, senza allusione a una vera proprietà, della casa dove egli abitava. lacunar. Sono i cassettoni » dei tecta laqueata che vedemmo in Carm. II, 16, 11. 3. trabes: qui émoτúlia, « architravi ». Hymettiae: cioè del bianco marmo del monte Imetto nell'Attica. 4. Premunt: poggiano su ». — 4-5. columnas ultima recisas Africa: cioè di quel marmo numidico o libico (Cf. Epist. I, 10, 19) che oggi chiamiamo giallo antico. 5-6. neque Attali Ignotus heres regiam occupavi: << nè mi sono accampato nella reggia d'Attalo impreveduto erede ». V'è forse un'allusione a malversazioni che poterono esser compiute da quelli che si recarono come rappresentanti del popolo romano a Pergamo per raccogliere l'eredità di Áttalo. L'erede notus, fa pensare il poeta, era il popolo romano, ma quelli che furono mandati li fecero sperpero d'ogni cosa, costituendosi eredi all'insaputa di tutti (heredes ignoti). E chi sa che l'allusione non ferisse direttamente qualcuno, discendente sfarzoso di quei 10 15 20 Nec Laconicas mihi Trahunt honestae purpuras clientae. Benigna vena est pauperemque dives Deos lacesso nec potentem amicum Satis beatus unicis Sabinis. Novaeque pergunt interire lunae: Locas sub ipsum funus et sepulcri Marisque Bais obstrepentis urges dilapidatori. 7. Laconicas: cioè tinte in Laconia, dove era una purpura di rinomata qualità. 8. Trahunt: « filano ». honestae: «agiate », il che naturalmente fa crescere la dignità del patrono. purpuras: cioè lane tinte di porpora. clientae: femm. di cliens che ricorre già in Plauto. Cf. Mil. glor. 687: habeo eccillam meam clientam. 9. fides: « cetra » o « candore »? Il senso è realmente dubbio. 10. Benigna: « ricca ». Cf. Epod. XIII, 7. 10-11. pauperemque dives Me petit: allusione, secondo alcuni, ad un fatto determinato, alla offerta cioè che Augusto avrebbe fatto ad Orazio di prenderlo con sè come suo segretario. Nota l'antitesi pauperem dives. 12. Deos lacesso: « cimento la pazienza degli dei ». 13. Largiora: « più munifici doni ». 14. Satis beatus: « pago ». —unicis Sabinis: « della sola villa sabina ». Altri invece interpretarono unicis come sinonimo di carissimis; ma assai peggio, giacchè in quel senso l'epiteto non acquisterebbe quel significato restrittivo che pare debba aver qui. Quanto al Sabinis, s'adoperava spesso a indicare un fondo o un podere il nome del popolo che abitava la terra dove il fondo era. Cf. Marziale X, 44, 9: tuis Sabinis; Plinio, Epist. IIII, 6: Tusci grandine excussi, Vl, 1: Tuscos meos petiturum. 15. Truditur: «È cacciato a forza ». L'immagine da quel trudere, che più forte di pellere, acquista, starei per dire, un colorito quasi umano. Al giorno, pensa il poeta, non garberebbe andarsene, ma lo mandano via. 16. Novae: quasi « pur mo' nate ». interire: morire ». Anche questo verbo per il comune occidere attribuisce alla luna quel senso di spavento e di dolore che assale dinanzi alla morte gli animali. 17. secanda marmora. Il marmo si riduceva in tavole per farne pavimenti e incrostarne le pareti. 18. sub: « alla vigilia di ». E non fa bisogno immaginare che fosse avanti negli anni l'ipotetico signore a cui è volta la parola. La morte, secondo la frase evangelica, giunge sempre come il ladro. 18-19. sepulcri Immemor: non metaforicamente per « senza pensare alla morte », ma proprio nel senso di << senza alcun pensiero del sepolcro che, prossimo come sei alla morte, dovresti innalzarti ». 20. Bais obstrepentis: « che rumoreggia 25 30 Summovere litora, Parum locuples continente ripa. Revellis agri terminos et ultra Salis avarus? Pellitur paternos Et uxor et vir sordidosque natos. Rapacis Orci fine destinata Aula divitem manet Erum. Quid ultra tendis? Aequa tellus in faccia a Baia ». Baia era città marina della Campania, celebre per la sua amena posizione e pei bagni termali. urges: « t'affanni ». 21. Summovere litora: « allontanare le spiaggie ». Come questo avvenisse, è detto in Carm. III, 1, 33 e segg. 22. continente ripa: secondo alcuni, lo stesso che terrae continentis ripa « del lido continentale »); secondo altri, che interpretano continens per « continuante » (questo è del resto anche nella iunctura di terra continens il senso originario della parola) « della terra che continua (il mare) », « della terra contigua ». 23. Quid quod. Puoi sopprimere l'interrogazione e tradurre « anzi ». L'espressione serve a introdurre un crescendo, giacchè dalle stravaganze inutili accennate fin ora si passa ora a parlare di vere colpe. - 24. terminos: qui « pietre terminali » che si collocavano ai quattro lati di ciascun appezzamento di terra. Erano sotto la protezione del dio Termine e commetteva sacrilegio chi le rimoveva. 25. clientium « dei tuoi clienti ». Il caso della spogliazione del cliente è scelto tra gli altri apposta, perchè si presentava al poeta come il più grave fra tutti. Come si sa, il patronus era obbligato a difendere il cliens dai soprusi degli altri, e le Dodici Tavole aveano sentenziato: Patronus si clienti fraudem fecerit sacer esto. 26. Salis: « t'avanzi ». Pellitur. Nota come contro l'ordine naturale del Latino il verbo si trovi qui al principio della proposizione. La ragione si ha nella vivezza con la quale il triste quadro della cacciata (tutto il resto sono pietosi acces. sori) si è presentato alla mente del poeta. 28. sordidos: « stracciati ». 29-31. Nulla certior... Rapacis Orci fine destinata Aula divitem manet Erum: « Nessuna reggia aspetta il ricco padrone più sicuramente della rapace morte destinatagli », giacchè finis Orci pare un'espressione derivata dal greco Téλoç Oaváτolo. Ma altri osservano che finis è regolarmente mascolino (Cf. Epod. XVII, 36) e uniscono quindi destinata con aula: «Nessuna reggia al ricco padrone destinata l'aspetta più sicuramente della morte ». Qual immagine poi vedesse propriamente Orazio in Télos Oaváτolo o finis Orci non è facile determinare. Alcuni supposero << la fine che Orco impone », altri « la terra di Orco » ritenendo fine come un equivalente poetico di finibus che potè essere suggerito al poeta dal singolare greco τέλος. 32. Aequa tellus: « la terra nella sua QRAZIO, Liriche, comm. da V. USSANI, vol. II. 4 |