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libera disposizione dei proprj beni, può generalmente intercedere. Nullameno questa regola soffre eccezione, specialmente riguardo alle donne.

A. I Senatusconsulto Vellejano (Sctum Vellejanum) emanato sotto Claudio, dichiara :

1. Che qualunque intercessione d'una donna, poco importa in che essa consista, sia nulla; la donna che nullameno ha interceduto, che le è stata inlata azione contro in forza dell'intercessione, ha non solo il diritto d'opporre l'eccezione Scti Vellejani all'azione del creditore (1), ma ancora, ove abbia pagato per error di diritto, di ripetere per la condictio indebili (2) ciò ch'ella ha pagato. Allorchè la donna che ha interceduto respinge l'azione del creditore per l'eccezione del senatusconsulto vellejano, il creditore riprende la sua azione contro il debitore originario (actio restitutoria s. rescissoria) (3), se l'intercessione era una expromissio il cui effetto è di estinguere il debito esistente d'un terzo (436); ma quando la femmina ha interceduto per liberare un terzo da un debito futuro, il creditore ottiene contro questi l'azione prodotta dalla intercessione della donna (actio institutoria) (4). Infine, quando una donna ha interceduto per un terzo, congiuntamente ad un uomo, questi solo è

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tenuto per l'intero; nullameno allorchè l'uno e l'altro non si sono obbligati che ciascuno per la sua parte e porzione, l'uomo non è tenuto che per la sua parte, mentre il creditore ha contro il debitore per parte della donna, l'azione restitutoria o institutoria (5).

2. Ma, innanzi Giustiniano, la donna non poteva, in certi casi eccezionali, prevalersi del Senatusconsulto Vellejano. A questi casi appartenevano quelli in cui essa era rindennizzata dall'intercessione (6), o in cui mirava a fraudare i creditori (7), o in cui il creditore per cui inter cedeva era minore (8), e in cui invitava il creditore a intentare la sua azione e prometteva quindi di non valersi del benefizio del Senatusconsulto (9).

B. A queste eccezioni Giustiniano altre ne aggiunse:

4. Quando la donna maggiore al momento dell' intercessione, rinnovava dopo due anni la sua promessa (10).

2. Egli ordinò in seguito che la intercessione della donna fosse nulla di pieno diritto, ove non fosse stata ricevuta in un atto pubblico e firmata da tre testimonj; la donna non aveva dunque bisogno, in tal caso, d'invocare il Senatusconsulto, a menochè il creditore non provasse che la donna era stata indennizzata per avere interceduto (11), o che aveva inter

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ceduto per rendere la libertà a uno schiavo, o per costituire una dote (1).

quando cioè la donna si fosse arricchita per l'intercessione (2).

4. Il diritto romano riguardava di niun effetto la renunzia al Senatusconsulto Vellejano fatta al momento dell' intercessione (3), e Giustiniano non la dichiarò ammissibile nè ne

3. Infine, Giustiniano ordinò, colla Novella 134, ca. 8, da cui fu tratta l'autentica Si qua mulier, C. IV, 29, che l'intercessione della donna maritata, in favore del marito, fosse puramente e semplicemente nulla, co-cessaria, che nel solo caso in cui la munque per più volte rinnovata e madre o l'ava volessero accettare la redatta per atto pubblico; egli pose tutela dei loro figli o nipoti (4). a questa regola una sola eccezione;

TITOLO QUINTO

Delle Convenzioni proibite.

§. 462. A. Nozione e specie delle con- | §. 463. B. Delle convenzioni aleatorie venzioni proibite in generale.

Il diritto romano proibisce assolutamente dichiara senza effetto diverse convenzioni obbligatorie e valevoli secondo i principj generali; non solo queste convenzioni non producomo alcuna eccezione, ma si può anco ripetere per la condictio indebiti ciò che è stato di già pagato.

