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seco (2). Sotto Giulio Cesare o sotto Augusto, fu introdotto, in favore del debitore indigente, il benefizio della cessione dei beni (beneficium cessionis bonorum), pel quale il debitore che volontariamente cedeva tutti i suoi beni ai creditori, veniva liberato dall' apprensione della persona (3). I creditori però, in certi casi, potevano chiedere l'immissione in possesso nei beni del debitore (missio in bona debitoris).

danna (in jure confessus, judicatus). | tore e le conseguenze che traeva In caso di non pagamento, egli era del pari aggiudicato al creditore (addictus, in senso stretto e in contrapposto a quegli che era aggiudicato al creditore in seguito di un precedente nexus), e allora il creditore non poteva valersi che della sua persona, non già dei suoi beni. Il debitore aggiudicato (addictus) al suo creditore in un modo o nell'altro, poteva venire imprigionato. Dal momento dell'aggiudicazione, il debitore godeva lo spazio di giorni 60 per pagare il suo debito; durante questo spazio, l'ammontare del debito si pubblicava tribus nundinis, e se non pagava ancora, era colpito della capitis pœna, vale a dire che perdeva ogni sua civile capacità e il creditore aveva diritto d'ucciderlo o di venderlo come schiavo in paese straniero (trans Tiberim). Nel caso in cui fosse stato aggiudicato a più creditori, le XII Tavole ordinavano: tertiis nundinis partes secanto si plus minusve secuerunt, se (sine) fraude esto (1).

§. 775. III. Secondo la legge Petillia Papiria o la legge Julia de cessione

bonorum.

La legge Petillia Papiria (a. u. 428) aboli questo vincolo della persona (nexus), ma solo per l'imprestito di denaro e non per gli altri casi, specialmente per un debito risultante da delitto; fu conservato il mancipio dei beni in sicurezza del creditore, non meno che l'aggiudicazione del debi

(1) Aulo Gellio XX, 1. Quintiliano, Ist. orat. III, 6, 84. Cassio Dione in Majo Cod. Vaticano, p. 217. Alcuni autori intendono per queste parole « partes secanto » una proporzionata divisione fra i creditori del prezzo della vendita del debitore. Vedi Hugo, Hist. decima ed. pag. 310, e Gibbon, cap. 44, nota 178.- Altri pretendono che si trattava di una vera partigione del debitore stesso. Vedi Bynkersoek, Obs. jur. rom. lib. 1, cap. 1, nelle sue Opp. tom. I, p. 9.

S. 776. IV. Sotto gl' imperatori.

Sotto gl' imperatori, la procedura romana in materia di concorso trovavasi nello stato che appresso:

4. Quando un debitore si teneva nascosto fraudationis causa, quando era assente e non avea difensore (defensor), quando faceva la cessione dei suoi beni secondo la legge Julia, quando la di lui condanna al pagamento era passata in cosa giudicata, e non pagava nel tempo stabilito, o nessun erede si presentava a ricevere la eredità del debitore morto, in tutti questi casi, il creditore o creditori potevano chiedere al pretore l'immissione nei beni del debitore e farsi autorizzare a venderli per esser pagati (4). I beni del debitore erano allora posti in vendita (proscriptio bonorum) durante trenta giorni, se vivo, quindici, se morto, ed essendo più i creditori, erano essi in obbligo di scegliere un magister bonorum vendendorum incaricato, nella vendita, di

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proteggere i loro interessi e aggiu- | acquistando egli nuovamente dei beni, dicare i beni al maggiore offerente poteva venire azionato dai creditori (addictio bonorum) (1). non pagati per intero, e fin a tal mo

4. Ma era facile al debitore d'evitare in parte queste conseguenze pregiudicevoli della sua insolvibilità, prevenendo l'immissione nei suoi beni, e giovandosi del benefizio della cessione ex lege Julia. Egli è vero che un tal mezzo non lo liberava di fronte ai creditori non pagati per intero su i beni ceduti, ma glie ne veniva però un doppio vantaggio. Primieramente si poneva al coperto da qualunque apprensione di corpo; secondariamente, non poteva esser più immediatamente perseguitato dai creditori non soddisfatti per intero; questi non potevano azionarlo che allor quando aveva acquistato di nuovo qualche cosa; godeva per ultimo del beneficium competentiæ quanto ai beni che aveva acquistato in appresso (5).

