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chè la proprietà fondiaria fu conosciuta dopo la proprietà mobiliare. E molti esempi di espropriazione di beni mobili e in special modo di una categoria delle res sese moventes degli schiavi cioè, sono dati, come abbiam veduto, da Tito Livio, e le fonti giuridiche ce ne forniscono altri.

Un senatusconsulto, di cui abbiamo già fatta parola comandava che, dietro perizia, « viri boni arbitratu aestimata » fosse fatta la espropriazione nei vicini fondi privati dei materiali da costruzione, quasi negli stessi termini dell'Art. 64 della nostra legge 25 Giugno 1865 sulla espropriazione per causa di pubblica utilità (1). « Cum ii rivi fornices.... reficerentur ex agris privatorum terram, limum, lapidem, testam, arenam, ligna, caeteraque quibus ad eam rem opus esset, unde quaeque eorum proxime sine iniuria privatorum tolli, sumi, portari, possint viri boni arbitratu aestimata darentur, tollerentur, sumerentur, exportarentur. » E a ciò fare si ordinava la occupazione temporanea dei fondi privati anche per praticarvi passaggi provvisori « et ad eas res omnes exportandas earumque rerum reficendarum causa quotiens opus esset per agros privatorum sine iniuria eorum itinera actus paterent, darentur. »

Del resto che gli esecutori di un'opera di pubblica utilità potessero anche occupare temporaneamente i beni dei privati per tutti gli usi necessari alla esecuzione della opera stessa, ce lo fa présumere anche Livio quando, come sopra abbiamo veduto, parla del Censore M. Emilio Lepido, che dovette far costruire un molo a Terracina, « ingratum opus, quod praedia habebat ibi privatamque publice rei impensam insuerat (2). »

Altro esempio di espropriazione di beni mobili ci è fornito dalla costituzione dell'imp. Anastasio qui sopra riportata, ove in caso di estrema pubblica necessità si ordina la espropriazione a giusto. prezzo del frumento, dell'olio e degli altri generi. (Cod. X. Tit. XXVII. Ut nemini liceat).

§. 2.

Della espropriazione dei beni immobili.

Dalle res mobiles passando alle res immobiles o res soli, dirò che sopra queste cadevano d'ordinario con più frequenza le espro

(1). Vedi Art. 64 « Gli intraprenditori ed esecutori di un' opera dichiarata di pubblica utilità possono occupare temporaneamente i beni privati per estrarre pietre, ghiaia, sabbia, terra e zolle, per farvi deposito di materiali, per stabilirvi magazzini ed officine, per praticarvi passaggi provvisori, per aprir canali di divisione delle acque è per altri usi necessari alla esecuzione dell'opera stessa.

(2). Loc. cit.

priazioni, stante gli immensi e continui lavori pubblici intrapresi dai Romani. Fra i beni immobili non vi ha dubbio che furono compresi nelle leggi di espropriazione per causa di pubblica utilità, oltre agli immobili per natura, anche gli immobili per accessione, poichè la forma o la natura di questi essendo determinata dalla cosa principale ne vengono a costituire altrettante parti partes rei in modo tale da non potersi più separare. Ond'è che se viene espropriata la cosa principale, si include necessariamente nella espropriazione anche l'accessoria, per la nota regola che l'accessorio seguita sempre il principale; accessorium sequitur principale.» Così nella espropriazione del suolo fatta per causa di utilità pubblica si comprende la espropriazione dell' edifizio che vi è costruito, degli alberi che spontaneamente od artificialmente vi hanno posto radice, della sementa che vi è stata gettata e di tutti quelli accrescimenti di terra prodotti dai fiumi e dai torrenti.

I Romani non conoscevano la distinzione, ammessa oggi anche dal nostro codice civile, di immobili per destinazione (1); perciò i mobili, che potevano con facilità e senza alcun danno essere staccati, non erano a mio avviso, coinvolti nella espropriazione della cosa al cui ornamento, servizio e coltivazione potevano essere stati destinati. Si seguiva in tal caso lo stesso sistema della espropriazione dei beni mobili, posta l'ipotesi, che l'interesse pubblico esigesse la espropriazione anche di queste cose mobili.

