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Victima nil miserantis Orci.
Omnes eodem cogimur, omnium
Versatur urna serius ocius

Sors exitura et nos in aeternum
Exsilium impositura cumbae.

IIII.

Ne sit ancillae tibi amor pudori,
Xanthia Phoceu. Prius insolentem
Serva Briseis niveo colore
Movit Achillem ;

I, 1, 25. moreris: « t'indugi » aspettando la morte.

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CO

24. Victima: forse vocativo, forse apposizione del soggetto sottinteso tu. Orci. Cf. Carm. I, 28, 20. — 25. eodem: « in un medesimo luogo ». gimur. Hai la medesima immagine della greggia che in Carm. I, 24, 18: Nigro compulerit gregi. versatur urna; allusione a un'antica maniera di trarre a sorte. Si gettavano in un elmo o in un altro recipiente pietre o cocci segnati o coi nomi in qualche altra maniera e si agitava il recipiente finchè una delle sorti cadesse fuori (Cf. Il. III, 316 e VII, 175). serius ocius: « prima o dopo » da unirsi con exitura. 27. aeternum. Nota la sinafia del terzo verso col quarto, dalla quale, come in Carm. III, 29, 35, discende un senso di rassegnata tranquillità. 28. cumbae: la navicella cioè di Caronte. E dativo retto da impositura. IIII. Il poeta esorta in istile eroicomico Santia a non vergognarsi del suo amore per un'ancella. Di questo Santia nulla si sa: può essere che vi si nasconda sotto uno pseudonimo greco un Flavius (flavus Eaveós) romano; può essere che vi si nasconda un amatore, qualunque il suo nome, di bionde bellezze (l'amante infatti è bionda; cf. v. 14); può essere che non si tratti di pseudonimo, ma di vero nome di un Greco. Ad un Greco anzi fa pensare con probabilità maggiore la designazione locale di Focese aggiunta nel v. 2 al nome di Santia. Ad ogni modo siamo dinanzi ad un giovine elegante ed aristocratico, spregiatore del volgo (cf. vv. 17-18: scelesta Plebe). Quanto a Fillide, il medesimo nome ricorre in Carm. III, 11 come di una ragazza di bassa condizione (v. 22), ma una identificazione delle due pare poco probabile, perchè quest'ode fu certo composta nel 729 (vv. 23-24), e quella del libro quarto è evidentemente delle ultime, giacchè il poeta vi parla di « ultimo amore » (v. 32) (Vero è però che ogni amore par l'ultimo nel momento che si ama davvero, e che Orazio, come da Carm. I, 19, 4, credeva, già prima che ardesse per la bianca beltà di Glicera, d'aver percorsa tutta l'amorosa carriera).

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1. Ne sit: proibitivo. Cf. Carm. 1, 11, 1. - 2. Phoceu. Gli aggettivi latini da Phocis sono Phocensis, Phocius o Phoceus e Phocaicus. La forma bisillaba Phoceus conforme al greco OwKEÚ non s'incontra in Latino in altro luogo che qui. Prius: « prima » di te. insolentem: << sebbene gonfio della sua vittoria ». 3. Briseis: la schiava che

rapita ad Achille da Agamennone fu la causa dell'ira del primo e delle sventure che ne seguirono a tutti i Greci.

niveo colore: ablat.

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strum. in istretta relazione col Movit del verso seguente.

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5. Movit.

Cf. Epod. XVII, 67. - Telamone natum: « sebbene figlio di Telamone ». 6. Tecmessae. E persona ignota ai poemi omerici, ma che ha una parte importante nell'Aiace di Sofocle. 7. Arsit: d'amore. Cf. Epod. XIIII, 9. Atrides: Agamennone. 8. Virgine rapta: cioè Cassandra, figlia di Priamo, uno dei personaggi principali dell' Agamennone di Eschilo. 9. Barbarae etc. Il poeta insiste allargandolo sul concetto contenuto nelle parole della strofe antecedente: medio in triumpho. Naturalmente: quanto più cresce con la descrizione di magnifici particolari la vittoria dell'Atride sui Troiani, tanto più grande diventa quella che Cassandra prigioniera riportò sopra lui. turmae: « squadroni » giacchè Turma è antica unità tattica della cavalleria romana. Ma bada che Orazio cade qui in un anacronismo, attribuendo ai Troiani, secondo l'epopea оmerica inпódаμoɩ, un modo di combattere, cioè da cavallo, che non era il loro. Essi combattevano, come gli Achei, dai carri. 10. Thessalo victore: « alla vittoria del Tessalo ». È ablat. ass. Il Tessalo è Achille, venuto a Troia da Ftia di Tessaglia. Cf. Carm. I, 10, 15. ademptus Hector : « l'inflitta perdita d'Ettore ». Cf. Carm. 1, 13, 9: divulsus amor. 11. leviora tolli: « più facili ad abbattersi ». L'infinito è epesegetico. 12. Pergama: il nome della rocca di Troia. Esiste anche un femm. sing. Pergamus. 13. Nescias an: « Può essere che tu non sappia se ». - beati: «con la loro ricchezza ». 14. decorent (te): « crescano il tuo lustro ». 15. Regium certe genus. Pare che si debba sottintendere est. Altri invece considerano Regium genus come accus. e lo pongono insieme con penatis iniquos in dipendenza da maeret; ma la cosa sembrerà assai ardita a chi guardi al diverso valore dell' aggettivo nei due pretesi complementi d'oggetto. Fillide che maeret penatis, perchè iniquos, non può maerere genus, perchè regium. 16. iniquos: perchè non le impedirono di cadere in umile fortuna lei, sangue di re. 17. Crede non: con valore in parte diverso da quello che avrebbe Ne crede, giacchè la negazione posta innanzi ad illam accresce l'importanza del pronome. Così la supposizione della scelesta origine è data in questo sopra ogni altro caso per assurda. scelesta. Nota con che felice ironia sia richiamato alla mente di Santia innamorato di un'ancella il suo antico sprezzo per la gente di umile condizione,

