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l'animale.

...

Grande certamen tibi praeda cedat
Maior an illi.

Interim, dum tu celeris sagittas
Promis, haec dentes acuit timendos,
Arbiter pugnae posuisse nudo
Sub pede palmam

Fertur et leni recreare vento

Sparsum odoratis umerum capillis,
Qualis aut Nireus fuit aut aquosa
Raptus ab Ida.

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da Livio in poi assumerà nella prosa il participio futuro. E nota la vigorosa semplicità dei vv. 5-6, bene espressiva dell'agile e sicuro avanzare del7. Grande certamen: accusativo in apposizione a tutta la proposizione antecedente Cum ... Nearchum, che ricorda Sat. I, 4, 109-111: Nonne vides Albi ut male vivat filius atque Barus inops, magnum documentum, ne patriam rem Perdere quis velit? Cf. anche Vergilio nelle esequie di Miseno: pars ingenti subiere feretro, Triste ministerium (Aen. VI, 222-223). tibi: cioè utrum tibi. cedat: << tocchi » giacchè cedere col dativo ha abitualmente il significato di << venire in possesso di ». 8. Maior (praeda): cioè « la maggior parte della preda ». Il poeta non ha in mente il fanciullo conteso, ma i leoncini a lui paragonati per un caso di oúyxuoic analogo a quello di Carm. III, 11, 42. 9. Interim: cioè mentre la battaglia si prepara. dum. La congiunzione si riferisce tanto alla proposizione tu promis, quanto a quella che segue haec acuit, essendo verbo principale il Fertur del v. 13. 10. acuit: « arrota ». Ma pare che il poeta abbia mal trasportato al leone quello che i cantori omerici dicono del cinghiale Θήγων λευκὸν ὀδόντα μετὰ γναμπτῇσι γένυσσιν (11, ΧΙ, 416). 11. Arbiter pugnae: cioè Nearco stesso, dalla cui libera volontà dipende il seguire l'uno o l'altro dei due amanti. posuisse: perfetto, poichè l'azione che qui si indica è anteriore a quella del recreare vento Sparsum odoratis umerum capillis (vv. 13-14). Nearco posto prima sotto il piede nudo il ramo di palma, solleva con le sue mani l'odoroso volume dei capelli e abbandona così gli omeri su cui le chiome prima cadevano, alla carezza del vento. - nudo: particolare statuario. 12. palmam: segno e simbolo di vittoria. Cf. Carm. I, 1, 5. 13. Fertur: « È voce » quasi che il poeta non voglia riferire all'amico innamorato, come visto da lui, un atteggiamento che è segno di suprema indifferenza. 15. Qualis: « così bello come ». Nireus. Cf. Il. 11, 673-674: Nipeùs, ὃς κάλλιστος ἀνὴρ ὑπὸ Ιλιον ἦλθεν Τῶν ἄλλων Δαναῶν μετ ̓ ἀμύμονα Пηλeíwva. Orazio se n'era già ricordato in Epod. XV, 22. aquosa:

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<< ricca d'acque ». È la traduzione dell'omerico moneσσa o пoluпidak. 16. Raptus: con valore di sostantivo, eguale a quello che avrebbe il greco ὁ ἁρπασθείς. L'allusione è a Ganimede, Ὃς δὴ κάλλιστος γένετο θνητῶν ἀνθρώπων (ΙΙ. ΧΧ, 233).

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XXI.

O nata mecum consule Manlio,
Seu tu querellas sive geris iocos
Seu rixam et insanos amores

Seu facilem, pia testa, somnum,
Quocumque lectum nomine Massicum
Servas, moveri digna bono die,
Descende, Corvino iubente
Promere languidiora vina.