Eppoi anche il concetto della espropriazione mi sembra che confermi quanto io sostengo. Infatti se,' come ho già dimostrato, la espropriazione dovette farsi dal popolo romano col minimo possibile sacrifizio della privata proprietà, in tal caso non si dovette espropriare altro che quello, che era strettamente necessario alla esecuzione ed alla ulteriore manutenzione della opera pubblica e rilasciare alla privata proprietà quelle cose, che il proprietario poteva agevolmente portarsi via e ciò non tanto per l'interesse dei privati, quanto anche per l'interesse dello stato, il quale espropriando doveva pur dare un compenso. Così ad es: i quadri incastrati nel muro ma che si potevano con facilità distaccare senza alcun danno, non dovettero essere compresi nella espropriazione della casa, come non dovettero comprendersi i bovi aratorii nella espropriazione del fondo. Queste regole, che si desumono dai principî della logica applicata al diritto, si vedono seguite anche a' giorni nostri nelle espropriazioni per causa di utilità pubblica.. Ed infatti riguardo ai beni, che oggi appellansi mobili per destinazione, è am

(1). Vedi Cod. Civ. ital. Art. 407, 413, 414.

messa la espropriazione per quelli che non si possono separare, poichè in tal caso formano altrettante accessioni della cosa principale ; mentre non è ammessa per quelli che si possono facilmente e senza danno distaccare (1).

§ 3.°

Nella espropriazione si compresero tutti i beni
necessari senza eccezione.

Fra i beni mobili e immobili soggetti ad esprop riazione dovettero essere compresi, senza eccezione, tutti i beni non solo dei privati cittadini, ma anche delle prime autorità di Roma e, sotto l'impero, anche i beni dell' imperatore nonchè nell' ultimo diritto quelli pure degli ecclesiastici.

E già ho sopra accennato il passo di Livio (2) ove si racconta, che il Censore M. Emilio Lepido nell' anno 573 di Roma avendo intrapresi molti lavori pubblici, dovette assoggettarsi o alla espropriazione dei suoi campi, o a permettere che con grave suo danno venissero occupati dagli operai per la esecuzione dei lavori « Ingratum opus quod praedia habebat ibi. »

Per ciò che spetta i beni dell'imperatore si ha la Const. unica § 14 Cod. VI De caducis tollendis LI ove con una legge delle più generali è sancito, che alla utilità privata dell'imperatore si debba sempre preferire tutto ciò che è di pubblico interesse, poichè la comodità dei sudditi è anche quella dell'imperatore « quod communiter omnibus prodest hoc (rei) privatae nostrae utilitati praeferendum esse censemus, nostrum esse proprium subiectorum commodum imperialiter existimantes. » Del resto non si dovette risparmiare neppure l'imperatore, quantunque l'abuso che si fece della lex imperii (1) lo sciogliesse dal vincolo delle leggi: fr. 31 Dig. I De legibus III « princeps legibus solutum est ecc.... » Nov. CV Cap. II in fin. « cui (imperatori) et ipsas Deus leges subiecit, legem animatam eum mittens hominibus. » Poichè essendo conveniente, che egli osservasse quelle leggi dalle quali era prosciolto; fr. 23 Dig. XXXII De legatis III « decet enim tantae maiestati, eas servare leges, quibus ipse solutus esse videtur » Const. 3 Cod. VI De testamentis XXIII « licet enim lex imperii solemnibus iuris imperatorem solve

(1). Vedi anche DE GIOANNIS, Diritto amministrativo. Vol. 11, Cap. III, SS 1030-1119. (2). Hist. XL, 51.

rit, nihil tamen tam proprium imperii est quam legibus vivere per questo adunque penso, che non si dovette avere riguardo ai suoi beni patrimoniali, quando il pubblico interesse esigeva la espropriazione.

Quanto poi ai beni degli ecclesiastici Giustiniano ce, ne da una luminosissima prova nella Nov. VII Cap. 2 § 1 più volte citata, ove si comanda la espropriazione anche dei beni immobili appartenenti agli ecclesiastici, tutte le volte che l'utilità pubblica o la pubblica comodità lo esiga; Sinimus igitur imperio, si qua communis commoditas est, et ad utilitatem reipublicae praespiciens, et possessionem exigens talis alicuius immobilis rei, qualem proposuimus: hoc ei a Sanctissimis Ecclesiis et reliquis venerabilibus domibus indemnitate servata, et recompensanda re eis ab eo, qui percipit, aequa, aut etiam maiore, quam data est. »

Affatto sconosciuta presso i Romani fu la espropriazione applicata alle proprietà intellettuali, ossia ai diritti d'autore. Questa è una istituzione affatto moderna riconosciuta ed ammessa limitatamente in Italia colla legge del 25 Giugno 1865 e combattuta e non ancora ammessa in Francia.