Noi ne abbiamo già indicate molte, per esempio, le convenzioni stipulate con interessi usurarj o posanti sopra un'usura simulata; il patto commissorio che accompagna il pegno d' una cosa, e l'intercessione delle donne; dovremo parlare d'altre convenzioni proibite, per esempio, delle convenzioni dotali proibite; noi ci occuperemo adesso delle convenzioni aleatorie.

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in particolare.

Le convenzioni aleatorie (pacta quæ aleam continent), sono, in generale, quelle che fanno dipendere il lucro e la perdita dei contraenti più o meno dal caso fortuito. Fra queste convenzioni, ve ne sono delle permesse, come, l'emtio spei et rei speratæ, il foenus nauticum; l'altre sono parte permesse, parte proibite. Queste sono:

. Il giuoco (lusus) (5). In generale, non s'intende con ciò, un atto per cui l'evento incerto d'un fatto determinato o d'una condizione decide quale fra più persone guadagnerà; questo fatto o condizione deve dipendere dall'azzardo o dal fine dei giuocatori, e sia pure di tutti e due in una volta. La convenzione del giuoco consiste nella condizione che deve decidere del guadagno. Presso i Romani, i soli giuochi ginnastici erano permessi, quando la posta era

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moderata (4); tutti gli altri erano talmente proibiti, che non solo non producevano azione alcuna, ma davano luogo a ripetere pel corso di 50 anni, per la condictio indebiti ciò che era stato pagato (2).

2. La scommessa (sponsio). La scommessa è una convenzione per cui una delle parti promette di dare o prestare all'altra qualche cosa, se il fatto che essa pretende esistere in presente o in futuro, in tale o tal

altro modo, non è conforme alla verità. La scommessa che ha luogo nei giuochi è permessa e proibita in quanto i giuochi stessi lo sono (3); è del pari proibita allorchè l'oggetto cui mira, è contrario ai buoni costumi (4). Il dolo e la simulazione annulla la scommessa autorizzata; per esempio, allorchè una delle parti conosce l'evento dell'affare e lo nasconde all' altra per impegnarla a scommettere.

CAPITOLO PRIMO Obbligazioni nascenti dal delitto (5).

S. 464. I. Nozione del delitto.

Il delitto (delictum) è un fatto volontario dell'uomo che contravviene a una legge penale. Il delitto trae seco come conseguenza generale l'obbligo di riparare il danno cagionato, e di subir la pena dalla legge comminata (6). Allorchè più persone hanno insieme commesso un delitto, sono solidalmente responsabili dei danni cagionati, senza potere invocare il benefizio della divisione, e senza poter ricorrere contro i correi del delitto (7). La pena al contrario, è tutta personale (8).

§. 465. II. Divisione dei delitti.

I delitti, per diritto romano, si dividono in pubblici e privati (publica

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et privata), secondochè vanno soggetti a pena pubblica o privata. La pena pubblica è quella che lo Stato è in diritto d'intliggere; la privata è quella che la persona lesa può perseguitare. La privata consiste ordinariamente, per diritto romano, nel dovere il delinquente restituire il duplo, il triplo, o il quadruplo dei danni cagionati (duplum, triplum, quadru plum) (9). La teoria dei diritti e delle pene pubbliche appartiene al diritto criminale; quella dei delitti privati, al diritto civile, in quanto essi producono una obbligazione in risarcimento di un danno cagionato, e in subiezione a una pena privata. Ma è da notare che l'azione di danni (actio rei persecutoria) trapassa agli eredi del danneggiato, e può esser diretta contro gli eredi del delinquente; men-

Cost. 3, reparatione damni delicto dati ex natura rei, jureque privato deducta. Wirceb. 1798.

Gajo III, 182 seg. Ist. IV, 1. Dig. XLVII, 1. Donello, Comm. jur. civ. lib. XV, c. 23-30.

(6) G. A. Kleinschrod, Doctrina de

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tre l'azione penale (actio pœnalis) per quanto si trasmetta per regola generale, tranne l'azione per ingiurie (1), agli eredi del danneggiato, non può intentarsi però contro gli eredi del delinquente (2), a menochè non siano stati locupletati dal defunto (3), o che l'azione non sia stata intentata contro lui vivente (4). Il diritto romano, designa quattro delitti privati: il furto, la rapina, il danno dato con ingiuria, e l'ingiuria (5).