Non ille, quamquam Socraticis madet

XXI. M. Valerio Messala Corvino, d'alcuni anni più avanzato in età che Orazio, fu partigiano come lui di Bruto e di Cassio, e, dopo la battaglia di Filippi, di Ottaviano. Fu console nel 723, trionfo della Gallia nel 727. Illustre uomo di stato, capitano, oratore, cultore degli studii filosofici, protettore di letterati e sopra tutto di Tibullo, fu anche amatore del vino, sicchè Mecenate nel suo Symposium (cf. Servio, Ad Aen. VIII, 310), lo introdusse a celebrarne le lodi. In questa poesia lo vediamo invitato a banchetto da Orazio e vediamo il poeta cogliere l'occasione della presenza di così illustre intenditore alla sua mensa per decantare sotto forma di una poetica apostrofe all'anfora le virtù dell'uva spremuta. 1. nata mecum: cioè nel 689. consule Manlio: cioè sotto il consolato, che fu in quell'anno, di L. Manlio Torquato. L'anfora ne avrà portato impresso il nome. Cf. Carm. II, 3, 8. 2. Seu... sive. Queste due congiunzioni sono in opposizione solo tra loro e non con i due Seu seguenti, i quali segnano invece un'altra coppia antitetica. — querellas: « elegie » nelle quali piange l'amore non corrisposto. geris: « porti » a noi. iocos: cioè, in opposizione a querellas, la lieta poesia erotica e convivale. 3. rixam et insanos amores: « le risse che produce la folle gelosia ». Cf. Carm. I, 13, 9-12. 4. facilem, pia. Nota la posizione delle parole. Non avresti potuto dire pia testa, per esempio, dopo gli insanos amores del verso antecedente. 5-6. Quocumque lectum nomine Massicum Servas: « sotto qualunque nome fu raccolto il Massico che tu conservi ». La frase è scherzosa, giacchè Massico è il nome di un vino tra gli ottimi; ma il poeta vuol dire argutamente che quel vino per la sua eccellenza egli teneva per Massico quantunque, mancando ogni indicazione in proposito su l'anfora, ei non sapesse che vino fosse. 6. moveri digna. L'infinito dopo dignus (come dopo atos) ricorre spesso dopo l'età di Augusto anche in prosa. bono die: « in un giorno ben augurato ». Non occorre naturalmente ritenere che fosse un giorno festivo: ben augurato poteva sembrare al poeta qualunque giorno in cui il potente amico avesse degnato di sè la modesta mensa. 7. Descende: dalla apotheca. Cf. Carm. III, 8, 11. – 8. languidiora: << meno aspri». Cf. Carm. III, 15, 35. 9. Socraticis Sermonibus: « di dialoghi socratici ». È per me dubbio se il poeta pensi agli scritti in forma dialogica di Platone o a dotti conversari che nel circolo di Messalla potessero tenersi su argomenti di filosofia. In questo caso Socraticus varrebbe

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zosa.

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Sermonibus, te negleget horridus:
Narratur et prisci Catonis

Saepe mero caluisse virtus.

Tu lene tormentum ingenio admoves
Plerumque duro; tu sapientium
Curas et arcanum iocoso
Consilium retegis Lyaeo;

Tu spem reducis mentibus anxiis
Viresque et addis cornua pauperi,
Post te neque iratos trementi

Regum apices neque militum arma.