2. In principio, i beni erano ven-mento non poteva concedersi contro duti in massa (per universitatem), lui alcuna apprensione di persona. cioè a dire che tutto il patrimonio (l'attivo e il passivo) s'aggiudicava a chi offriva il maggior prezzo per cento (2). Questa vendita dei beni del debitore (venditio bonorum debitoris obærati) è da molti confusa colla sectio bonorum di cui i fonti del di- | ritto fanno spesso menzione; ma per sectio bonorum non intendesi che la vendita di un patrimonio confiscato dallo Stato (3). Il compratore dei beni diveniva successore universale del debitore; egli acquistava tutti i diritti e tutti i crediti, ed era tenuto ai debiti fino a concorrenza della somma per la quale gli erano stati aggiudicati i beni. L'ingresso del nuovo debitore in luogo e vece del precedente produceva l'effetto d'annientare completamente ogni rimanente credito, e di liberare interamente e per sempre, il primo debitore da ogni debito precedente.

3. In appresso, questa vendita per l'antico diritto di tutti i beni del debitore non fu più in uso (4), e si permise ai creditori di procedere separatamente alla vendita dei beni, dopo avere ottenuto l'immissione. Essi sceglievano a tal effetto un curatore ai beni (curator bonorum), che gli amministrava e realizzava nell'interesse dei creditori, e che doveva soddisfare col ricavato della vendita. Queste nuove disposizioni fecero cadere del pari l'antica successio per universitatem in bona debitoris, e ne conseguiva che il debitore non era liberato dai suoi debiti, poichè niuno veniva collocato in sua vece. Infatti,

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Finchè fu in uso la vendita dei beni per universalità, non poteva insorger questione di preferenza d' un creditore di fronte all'altro; perchè la vendita estingueva i debiti anteriori, non menochè i diritti di pegno e d'ipoteca, e i privilegj; il compratore dei beni, subentrato all' antico debitore, era in obbligo di pagare a ciascun creditore, il tanto per cento da lui promesso. Ma quando questa vendita fu abolita, e rimpiazzata dalla vendita dei beni isolati, per mezzo di un curatore ai beni, cangiò tutto il sistema. Il debitore primitivo era e rimaneva debitore, e in conseguenza furono conservati gli antichi crediti, i diritti di pegno e d' ipoteca, non che i privilegj. Da tal momento, non poteva più esservi disputa tanto per l'immissione

(4) Pr. J. III, 13, e Teof. sopra questo passo.

(5) Dig. XLII, 3. - Cod. VII, 71. - Holzio, Essai sur le beneficium competentiæ; nella Bibliothèque du jurisconsulte et du publiciste. Liegi, 1826, 1827, t. I, p. 390.

una rovina totale. Ordinariamente la dilazione si accorda per cinque anni, e per tal ragione, è detta literæ s. induciæ quinquennales. Ma non libera il debitore che della esecuzione, e non già dall'introduzione dell'azione; il debitore è in obbligo di rispondere all'azione intentata contro di lui, ma la esecuzione resta sospesa fin al termine della dilazione.

nei beni, quanto pei creditori chiro- | accordarla. Per poterla ottenere, deve grafarj. I creditori pignoratarj e ipo- il debitore provare d' esser divenuto tecarj non ne avevano bisogno co- decotto senza sua colpa, che ha spemecchè la natura del lor credito dasse ranza fondata di riparare alle sue perloro il diritto di vendere la cosa o idite e che la dilazione lo preserva da beni oppignorati o ipotecati, in caso d'insolvibilità del debitore, e di perseguitare coll'azione ipotecaria, il pegno o l'ipoteca di fronte a qualunque possessore. Per l'istesso motivo, la cessione dei beni fatta dal debitore non poteva divenir loro pregiudice vole; erano dunque divisi sempre dagli altri creditori (1). I creditori pignoratarj e ipotecarj si pagavano dunque sempre, prima su i beni che formavano oggetto del pegno o dell'ipoteca, e i beni che restavano dopo il lor pagamento, potevano per gli altri creditori, divenire oggetto di cessione e d'immissione nei beni. Fra questi ultimi, quegli che erano garantiti dal privilegium exigendi avevano preferenza sugli altri creditori chirografarj, e il rimanente dei beni, dopo il lor pagamento, si dividevano pro rata fra gli altri creditori (2).

§. 777. IV. Mezzi di evitare il concorso.