§. 466. III. Dei delitti privati in particolare. A. Del furto.

I. Nozione e specie.

Il furto (furtum), nel senso del diritto romano (6), è ogni fraudolenta sottrazione delle cose mobili (7), con intenzione di trarne profitto (lucri animo) (8). Quando il ladro è arrestato e colto in fatto prima ch'egli abbia la cosa in suo potere, il furto prende nome di furto manifesto (furtum manifestum); in ogni altro caso, il furto è non manifesto (furtum non manifestum) (9). Relativamente al suo oggetto, il furto si divide in furtum rei ipsius, in furtum usus, e in furtum possessionis.

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L, 17.

7.

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Cost. un.

fr. 164, D.

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(5) Oggi, il delitto non dà luogo che a un'azione in riparazione di danni, e le actiones pœnales dei Romani, tendenti a una pena privata, son disparse dalla nostra legislazione, essendo soggetto al presente ogni delitto a pubblica pena. (6) Gajo, III, 138-208. Paolo, II, 31. Ist. IV, 1. Dig. XLVII, 2. Codice VI, 2. Donello, Comm. jur. civ. XV, 29. Unterholzner, Della prescrizione, p. 120-130. - Hasse, Della colpa, §. 8191. Ch. Dan. Erhard. Diss. de furti notione per leges constituta accuratius definienda. Lips. 1806. G. G. A. van Imhoff, De furtis ad Leg. XII Tab. Græning. 1824. H. Luden, De furti notione sec. jus rom. Jenæ, 1831.

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4. Il furtum rei ipsius, che si commette per la sottrazione fraudolenta d'una cosa mobile, è di due specie: si può infatti rubare la cosa altrui (furtum alienæ rei), come la propria furtum suæ rei), allorchè il proprietario sottrae la cosa propria a colui che ha diritto di possederla (10).

2. Il furto d'uso (furtum usus) consiste nell'uso illegale d'una cosa mobile che si possiede, per esempio, a titolo di creditore pignoratario, di commodatario o di depositario (14) il furto d'uso può del pari commettersi sulla propria cosa; per esempio quando il proprietario chiede la sua cosa a quegli cui l'ha oppignorata, e la impresta a un terzo senza autorità del creditore pignoratario (12).

7. Il furto del possesso (furtum possessionis) si commette quando chi possiede una cosa mobile, non come proprietario, ma come creditore o commodatario, trasmuta per atto esterno per esempio, per denegazione o sottrazione della cosa il suo possesso, in possesso a titolo di proprietario. Il furto del possesso non può cadere che sulle cose altrui (13).

(7) Non vi è furto sulla cosa immobile. Gajo, II, 51. 25, pr. D. XLVII, 2.

(8) §. 1, J. IV, 1.

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§. 7, J. II, 6. - fr. fr. 38, D. XLI, 3. fr. 1, §. 2, 3, D. XLVII, 2. fr. Cpr. fr. 52, . 16, ibid. 22, §. 7, D. XVII, 1. Cost. 7, C. VI, 2. L'animo di trar profitto da una cosa (animus lucri factendi) è essenzialmente necessario; fr. 39, D. XLVII 2 (9) §. 3, J. IV 1. fr. 2; fr. 8; fr. 21, pr., fr. 35, D. XLVII, 2.

(10) Gajo, III, 200. - §. 10, J. IV, 1. fr. 15, §. 1, 2; fr. 19, §. 5, 6; fr. 20, §. 1; fr. 53, §. 4; fr. 59, D. XLVII, 2. fr. 49, D. XLI, 3.

D.

(11) §. 6, J. IV, 1. - fr. 40; fr. 54, pr.; fr. 76, pr., fr. 16, D. XLVII, 2. XIII, 1.

(12) Fr. 54, §. 1, D. XLVII, 2.