Te Liber et, si laeta aderit, Venus
Segnesque nodum solvere Gratiae

<< degno di Socrate ». - madet: «è inzuppato di ». L'espressione è scher10. horridus: « male in arnese» come erano e ostentavano di essere i filosofanti di allora, segno per questo alle cattiverie dei monelli nelle vie. Cf. Sat. 1, 3, 133-136. 11. prisci Catonis. L'allusione è a Catone il Censorio tipo dell' antica moralità romana; ma priscus non è tanto un equivalente di senior, quanto ha il senso di << tagliato all'antica », « fatto all'antica ». - 12. mero. Di fatto Cicerone gli fa dire nel De senect. 14, 16: Ego vero propter sermonis delectationem tempestivis quoque conviviis delector, nec cum aequalibus solum... sed cum vestra etiam aetate. virtus: « maschia anima». Non intendere della aperη dei filosofi, sebbene il poeta abbia usata a bella posta la dubbia parola. 13. lene tormentum: « un gentil tormento», col quale fu confrontata la γλυκεῖ ἀνάγκα Σευομεναν κυλίκων di Bacchilide (fr. 20). La stessa immagine del porre alla tortura col vino hai nell'Arte poetica (vv. 434-435): Reges dicuntur mullis urgere culullis Et torquere mero, quem perspexisse laborant. 14. Plerumque duro: « per lo più assonnato ». Ma altri preferiscono unire Plerumque con admoves. sapientium: non « dei filosofi » ma << dei saggi » che sono quelli che riparano a te. relegis Lyaeo: << riveli allo scherzoso Lieo » e dai quindi loro quel senso di sollievo che produce il segreto o l'affanno quando confidato par quasi diviso. Per altri iocoso Lyaeo sarebbe un ablat. strumentale; ma occorre appena far Osservare che quell'ablat. darebbe al passo un significato che non sonerebbe davvero lode del vino. 17. anxiis: « agitate >>. 18. Viresque et addis cornua: iperbato per Addisque vires et cornua. Cf. Carm. I, 30, 6. Le corna sono simbolo di forza e di pugnacità. Cf. Ovidio, Ars am. 1. 239: Tunc veniunt risus, tunc pauper cornua sumit. 19. Post te: cioè « dopo che ti votò ». iratos: trasferito per ipallage da Regum ad apices. Per apices cf. Carm. I, 34, 14.

...

15-16. iocoso

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21. laeta:

<di buon grado». Altrimenti il poeta (è passato il tempo in cui era console Planco!) rinunzierebbe alla presenza dell'amore (Venus). 22. Segnesque nodum solvere: litote per « indivisibili ». Gratiae: abituali compagne di Venere e del modicus Liber. Ma sono qui citate come segnes nodum solvere perchè la loro presenza deve impedire si sciolga

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Vivaeque producent lucernae,
Dum rediens fugat astra Phoebus.

XXII.

Montium custos nemorumque, Virgo
Quae laborantis utero puellas
Ter vocata audis adimisque leto,
Diva triformis,

Imminens villae tua pinus esto
Quam per exactos ego laetus annos
Verris obliquum meditantis ictum
Sanguine donem.

amabilissimus nodus amicitiae (Cicerone, De amic. 51). 23. Vivae: per << accese ». L'immagine è la stessa che in Ovidio, Am. I, 2, 11-12: flammas... vidi nullo concutiente mori. — producent (te): espressione con poetico ardimento imitata da producere cenam, sermonem che significa prolungare un banchetto, un discorso ». Ma una traduzione della stessa estensione analogica è impossibile nell' Italiano, che dovrà invece dire « ti saranno compagne ». 24. fugat. Dice assai più che non direbbe fugabit, in quanto il fatto espresso così nel presente par destinato nella mente del poeta a ripetersi molte volte ancora.

XXII. È una epigrafe poetica da apporre ad un pino sovrastante alla villa del poeta e dal poeta dedicato a Diana con la promessa di un annuo sacrificio. Come queste epigrafi si facevano generalmente di due distici elegiaci, Orazio ha composto la sua di due strofe.

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1. La prima strofe presenta una certa somiglianza di parole e di concetti coi vv. 9-16 del carme XXXIIII di Catullo: Montium domina ut fores Silvarumque virentium Saltuumque reconditorumque Amniumque sonantum. Tu Lucina dolentibus Iuno dicta puerperis, Tu potens Trivia et notho es Dicta lumine Luna. Virgo. In posizione così importante per ottenere un'antitesi tra la verginale condizione della dea e le laborantis utero puellas del verso seguente. 2. puellas. Di giovani donne nel primo parto si diceva anche in prosa. Cf. Gellio, XII, 1. 3. ter vocata: « tre volte invocata » come Giunone Lucina. Il numero tre per la sua natura mistica e sacra ricorre spesso e nelle preghiere e in ogni rito religioso dell'antichità. leto: dativo. 4. Diva triformis in cielo Luna, in terra Diana, nell'inferno Ecate. La sua immagine aveva (Ovidio, Fast. 1, 141-142) perciò tre faccie e veniva collocata dove facevano capo tre vie (Trivia). 5. tua esto: << sia sacro 6. Quam: col valore finale di

a te» e quindi nella tua custodia.

tive.