Vi sono molti mezzi per evitare l'apertura reale d'un concorso e per allontanare le conseguenze pregiudicevoli ch'essa reca alla persona e ai beni del debitore. Si annovera fra que sti mezzi:

4. L'intervento del terzo che paga o dà cauzione pel debitore; nel caso della cauzione però, si vuole naturalmente il consenso dei creditori (3). 2. La dilazione o il moratorium (4). Ciò significa un privilegio accordato dal principe al debitore, che lo mette al coperto, per un certo tempo, da qualunque esecuzione per debiti. Il principe solo, e non il giudice, può

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3. Lo spazio accordato dagli stessi creditori. Esso è volontario quando vi è il consenso di tutti i creditori; è coatto quando non è accordato che dai più si basa il secondo sur una disposizione di Giustiniano (5). A norma di tale disposizione, i creditori sono in libertà d'accettare immediatamente la cessione dei beni o di accordare uno spazio al loro debitore, e allor quando la maggiorità dei creditori l'accorda, la minorità deve sottostarvi. La maggiorità non si determina dal numero degl' individui, ma dall' ammontare dei crediti, di guisa che se un creditore concorre per una somma maggiore, che non è quella di tutti gli altri uniti insieme, egli solo, la vince su tutti gli altri. Essendo divise le opinioni dei creditori e le somme da esigersi eguali, prevale la opinione favorevole ad accordare lo spazio (humanior sententia). Poco importa la qualifica di creditori; i chirografarj possono vincerla sugl'ipotecarj. D'altronde un tale spazio necessario, presuppone che il debitore, non sia colpevole della sua insolvibilità, e che ciò sia provato; perchè, fintanto che ciascun creditore può esser completamente pagato per l'alienazione dei beni del debitore, niun creditore può

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senso.

essere obbligato ad accordar questo | consentono, o coatto quando non conta spazio, dopo l'apertura del concorso, che la maggioranza dei voti. Ma il la parte minore dei creditori non può concordato coatto, non è ammesso, costringersi a prestare il suo con- per diritto romano, che allor quando è chiesto dall' erede di una eredità insolvibile, e prima dell'adizione, agli eredi del debitore defunto. In questo caso soltanto, la minorità dei creditori, può venir costretta ad accettare il concordato fatto dalla maggiorità (1).

4. Il concordato, quando i creditori dichiarano di perdere una parte del lor credito e contentarsi di un tanto per cento. Il concordato è del pari volontario quando tutti i creditori vi

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§. 778. I. Della causa dell' apertura lunque creditore, padre o figlio di

del concorso.

L'apertura del concorso presuppone la insolvibilità del debitore e la domanda del pagamento fatta in giudizio da più creditori. La causa dell'apertura del concorso può risiedere:

A. Nella proposizione del creditore che vuol profittare della cessione dei beni (2). Questo benefizio consiste nel cedere che fa il debitore ai suoi creditori della totalità dei suoi beni presenti, all'oggetto che finchè sia possibile rimangano pagati. Questa cessione non abbisogna dell' accettazione dei creditori (3), e può invocarla anche colui che non ha cosa alcuna da cedere. La Novella 135, cap. 1, ordina di più che allor quando un debitore afferma con giuramento, ch' egli non possiede beni per soddisfare i suoi creditori, non può aprirsi concorso contro di lui; lo che oggi dicesi beneficium ejurationis bonorum. - Qua

famiglia può invocare questo benefizio; poichè al figlio di famiglia gli compete riguardo ai suoi peculj (4). Ma è sempre necessario che il debitore sia divenuto insolvibile senza colpa, e per disgrazia; il mendace, il bancarottiere di malafede e il dissipatore non possono invocare questo benefizio della legge (5).

Gli effetti della cessione dei beni sono i seguenti:

1. I beni ceduti appartengono ai creditori i quali possono venderli per pagarsi, ma fino al momento della vendita, il debitore è in diritto di ritornare sulla cessione pagando i creditori, o difendendosi (6).

2. Il debitore che cede i suoi beni conserva l'onore intatto e si libera da qualunque violenza sulla persona (7).

3. Rimane, però, obbligato di fronte ai creditori in quanto non hanno trovato pagamento su i beni ceduti, ma non può essere azionato da quelli che

(1) Fr. 7, §. 17-19; fr. 8, 9, 10, D. II, Cpr. fr. 63, §. 7, D. XVII, 2. - fr. 37, §.