(13) Teofilo, sul §. 1, J. IV, 1. - fr. 33; fr. 46, §. 6; fr. 52, §. 7; fr. 59; fr. 67, pr.; fr. 71, pr.; fr. 73, D. XLVII, 2.

La conosciutissima regola: nemo sibi ipse causam possessionis mutare potest,

§. 467. Obbligazioni nascenti dal furto. Gli effetti legali del furto sono i seguenti (1):

4. Il ladro è obbligato a restituire la cosa rubata con tutto ciò che le attiene, e di pagare, nel caso in cui più essa non esista, il maggior prezzo che possa valere dopo la sottrazione (2).

bata, allorchè il furto era manifesto, e il doppio, allorchè non lo era; l'azione furti, la quale era un'azione penale, e serviva a perseguitare questo diritto, si accordava contro il ladro, ma non mai contro i suoi eredi (7). L'obbligo di rendere il doppio estendevasi anco al complice, e al ricettatore di mala fede, nell'un caso come nell'altro (8).

§. 468. 3. Della rerum amotio.

L'azione furti non ha luogo tra fidanzati o sposi (9), ma quando il furto è stato commesso prima del matrimonio, la legge accorda la condizione furtiva che si può intentare anco durante il matrimonio (10); allorchè, per

2. Eresponsabile, senza restrizione, d'ogni danno, anche del caso fortuito, e comunque provi che la cosa sarebbe perita fra le mani di colui al quale l'ha sottratta (3). L'esecuzione di queste due obbligazioni può perseguitarsi dal proprietario della cosa rubata contro il ladro e suoi eredi, ma non contro l'occultatore e il complice (4), collo contrario è stato commesso durante mezzo della condizione furtiva condictio furtiva) che è (rei persecutoria) (5).

3. In appresso, il diritto romano dava a chiunque aveva interesse che la cosa non fosse sottratta (6), il di- | ritto d'esigere, come pena privata, il quadruplo del prezzo della cosa ru

il matrimonio, prende il nome d'amotio rerum e produce l'azione rerum amotarum (11). Questa azione può intentarsi direttamente, se il furto è stato commesso in vista del divorzio (12); utilmente, se è stato commesso nella speranza della morte (13). In ambedue i casi, l'azione è diretta

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(2) Fr. 8, pr., §. 1, 2, D. XIII, 1. Cpr. fr. 67, §. 2, D. XLVII, 2. fr. 13. D. XIII, 1.

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cit.

<< Semper

(3) Fr. 8 2 pr. §. 1 enim moram fur facere videtur » - fr. 8, §. 1; fr. 16; fr. 20, D. XIII, 1. fr. 40, pr. fr. 50, pr. D. XLVII, 2. Cost. 2, C. IV, 8. (4) Fr. 5; fr. 7, §. 2; fr. 9; fr. 10; §. 1, D. XIII, 1. - §. 4, 11, 12, 14, 19, J. IV, 1. - fr. 6, D XIII, 1.

D. V, 3.
Cost. 9, C. VI, 2.

(5) Dig. XIII, 1. Codice IV, 8. Glück, Comm. part. 13, §. 837. A. O. Mackeldey

Krug, Selecta de condictione furtiva capita. Lips. 1831. La condizione furtiva non appartiene che al proprietario della cosa; fr. 1, 11, D. XIIÎ, 1. - fr. 14, §. 16 in fine, D. XLVII, 2. fr. 12, §. 5, D. VII, 1. Il creditore pignoratario a cui ordinariamente s'accorda, non ha che una condictio incerti e l'azione furti. V. fr. 12, §. 2, D. XIII, 1, e i passi citati alla nota seguente.

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(6) §. 13-17, J. IV, 1. fr. 10-12; fr. 14, §. 10, 16; fr. 46, §. 1, 4; fr. 71; fr. 85, D. XLVII,. 2. Cpr. Hasse, Della colpa, §. 81-91.

(7) §. 5, J. IV, 1. - §. 18, J. IV, 6. fr. 50, pr. D. XĹVII, 2.

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