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...

ut eam. per exactos ... annos: « al compiersi di ogni anno » dal giorno di questa prima consacrazione. laetus: il libens delle iscrizioni vo7. Verris: « d'un porco », per la sua affinità col cinghiale vittima ben accetta alla dea cacciatrice. obliquum ictum: « un colpo di sbieco contro chi lo conduce al supplizio. meditantis: non precisamente lo stesso che minitantis. Nel meditantis c'è di più l'astuzia dell'animale che nasconde, se si può dlr così, il suo pensiero.

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XXIII.

Caelo supinas si tuleris manus
Nascente luna, rustica Phidyle,
Si ture placaris et horna

Fruge Lares avidaque porca,
Nec pestilentem sentiet Africum
Fecunda vitis nec sterilem seges
Robiginem aut dulces alumni
Pomifero grave tempus anno.

XXIII. Il poeta esorta Fidile a non offrire, lei di modesta agiatezza, grandi sacrifici agli dei che gradiscono sopra tutto la purità dello spirito. Chi sia questa Fidile non sappiamo. Il nome è stato confrontato col verbo peidouar (= « risparmio »): nel qual caso sarebbe uno di quei nomi augurali, che i poeti amano di imporre alle loro creature, chiamandosi qui «< la parsimoniosa » chi di tutto vorrebbe spogliarsi a quel modo stesso che in Carm. I, 11 è imposto il nome di Leuconoe (= « mente serena» a una bella perpetuamente pensosa del proprio destino. Anche della condizione di Fidile poco sappiamo. Era una rustica secondo il v. 2 e per questo si è pensato da alcuni che essa fosse la vilica di Orazio. In verità dalla vilica vuole Catone (De re rust. 143) che Kalendis, idibus, nonis, festus dies cum erit, coronam in focum indat per eosdemque dies Lari familiari pro copia supplicet. Ma Catone stesso ha nello stesso luogo rem divinam ne faciat scito dominum pro tota familia rem divinam facere e pare invece dalle strofe 3-4 che Fidile volesse sontuosamente e dal v. 4 che modestamente potesse rem divinam facere. Sarà stata dunque la figlia o la sposa di uno dei vicini del poeta in Sabina; ad ogni modo una libera.

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1. Caelo: dat. supinas manus: giacchè gli antichi adorando presentavano al cielo le palme. Cf. Vergilio, Aen. II, 153: Sustulit exutas vinclis ad sidera palmas e 405-406: Ad caelum tendens ardentia lumina frustra; Lumina, nam teneras arcebant vincula palmas. 2. Nascente luna. Può intendersi < nel dì delle Calende » nel quale specialmente si onoravano i Lari (Properzio in IIII, 3, 53-54 si fagna che raris adsueta Kalendis Vix aperit clausos una puella Lares) o anche << sul far della sera » in quell'ora dolce e raccolta dell' avemmaria che in ogni tempo consigliò la preghiera. 3. placaris: poichè is del cong. perfetto e del futuro anteriore è presso tutti i poeti costantemente lungo. 3-4. horna Fruge: « col raccolto dell'anno ». Hornus è forma poetica per hornotinus. avida: « ingorda ». porca: sacrificio solito ai Lari. Cf. Sat. 1, 3, 164-165 immolet aequis Hic porcum Laribus. 5. pestilentem: « letale ». Africum: Scirocco. 6. Fecunda vitis: collettivamente per « il fertile vigneto ». 6-7. sterilem... Robiginem (la scrittura più corretta pare robigo, sebbene la parola sia etimologica. mente affine a ruber): « il carbonchio che isterilisce ». A scongiurare questa malattia del grano si celebravano il 25 di aprile i Robigalia in onore di una dea Robigo o di un dio Robigus. 7. alumni: « i piccoli del gregge ». Cf. Carm. III, 18, 4. 8. Pomifero ... anno: « ǹel、

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