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spazio, esigere il capitale (4). Ma non | che allorquando lo stesso debitore

gli è permesso di farsi pagare anti-
cipatamente queste usure fin tanto che
non si rende per ciò colpevole d'u-
sura proibita (2).

§. 368. C. Della tassa
dell'interesse.

La tassa degl'interessi convenzionali è ordinariamente fissata dalla convenzione; in tutti gli altri casi, è determinata dalla legge:

1. Quanto agl'interessi convenzionali, le personæ illustres e le persone di un grado superiore potevano, per diritto romano, prendere il 4 0f0, i negozianti ei fabbricanti 8 0f0 e tutte le altre persone 6 0f0.

paga allo stesso creditore gl'interessi degl'interessi che gli deve. Così non ha luogo l'anatocismo allorquando un creditore presta ad un terzo, come capitale, gl'interessi che percipe dal suo debitore, o allorquando si paga gl'interessi degl'interessi che un altro deve (8).

4. Tutti gli atti che mirano ad eludere le proibizioni di prendere gli interessi, di cui abbiamo parlato, son nulli e costituiscono il delitto d'usura (9) Non si dee pagare ciò che è stato promesso oltre il dovere, e se di già è stato pagato, bisogna esaminare se il capitale trovasi o no nelle mani del creditore: nel primo caso, il capitale diminuisce ipso jure, 2. Gl'interessi legali e quelli che fino a concorrenza del di più che si risultano dalla mora, sono in gene-è pagato per interesse; nel secondo, rale del 6 0f0 (3), in qualche caso ciò che è stato pagato di più, può del 3 0 4 0f0 (4), ed in altri anco ripetersi colla condictio indebiti (10). del 12 0f0 (5).

3. Le seguenti limitazioni s'applicano anche agl'interessi :

a) Gl'interessi arretrati, che sorpassano il capitale (usuræ ultra alterum tantum), non son di dovere (6).

b) Non è permesso l'interesse dell'interesse (anatocismus), e poco importa che sia aggiunto al capitale (anatocismus conjectus), o che riguardato come capitale, il debitore ne paghi le usure (anatocismus separatus) (7). Ma l'anatocismo non esiste

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§. 369. D. Interusurium.

L'abbuono (interusurium, commodum medii temporis s. representationis) differisce dalle usure. Ciò significa un di meno cui il debitore può pretendere, pagando prima della scadenza e col consenso del creditore, un debito infruttifero (14). La questione secondo qual principio quest' abbuono debba calcolarsi, quando le parti interessate non lo determinarono per convenzione, è molto con

C.

6.

(2) Cost. 26, §. 1. C. IV, 32. Roeder. Diss. de usuris in futurum acceptis. Giess. 1830.

(3) Cost. 26, §. 1, C. IV, 32. (4) Cost. 26 citata.

(5) 4 0/0: Cost. 31, §. 2, C. V, 12. Cost. unic. §. 7, C. V 13. Nov. 2, Nov. 22, c. 44 " s. 4, 7, 8.

c. 4.

Nov. 34, c. 1.

III, 31.

,

3 0/0: Cost. 12, pr.

C.

(6) Cost. 23, 26. §. 1, C. IV, 32. Cost. 2, 3, C. VII, 54. Cost. 4, C. VIII,

10. III, 5.

fr. 51, D. XXVI,

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(7) Cost. 10, C. IV, 32. Cpr. Cost. 27, §. 1, C. ibid. fr. 26, §. 1, D. XII, Delle leggi posteriori, Cost. 20, 30% C. ibid; Nov. 181, 138, estesero questo principio alle usure pagate successiva

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troversa (1); molte ragioni frattanto | dinarj calcolati fino al giorno della sembrano militare in favore del prin- scadenza del debito, equivarrebbe al cipio, che il debitore debba pagare capitale (2). una somma che, con gl'interessi or

(1) Fr. 1, §. 10, D. XXXV, 2. fr. 24, §. 2, D. XXIV, 3. fr. 10, §. 12; fr. 17, §. 2, D. XLII, 8.

(2) B. Carpzov, Dec. P. 3, dec. 275. G. G. Leibnitz, Medit. jurid. math. de interusurio. In actis erud. ann. 1683, p. 425. F. Zachariæ, Ueber die richtige Berechnungsart des Interusurii, o

del Calcolo dell' Interusurium. Greifswald, 1831.

Hoffmann, Scrader, Seuffert, Zacharia e Goeschen dividono questa opinione. Thibaut, System. §. 289, adotta il principio di Leibnitz, secondo il quale si deve calcolare i frutti dei frutti della somina da darsi.

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non si può parlare che delle convenzioni, le quali danno luogo a una obbligazione; suppongono esse per lo meno due persone, indipendenti, l'una dall'altra, una delle quali promette di dare una cosa determinata, all'altra che l'accetta (5). L'accettazione segue ordinariamente la promessa, ma può anche precederla come dimanda (6).

Recitat. in tit. Cod. de pactis, in Oper. t. IX, p. 24, Donello, Comm. ad tit. Dig. de V. O. et ad tit. Cod. de pactis. In oper. t. VII, e XI.

(3) Fr. 1, §. 1, 2, D. II, 14.

(4) A eccezione del diritto di successione, la base del quale in diritto romano non può essere la convenzione.

(5) Fr. 1, §. 2, 3, D. II, 14. - Fr. 3, pr. D. L, 12.

(6) Per esempio: «< rogavit Titius, spopondit Mævius » fr. 7. §. 12, D. II, 14.

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Molto differenti dalle convenzioni

sono:

1. Le promesse preventive sull'oggetto d'una convenzione e sue condizioni. In generale, non sono esse obbligatorie che allorquando la convenzione è stata conclusa (1).

