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Litus Etruscum tenuere turmae,
Iussa pars mutare Lares et urbem
Sospite cursu

Cui per ardentem sine fraude Troiam
Castus Aeneas patriae superstes
Liberum munivit iter, daturus
Plura relictis:

Di, probos mores docili iuventae,
Di, senectuti placidae quietem,
Romulae genti date remque prolemque
Et decus omne;

Quaeque vos bobus veneratur albis

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6, 21-24, le preghiere di Apollo ottennero da Giove nuove mura ai profughi troiani e perchè l'oracolo di Delo dette loro il consiglio: Antiquam exquirite matrem (Vergilio, Aen. III, 96). Iliae: per Iliacae. Cf. Epod. 11, 53. 38. Litus Etruscum: la foce del Tevere, il Tuscus Tiberis di Vergilio (Georg. I, 499). tenuere. Sottintendi vestro munere che si ricava dal precedente vestrum. turmae. La turma, propriamente una unità tattica della cavalleria romana, è per un anacronismo poetico trasferita qui ai Troiani ἱππόδαμοι. 39. Iussa pars: << quella parte che ebbe ordine di». È apposizione di turmae. Ma bada di non intendere iussa per iussa a vobis come qualcuno propose su l'analogia di Vergilio, Aen. IIII, 345-346: Sed nunc Italiam magnam Gryneus Apollo, Italiam Lyciae iussere capessere sortes. Una cosa è che Apollo abbia ingiunto ad Enea esule di approdare in Italia, e un'altra ben diversa che da Apollo e da Diana, divinità protettrici di Troia, come verrebbe a dirsi qui, Enea abbia avuto l'ordine di partire dalla patria. Intendi piuttosto iussa a fatis, poichè quelli d'Italia erano per gli Eneadi fatalia arva (Aen. V. 82). Lares et urbem: « le case e la patria » o le case della patria », ma non « i pubblici Lari » che invece pei mari portò seco il pio Enea. 40. Sospite cursu: « con una navigazione che guidava a salvezza ». Hai qui l'ablat. della cosa presa in cambio, come in Carm. I, 16, 25. 41. Cui. Si è fatta la concordanza piuttostochè con turmae con l'apposizione Iussa pars. sine fraude: « illesa ». Cf. Carm. II, 19, 20. Ma si è pensato anche ad un'altra interpretazione, secondo la quale il sine fraude sarebbe qui stato posto per introdurre distinzione tra i profughi a cui Enea aprì libera la via e quelli a cui Antenore comperò invece il passo. In tal caso sine fraude varrebbe << senza macchia ». 42. Castus: « con la sua pietà giacchè non è ozioso epiteto, ma dà la ragione per cui l'eroe fu favorito dai numi. — 43. munivit iter: poeticamente coniato su munire viam: << costruire una strada >>. daturus: non « per dare » con significato finale, ma << destinato a dare» con significato di participio futuro. 44. Plura relictis: « più che non avessero lasciato », Roma invece di Troia. 47. Romulae: per Romuleae. Cf. Carm. I, 15, 10. prolemque. Nota l'ipermetro, giacchè tra il que ed il seguente Et ha luogo la sinalefe. 48. decus: << vanto >>. 49. Quaeque vos

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rem: «averi ».

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...

Clarus Anchisae Venerisque sanguis,
Inpetret bellante prior, iacentem
Lenis in hostem.

Iam mari terraque manus potentes
Medus Albanasque timet secures,
Iam Scythae responsa petunt, superbi
Nuper et Indi:

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veneratur: < quelle grazie di che vi prega ». Veneror è costruito con due accusativi, come oro. bobus albis: « col sacrifizio delle bianche vacche » o « dei bianchi_buoi ». Se non che una difficoltà sorge dal fatto Iche due buoi e due vacche furono sacrificati a Giove e a Giunone nel primo e nel secondo giorno del triduo solenne, mentre ad Apollo e a Diana si offersero nel terzo giorno liba, popana, phthoes. Fu supposto dunque da Teodoro Mommsen che l'inno non fosse cantato dal coro a piè fermo prima sul Palatino e poi sul Campidoglio ma andando processionalmente dal Palatino al Campidoglio e dal Campidoglio al Palatino, che i vv. 37-52 debbano riferirsi non ad Apollo e a Diana ma a Giove ed a Giunone e i vv. 48-52 dovessero pronunziarsi passando dinanzi al tempio degli dei Ottimi Massimi; ipotesi ingegnosa, ingegnosissima anzi, ma che non pare possa giustificarsi col testo marmoreo: sacrificioque perfecto pueris XXVII quibus denuntiatum erat patrimi et matrimi et puellae totidem carmen cecinerunt eodemque modo in Capitolio. Io inclinerei piuttosto a credere che Orazio, il quale, come vedemmo già al v. 14, non si prese troppa cura di procedere d'accordo coi Quindecimviri, abbia attribuito qui ad Apollo e a Diana quel sacrifizio che fu invece fatto a Giove e a Giunone. 50. Anchisae Venerisque sanguis: Augusto, figlio di C. Ottavio e di Azia, nata da M. Azio Balbo e da una Giulia, sorella di Cesare, onde anche in lui era sangue giulio e troiano. 51. bellante. Sottintendi dal verso seguente hoste. · prior: pel comune superior. iacentem: « atterrato ». — 52. Lenis: « clemente ». Senti in queste parole come un'eco della voce divina che da poco aveva taciuto per sempre: Tu regere imperio populos, Romane, memento (Hae tibi erunt artes) pacique imponere morem, Parcere subiectis et debellare superbos (Aen. VI, 851-853); come echi di quella voce coglierai anche nelle due strofe seguenti. Cf. Aen. VI, 792-800: Augustus Caesar, divi genus aurea condet Saecula qui rursus Latio regnata per arva Saturno quondam, super et Garamantas et Indos Proferet imperium... Huius in adventum iam nunc et Caspia regna Responsis horrent divum et Maeotia tellus Et septemgemini turbant trepida ostia Nili. 53. Iam. Il coro scopre già felici segni pel venturo secolo e il suo canto prende a respirare un dolce senso di tranquillità e di pace, il quale consiglia al poeta l'uso della cesura femminile. manus potentes. Noi: «il possente braccio » di Cesare. Cf. Epist. II, 2, 47-48 arma Caesaris Augusti non responsura lacertis. 54. Medus: cioè i Parti, co

stretti da Augusto nel 734 con la paura del suo valore (manus potentes) e il restaurato prestigio dell'impero, che i fasci (secures) simboleggiavano, a restituire le insegne prese in battaglia. Albanas. Il poeta ha voluto ricordare così l'antica madre di Roma e un altro capitolo della storia dei Giulii che regnarono in Alba. Ma i fasci paiono veramente di origine etrusca. 55. Scythae. Cf. Carm. II, 9, 23. responsa: da Augusto, come da un dio. 55-56. superbi Nuper et Indi. Non è

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esagerazione poetica. Cf. Svetonio, De vita Caes. II, 21: virtutis moderationisque fama Indos etiam ac Scythas, auditu modo cognitos, pellexit ad amicitiam suam populique Romani ultro per legatos petendam. 57-58. Fides et Pax et Honos Pudorque Priscus et neglecta ... Virtus: le personificazioni di tutte le virtù che resero beata l'età dell'oro e abbandonarono la terra con lei. Naturalmente Priscus e neglecta non sono da riferirsi soltanto a Pudor e a Virtus, ma ciascuno a tutte le personificazioni enumerate. 59. Audet: « si arrischia a ». — 60. Copia. Cf. Carm. I, 17, 16. Però qui anche Copia (= « l'Abbondanza ») è personificata. 61-68. Augur et fulgente... prorogat aevum. C'è più di un iperbato, onde il pensiero si presenta e nelle sue relazioni con quel che precede e in sè stesso alquanto involuto. La prosa avrebbe preferito questo andamento: Et si Phoebus augur, fulgente arcu decorus acceptusque novem Camenis, qui fessos artus salutari arte levat, Palatinas aras aequus videt (protasi), remque Romanam Latiumque prorogat etc. (apodosi). 61. Augur. Cf. Carm. I, 2, 32. Qui appare singolarmente appropriato l'epiteto, giacchè il dio è chiamato ad inaugurare il nuovo secolo. decorus: « adorno ». 62. acceptus: «grato ». La parola è in questo senso comunemente adoperata riferendosi a un dono (gratum acceptumque). 63-64. Qui salutari ... artus: circonlocuzione a indicare un altro degli attributi di Apollo, (Taιńwv, Taιáv) come dio della medicina. 65. Si... videt: « se egli guarda » il che si spera, ma non si sa. Onde questo Si non ha che fare con quello del v. 37, dove la congiunzione ipotetica ha in realtà significato causale.

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aras: « gli altari ». Altri codici ed editori egualmente bene arces: << le cime >>. 66. Remque Romanam Latiumque felix: « la fortuna dell'impero romano e del Lazio » appartenendo felix egualmente ai due sostantivi. Ma altri intendono felix per nominativo da riferirsi ad Apollo, quasi: «fortunatore ». Cf. Vergilio, Ecl. V, 65 Sis bonus o felixque tuis.

67. lustrum: per « secolo come in Marziale (IIII, 1, 7): Hic colat ingenti redeuntia saecula lustro Et quae Romuleus sacra Terentus habet. (L'analogia è tanto più notevole in quanto il luogo di Marziale si rife risce ai ludi secolari celebrati da Domiziano). Altri pensano invece al periodo di cinque anni, pel quale fu novamente conferito ad Augusto nel 737 l'imperium procunsulare, essendo trascorsi allora i dieci anni per

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Quaeque Aventinum tenet Algidumque
Quindecim Diana preces virorum
Curat et votis puerorum amicas
Applicat auris.