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la scelesta plebs (per noi: « la canaglia plebea »).

18. dilectam : non soltanto << amata », ma « scelta pel tuo amore », lasciando alla parola anche il valore primitivo, come vuole il suo complemento de scelesta Plebe. 18-19. sic fidelem, Sic lucro aversam. Sarà stata dunque al contrario perfida e rapax. 20. Matre pudenda: con allusione piuttosto alle sue origini che ai suoi costumi. Cf. Svetonio, De vita Caes. VII, Vit. 2 sive ... stirpis antiquae sive pudendis parentibus. · 21. teretis: «ben tornite ». Cf. Epod. XI, 28. 22. Integer: « non tocco» d'amore. fuge suspicari. Cf. mitte loqui in Epod. XIII, 7. 23. trepidavit: forse invece di properavit per uno scambio facile tra l'idea di confusione, che è in trepidare, e quella di fretta, che è in properare; oppure invece di dubitavit, nel qual caso bisognerebbe immaginare il poeta in incerta condizione di salute. 24. lustrum: propriamente la cerimonia con la quale i censori chiudevano il censo quinquennale. Quindi gli anni incominciarono a contarsi per lustri, e lustrum venne a significare lo spazio di cinque anni.

V. Con satirica piacevolezza il poeta consola un uomo avanzato in età e innamorato di Lalage, che non vuol sapere di lui. Per Lalage cf. Carm. 1, 22. Del resto s'ignorano e la persona a cui l'ode è rivolta e l'anno in cui fu scritta.

1. Nondum subacta. La fanciulla sdegnosa è paragonata a una iuvenca (cf. v. 6). L'immagine fu suggerita forse dall'omerico Tαрlévos adμńs, forse dalle parole stesse coniunx, coniugium che richiamavano e etimologicamente e ideologicamente il giogo (iugum). 2-3. munia comparis Aequare: « compiere l'ufficio di compagna ». 3. tauri. Cf. per l'immagine Epod. XII, 17. Però il paragone non è forse, data l'età dell'innamorato, senza sapore d'ironia. 5. Circa: « rivolto a ». Quest'uso di circa è molto frequente in Quintiliano e in altri scrittori dell'età argentea. 6. fluviis: « nelle correnti ». In latino è abl. strum. 8. vitulis: con allusione ai giovani, da cui piuttosto ama Lalage di venir

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Praegestientis. Tolle cupidinem
Immitis uvae: iam tibi lividos
Distinguet autumnus racemos
Purpureo varius colore;

Iam te sequetur (currit enim ferox
Aetas et illi quos tibi dempserit
Apponet annos); iam proterva
Fronte petet Lalage maritum,
Dilecta quantum non Pholoe fugax,
Non Chloris; albo sic umero nitens
Ut pura nocturno renidet

Luna mari Cnidiusve Gyges,
Quem si puellarum insereres choro,
Mire sagacis falleret hospites
Discrimen obscurum solutis
Crinibus ambiguoque vultu.