§. 373. III. Condizioni delle convenzioni. A. Generalità.

Qualunque convenzione per cui uno s'obbliga verso l'altro a una certa prestazione, è un atto giuridico. I principj generali, più sopra esposti da noi, s'applicano dunque alle convenzioni. Ma la convenzione esige in particolare il concorso della volontà, 2. La pollicitazione, che è gene- o il consenso reciproco dei contraralmente una promessa non accetta- enti (6). Così colui che non può preta (2). Essa non è obbligatoria per star consenso, e anche incapace di colui che l'ha fatta, tranne quando è contrattare, e colui che, per un atto in favore dello Stato o d'una città; giuridico, ha bisogno dell'autorizzain questi casi il promittente obbligazione del tutore o del consenso del sè e suoi eredi, ove siasi impegnato curatore, non può, senz' essi, porre per motivo particolare, che si com- in essere una convenzione. pie in progresso; ma se si è impe

senso. 1. Del dolo.

gnato senza un motivo particolare, S. 374. Delle cause che viziano il conegli non si obbliga che per un principio d'esecuzione (3).

3. Il voto (votum) o la promessa di una certa prestazione, fatta per pietà e con fine religioso. In diritto romano, il voto era obbligatorio, anche per l'erede, s'egli l'aveva esternato; in diritto canonico, si aveva, come promessa fatta a Dio, dal momento in cui era fatta internamente (4); ma si suppone sempre che il voto sia stato diretto ad un oggetto lecito e che sia stato pronunziato liberamente da persona capace d'obbligarsi (5).

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(7) L. J. Neustetel, Bonæ fidei negotia dolo inita non esse nulla. Heidelb.

1818.

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c. 1, 3 C. c. 10.

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caso, la parte ingannata può domandare la nullità dell' intera convenzione (1): nel secondo caso, quegli che è vittima del dolo non ha diritto che ai danni (2).

3. Infine, il dolo posto in essere da un terzo dà alla parte lesa, ove ella non ne abbia altre, l'azione del dolo (actio doli) contro colui che ne ha fatto uso (3), e contro la parte, colla quale ha contrattato, una domanda d'indennità, in quanto è venuto a locupletarsi per causa del dolo (4).

§. 375. 2. Della violenza.

Fra le cause che viziano il consenso si annovera :

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1. Allorchè l'errore cade sopra una condizione essenziale, vizia la convenzione (9). Così l'errore sulla cosa che forma oggetto della convenzione, o sulle qualità essenziali della cosa (40); l'errore sulla specie della convenzione (44); l'errore sulla persona dei contraenti, ma solo quando la considerazione della persona deB. La violenza. termina la convenzione, o allorchè, Esercitata da colui al quale si è come nelle donazioni, la convenzione promesso, produce gli effetti mede-è stata fatta in ragion della persosimi del dolo (5), ma quando proviene da un terzo, annulla il contratto, se quegli cui si è promesso, ne avea cognizione (6); nel caso contrario, bisogna vedere se la convenzione era o no eseguita. Nel primo caso, essa generalmente riman vaJida, e il promittente non può ricorrere che contro colui che ha eser

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D. XVII, 2.
Cost. 5, 8, C. IV, 44.
- Cpr. più sotto . 749.

(2) Fr. 13, §. 4, D. XIX, 1. Cf. fr. 32, D. ibid. fr. 45, D. XVIII, 1. J. H. Reuter, Diss. de doli incidentis et causam dantis in contractibus effectu. Halæ 1744. - Noodt, De forma emendandi doli mali, c. 7, seg. e molti altri nullameno pensano diversamente; essi pretendono che ogni specie di dolo annulli la convenzione.

(3) Fr. 1, §. 8; fr. 2-8; fr. 19; fr. 40, D. IV, 3.

fr. 9, §. 1;

(4) Fr. 18, §. 3, D. ibid. ulbach, De dolo tertii ejusque Heidelb. 1812.

B. J. Re

effectu,

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na (12); l'errore sul prezzo, ma nel caso solamente in cui quegli che deve pagare, offre un prezzo creduto minore dell'altro (13).

2. Quando l'errore cade sugli accessorj, non vi ha, per regola generale, che un'azione in risarcimento, e la convenzione riman valida (44). L'errore sulle cagioni che hanno de

(7) Fr. 14, §. 3, D. IV, 2.
(8) Fr. 4, . 33, D. XLIV, 4.

Fr. 57, D. XLIV, 7.-G. L. Kern,
De errore contrahentium. Gætt. 1806.
P. L. Kritz, De erroris facti in emtione
venditione effectibus. Lips 1813. `- K. Ri-
chelmann, Comment. de facti errore in
conventionibus, Gætt. 1832.

(10) Fr. 137, §. 1, D. XLV, 1.- Cpr. §. 9, pr.. 2; fr. 14; fr. 15; pr.; fr. 16, pr.; fr. 22; fr. 23; fr. 57, pr. D. XVIII, 1. (11) Fr. 57, D. XLIV, 7. fr. 18, pr.§. 1, D. XII, 1. fr. 36, D. XLI, 1. (12) Arg. fr. 9, pr. D. XXVIII, 5. fr. 72, §. 6, D. XXXV, 1. - Cost. 4. C. VI, 24.

(13) Fr. 9, pr. D. XVIII, 1.

D. XIX, 2.

1, D. XLV, 1.

fr. 52,

Arg. fr. 1, §. 4; fr. 83, §.

(14) Per esempio, fr. 40, §. 2, D. XVIII, 1. Cpr. fr. 34, pr.; fr. 57 , pr.

D. ibid.

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fr. 42, D. XIX, 1.

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