14.

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fr. 58, §. 1, D. XVII, 1.

(2) Dig. XLII, 3, Cod. VII, 71.

(3) Fr. 9, D. XLII, 3.

VII, 71.

(4) Cost. 7, C. VII, 71.

1, D. IV, 4.

(6) Fr. 3, 5, D. XLII, 3.

Cost. 6, C. 4, C. VII, 71.

(5) Fr. 22, §. 1; fr. 51, D. XLII, 1.

Cost. 2,

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Cost. 11,

non sono stati per intero pagati, se non quando ha nuovamente acquistato qualche cosa (modicum quid) e anche in tal caso, la legge gli accorda il beneficium competentia (1). Egli può opporre questo benefizio, quanto ai beni nuovamente acquistati, a tutti i creditori, aventi questa qualità al momento della cessione, nel caso in cui egli non avesse ceduto i suoi beni che a qualcuno dei suoi creditori da lui conosciuti o presenti (2).

B. La causa dell'apertura del concorso può risiedere nella domanda dei creditori, allor quando il lor numero e lor crediti siano tali da render probabile che i beni del debitore non bastino, e che questi non voglia farne cessione. In tal caso, il concorso viene ordinato dal giudice e produce l' effetto d'immettere nei beni del debitore (missio creditorum in bona debitoris).

vile e i creditori non potevano insorgervi contro. Per ciò il pretore stabilì il seguente principio: quando un debitore era di già insolvibile, o tale diveniva per l'alienazione che si proponeva di fare, alienava i suoi beni coll'intenzione fraudolenta di nuocere ai suoi creditori, essi, o il curatore ai beni, poteva, in nome loro, chiedere la rescissione di questa alienazione, e ripetere i beni alienati, o esigere la indennità dal compratore (3). L'azione che a tal oggetto lor compete va si appella, dal nome del pretore che la introdusse, azione Pauliana (actio Paulliana) e appartiene alle azioni in restituzione del diritto pretorio (4).

Per potersi intentare, quest' azione è soggetta alle seguenti condizioni:

1. L'alienazione deve esser fatta innanzi la cessione o l'immissione dei dei creditori nei beni del debitore, perchè diversamente è nulla di pieno diritto.

C. Finalmente il giudice può d'uffizio ordinare l'apertura del concorso, 2. L'alienazione dev'esser di natura esistendo un motivo particolare; per da diminuire i beni che il debitore esempio, quando il debitore chiede di | ha di già acquistati. Quindi, rifiutando cedere i suoi beni giudicialmente, o egli semplicemente un guadagno che quando è fuggito, o quando una ere- avrebbe potuto fare, quest'azione non dità vacante è perseguitata da tanto può accordarsi (5). numero di creditori, che apparisce manifesto essere essa insufficiente a pagarli tutti.

S. 779. II. Dell' alienazione fatta

in frode dei creditori.

Per diritto romano, il debitore comunque insolvibile, conservava la facoltà di disporre dei suoi beni prima della cessione o innanzi l'immissione dei creditori; e anche quando l'alienava in loro pregiudizio, queste alienazioni erano valide in rigore di diritto ci

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3. L'alienazione deve esser fatta coll'intenzione fraudolenta di nuocere ai suoi creditori (fraudationis causa). Bisogna in generale ammettere la frode e il dolo del debitore quando, conoscendo la sua insolvibilità, dà luogo scientemente e con deliberazione a una alienazione col fine di nuocere ai suoi creditori; nullameno, perchè l'azione sia fondata, la coscienza della frode (conscientia fraudis) deve esistere per parte di colui col quale il debitore ha contrattato, se l'alienazione è onerosa; quando, al contra

fr. 4, 6, 7, D. il §. 6, J. IV, 6. - Altronde si chiama semplicemente actio in factum. Dig. XLII, 8. (5) Fr. 6, pr. §. 1-5, D. XLII, 8. Cost. 2, 3, C. VII, 75. Arg. fr. 28, pr. D. L, 16. Solo il fisco può intentarla in questo caso, ma solamente a suo vantaggio, fr. 45, pr. D. XLIX, 14.

§. 6, J. IV, 6. (4) Non si riscontra l'azione che una sola volta sotto questo nome, al fr. 38, 4, D. XXII, 1, e presso Teofilo sopra

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