CAPITOLO V.

Del compenso attribuito all' espropriato.

Che presso i Romani non si facesse luogo ad espropriazione senza il pagamento di una indennità o compenso è cosa che già ho dimostrato nel corso di questa tesi colle numerose leggi e cogli scritti di varii autori latini da me riportati (1). Del resto a me

(1). LIVIO XXVI, 27; XXII, 57; XXXII, 26; § 2 Inst. I De his qui sui vel alini iuris sunt VIII; 2 Dig. I, eod. tit. VI; fr. 1 § 13, fr. 16 Dig. XXIX De senatus consulto Salviano V; Const. 2 Cod. VII Pro quibus causis servi pro praemio libertatem accipiunt XIII; CICERO, Ad Atticum IV, 16; FRONTINUS, De aquaeductibus urbis Romae Art. 125. 128; Const. 1 Cod. Theod. De aquaeductu II e Const. 1 Cod. Just. XI eod. tit. XLII; Const. 30 Cod. Theod. XV De operibus publicis I e Const. 9 Cod. Just. VIII eod. tit. XII; Const. 50 Cod. Theod. XV De operibus publicis I; Const. 51 Cod. Theod XV eod. tit. e Const. 18 Cod. Just. VIII eod. tit. XII; Const. 53 Cod. Theod. XV eod. tit; Cod. X Ut nemini liceat in emptione specierum se excusare XXVII; Nov. VII Cap. II § 1. FRESQUET, loc. cit. pag. 112 sect. D. « principe de l'indemnité, il est mentionné à peu près partout, à côté du prin<< Quant au cipe d'expropriation. » — DIONIGI D'ALICARNASSO al suo libro 10 racconta che se lo Stato avesse demo lito un edifizio appartenente a qualche privato cittadino e costruito sopra un terreno pubblico, doveva rimborsarlo e ciò in forza di un antico plebiscito. Vedi anche GARBOULEAU loc. cit. pag. 142.

sembra, che quand' anche le fonti giuridiche e non giuridiche avessero fatto difetto, basterebbe avvertire che il popolo romano fu troppo penetrato dei principî d'equità per non indennizzare i proprietari espropriati per l'interesse generale e che se questa ingiustizia fosse stata fatta, sarebbero certamente rammentati da qualche storico i grandi lamenti, a quali essa avrebbe dato luogo in seguito al numero straordinario di pubblici lavori intrapresi; poichè la espropriazione senza un compenso è rapina. Ma non vi è autore che accenni neppure a un lamento in proposito; mentre invece ve ne sono alcuni, che assai chiaramente ci fanno comprendere, quanto largo partito traessero in queste circostanze i proprietari, benchè la espropriazione anche allora non dovesse essere pel proprietario nè causa di perdita nè di guadagno. CICERONE infatti scrivendo ad Attico (1) si maraviglia, come già abbiamo notato, del prezzo che Cesare pagò ai proprietari espropriati ed esclama: « cum privatis non poterant transigi minori pecunia ed il GOTTOFREDO commentando la Const. 50 Cod. Theod. XV Tit. 1 si esprime così; « privatorum scilicet, aedificia, publici operis causa saepe olim iure occupabantur. Sed tamen compensato aliquo tríplici ratione. »

Quello che si dice rispetto alla espropriazione perpetua si può ritenere anche riguardo alla espropriazione od occupazione temporanea, poichè anche in questo caso fu corrisposto agli espropriati il debito compenso.

Nè l'esempio dell' alloggio, che ogni cittadino doveva gratuitamente prestare ai soldati, quando non avesse pagato per esimersene un prezzo detto « pretium epidemeticum Cod. XII, De metatis et epidemeticis XLI, nè quello della via rovinata fr. 14 § 1 Dig. VIII Quemadmodum servitutes amittantur VI, anche ammesso in quest'ultimo caso, cosa però improbabile, che non si corrispondesse la indennità a costui che prestava la via per il suo fondo, non valgono a porre per regola generale la gratuità delle occupazioni temporanee e simili, come l'obbligo delle comandate corvées non varrebbe ad ammettere come regola generale la gratuità delle opere personali.

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In che cosa consistè il compenso per gli espropriati.

Ammesso adunque che presso i Romani si dasse luogo ad un compenso nei casi di espropriazione, vedremo ora in che cosa esso

(1), Loc. cit.

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