Haec Iovem sentire deosque cunctos
Spem bonam certamque domum reporto,
Doctus et Phoebi chorus et Dianae

Dicere laudes.

i quali egli l'aveva la prima volta accettato. Ma ne resulta un augurio veramente troppo ristretto e meschino. 69. Quaeque Aventinum tenet Algidumque: « signora dell'Aventino e dell'Algido» dove sorsero due suoi antichissimi santuari, il primo fondato dalla lega latina regnante Servio Tullio, il secondo dagli Equi sui monti Albani. 70. Quindecim... virorum: il collegio sacerdotale che addetto alla custodia dei libri sibillini ebbe gran parte nella celebrazione dei ludi secolari. Però nè il numero di questi sacerdoti nè il nome rimase sempre il medesimo. Cf. Servio, Ad Aen. VI, 73: Sane sciendum est, duos librorum Sibyllinorum fuisse custodes, deinde decem, inde quindecim, usque ad tempora Syllana. Post crevit numerus: nam sexaginta fuerunt; sed remansit Quindecim virorum vocabulum. In verità il commentario dei ludi augustei offre più di 15 nomi di Quindecimviri. 71. Curat: lo stesso che curat ducere ad exitus, per una di quelle soppressioni dell'idea principale a beneficio della secondaria che notammo altre volte. Ricorda Deproperare... coronas per « affrettarsi a intrecciare corone » in Carm. II, 7, 24. Naturalmente questo Curat come il seguente Applicat sono verbi di un'apodosi ipotetica la cui protasi è sottintesa e supplita mentalmente, ricavandola dal v. 65, così: Si Palatinas videt aequa aras. puerorum: i fanciulli e le fanciulle cioè che compongono il coro. 72. Applicat: < presta ». 73. Haec ... sentire: quasi in hanc sententiam ire, che

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era la formula tecnica ad indicare il voto favorevole dei senatori. Il coro spera che Giove e gli altri dei tutti consentano nel pensiero (sententia) di Apollo e Diana, favorevole a Roma. 75. Doctus: « ammaestrato » da Orazio, il quale fu il xopodidάσкαλoç, come vedrai in Carm. IIII, 6, 35-36. 76. dicere: < celebrare ». È infinito oggettivo in dipendenza da laudes: « la gloria ».

doctus.

Q. HORATI FLACCI

CARMINUM

LIBER QUARTUS

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I.

1.

Intermissa, Venus, diu

Rursus bella moves? Parce, precor, precor.
Non sum qualis eram bonae

Sub regno Cinarae. Desine, dulcium

Mater saeva Cupidinum,

Circa lustra decem flectere mollibus

Il poeta giunto a cinquanta anni (siamo dunque nel 739) si credeva libero per sempre dalla guerra di Venere. Non è così: una nuova passione gli rivelano le sue lacrime e i suoi sogni per un fanciullo di nome Ligurino. Lo stesso nome ricorre un'altra volta nell'ode decima di questo libro stesso: sicchè riesce più difficile a sostenersi l'opinione di coloro i quali in questo amore vorrebbero veder soltanto una invenzione poetica, quasi un pretesto d'Orazio a spiegare il suo ritorno alla lirica, da tempo abbandonata e ripresa adesso per obbedire ad Augusto il quale gli aveva ingiunto di celebrare le vittorie de' suoi figliastri.

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1. Intermissa... diu: « dopo una lunga tregua ». Intermissa va grammaticalmente unito a bella. diu. Da quando? La poesia è del 739 e i tre primi libri delle odi, nella loro definitiva edizione, del 731; da otto anni dunque, giacchè la Fillide che vedremo in Carm. IIII, 11, fu probabilmente amata dopo Ligurino. (Il poeta la chiama veramente ai vv. 31-32 dell'ode citata: meorum Finis amorum, ma a lui pareva finita già la sua vita amorosa prima di scrivere l'ode 19 del libro primo!). 2. bella moves : << scendi in campo» contro il poeta. 3. bonae: « cortese ». In verità Cinara che è nominata nelle Odi solo qui e IIII, 13, 21-22 e pare una cosa sola con Glicera (Cf. Carm. I, 19, 5), era rapax, ma il poeta uscì dai suoi artigli immunis, cioè <«< illeso» (cfr. Epist. I, 14, 33), il che non vuol dire, come altri esagerarono, che ella gli fosse cortese delle sue grazie, senza alcun compenso, ma che quel compenso fu limitato alla borsa del poeta, giovine e non ricco. 4. Sub regno: « quando fu mia regina ». dulcium in antitesi col seguente saeva. 5. Cupidinum: « Amori ». E per questi Amori cf. Čarm. I, 19, 1, donde il verso è preso tal quale. 6. Circa

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