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13. te

corteggiata. 9. Praegestientis : « che smania (gestiens) su tutte le altre (prae) ». 10. Immitis uvae: passaggio subitaneo ad un'altra metafora, secondo l'esempio dei poeti greci. Così in Teocrito: Móoxw rauρóτeρα, piaρúτepa oμpaкоç шμas (II, 21). Ma più che il luogo di Teocrito Orazio dovè avere dinanzi alla mente la nota favola della volpe e dell'uva. Immitis: « aspra » perchè acerba. iam: « tra poco ». lividos: « verdi » perchè non maturi. 11. Distinguet: « dipingerà ». 12. varius: « che rende varii» con significato attivo. sequetur. Il poeta torna all'immagine della iuvenca, che cresciuta abbandonerà i vituli per correre al taurus. ferox: « spietata ». 14-15. illi, quos tibi dempserit, Adponet annos: aggiungerà a lei gli anni che avrà sottratti a te ». Poni mente all'ironia. L'amante soleva, si vede, sperare negli anni più maturi della fanciulla, e il poeta seguitando a prendersi giuoco di lui: Hai ragione, gli dice, passeranno gli anni per Lalage sommandosi e per te invece sottraendosi. 15-16. proterva Fronte: << senza riserbo ». 16. petet: « provocherà » con le corna, continuandosi nella immagine della giovenca. maritum: cioè il toro.· 17. Dilecta. Doveva essere il triste ritornello dell'innamorato: Eppure io l'ho amata più della ritrosa Foloe, più di Cloride, più di Gige. Pholoe. Cf. Carm. I, 33, 9. 18. Chloris. Il medesimo nome ricorre nell'ode quindicesima del libro terzo. Ma che possa trattarsi di una persona medesima, non ostante che la Cloride del libro terzo sia madre di una Foloe, la quale potrebbe esser quella del verso antecedente, è assai dubbio. La Cloride del libro terzo è nientemeno maturo propior funeri. 19. pura: « senza nubi »>. renidet: « splende riflessa ». 22. Mire: in modo maraviglioso ». Uniscilo con falleret. sagacis: astuti cioè come Ulisse che tra le figlie del re Licomede in Sciro scoperse Achille. — falleret: « passerebbe inos23. Discrimen: « differenza ». obscurum: << oscurata ambiguo: cioè, tra di maschio e di femmina.

servato ».

da ».

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VI.

Septimi, Gadis aditure mecum et
Cantabrum indoctum iuga ferre nostra et
Barbaras Syrtis, ubi Maura semper
Aestuat unda,

Tibur Argeo positum colono

Sit meae sedes utinam senectae,
Sit modus lasso maris et viarum
Militiaeque!

Unde si Parcae prohibent iniquae,
Dulce pellitis ovibus Galaesi

VI. Il poeta è melanconico e, tutto in preda ai ricordi della sua giovinezza travagliata, sospira ai quieti riposi di Tivoli o di Taranto per chiudervi gli occhi stanchi. In questa disposizione d'animo scrive a un Settimio suo amico che fu da alcuni supposto uno solo con quello che in Epist. 1, 9 è presentato dal poeta a Tiberio e quello che nella vita Svetoniana di Orazio è citato in una lettera d'Augusto al poeta: tui qualem habeam memoriam poteris ex Septimio quoque nostro audire. Le allusioni specialmente deí vv. 7-8 fanno pensare a una data relativamente antica dell'ode.

2. Cantabrum: un po

1. aditure: cioè elσiuv av, qui aditurus esses. polo abitante a nord-ovest della penisola iberica, dove occupando territori montuosi e inaccessibili si mantenne a lungo indipendente, infestando per giunta con le sue guerriglie le fiorenti colonie romane, finchè nel 735 fu sottomesso da Agrippa. Era in guerra con Roma dal 725. iuga ferre: allusione al costume di far passare sotto il giogo (sub iugum mittere) i nemici vinti. 3. Barbaras: « selvaggie ». L'aggettivo proprio degli abitanti fu trasferito qui al luogo stesso. 5. Tibur. Nota la posizione enfatica in principio di verso che dà maggiore evidenza al contrasto coi lontani luoghi citati prima. Argeo: il greco 'Apreios. COlono. Non è qui il ruris colonus che abbiamo visto in Carm. I, 35, 6, ma il primo abitatore di una città nuova, fondata in terra straniera con la deduzione di una colonia. Cf. Vergilio, Aen. I, 12 Tyrii tenuere coloni. Quindi il positum di questo verso medesimo è adoperato qui con la libertà che il linguaggio poetico consente per conditum: « fondato ». Il dativo di agente non è raro dopo il part. pass. Cf. vv. 11-12: Laconi ... 6. meae senectae: dativo. · 7. maris: gen. dipendente forse da modus, sebbene anche in Aen. 1, 178 si incontri fessi rerum. Si allude a un pericolo di naufragio, corso dal poeta e di cui è pure parola in Carm. Ill, 4, 28. viarum: i viaggi per terra contrapposti a quelli per mare. 9. iniquae: « con una crudele decisione ». 10. pellitis ovibus. Cf. Varrone, De re rust. II, 2 ovibus pellitis, quae propter lanae bonitatem, ut sunt Tarentinae et Atticae, pellibus integuntur ne

Phalantho.

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