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» l'orror delle zone glaciali e sotto il river» bero delle zone ardenti. Lasciateli pure » in pace, che resteranno di buon grado » alla mercè della fame, senza invidiar le >> vostre venefiche superfluità e le vostre >> scellerate delizie. I loro meschini ricet>>tacoli non temono nè la man rapace di un finanziere inesorabile, nè il fasto am» bizioso di un ministro insolente, nè la

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sozza ingordigia di un magistrato venale. » Le loro famiglie non soggiacciono alle co» mandate, a' sussidj, a' tributi, a vettigali » di un fisco armato. Le loro persone non partecipano a' pregiudizj, alle seduzioni, » a' fantasmi delle pratiche viziose e de' » vizj ragionati. Questa è la causa della » loro ostinata persistenza in un genere » di vita altrettanto libera, quanto infelice. >> Buon per voi se vi persistono. Medi Egizj, Greci, Romani, voi che odiate i >> barbari e non amate i vostri simili, gran » disastri vi si preparano. Verranno ben to» sto i pastori del Mezzogiorno ed i cac»ciatori del Settentrione a rovesciar le reg

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gie superbe dell' Asia ed i troni formida» bili di Europa. I Cimbri avventano già la

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mano sul crin dell' Italia, e se fumano » della loro strage le pianure di Aix e di » Vercelli (1), non sarà sempre alla testa » delle legioni un Cajo Mario. Sieguono in qualche distanza i torrenti barbarici. Ala» rico si appressa, ed i cacciatori di Scan» dinavia beono l'acque del Tevere. Odoa» cre rincalza, e la metropoli del mondo » crolla da' fondamenti. Si riscuote dal tor»pore la Scizia, e le torme del Tanai e » del Boristene sommergon l'Europa nel » sangue e nel fuoco. Che se le ossa insepolte de' campi Catalaunici additano all'at>> tonito passaggiero la sconfitta degli Unni, non sempre Attila sarà fuggitivo nè semEzio sarà vincitore. Piomba Geugiskan » dalle vette del Caucaso, e come un tur>> bine rovina ogni ostacolo; la vittoria sie» gue dappertutto i suoi passi, e l'Oriente

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(1) Si sa, che il marchese Maffei, nell' Istoria đì Verona lib. III. dopo il Panvinio ed il Sigonio, sostituisce le pianure di Veroua a quelle di Vercelli, ma non si sa se le congetture su le quali si vuel correggere il testo di Plutarco sieno tanto robuste quanto si pretende.

, strascina le sue catene. Esce Timurbeck da' covili della Sogdiana, devasta la patria degli Arsacidi, abbatte il soglio de' › Seleucidi e calpesta lo scettro de' Tolom› mei. Converte l'Arabo pastore in amese di guerra la pacifica verga, ed ecco gli

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» Ommiadi, gli Abbassidi, i Califi ed i » Miramolini scorrer con la sciabla in alto » la superficie di questo globo per propagarvi un fanatismo superstizioso, e per >> travestire all' Arabesca le Greche discipline. Non tarderanno i famelici abitatori . delle isole Batave e delle Cassiteridi a di» sputarsi la pesca del cerchio Polare; e quindi assuefatti ad una vita stentata e » addestrati a superare i pericoli di un capriccioso elemento contenderanno del do> minio del mare. I loro torreggianti navigli ■ scorreranno l'Oceano dalle sponde Orien > tali all'estremo Occidente, e padroni del » mare vorranno dar legge alla terra. Allora » la posterità de' pescatori, sprezzati e negletti dal fasto Greco e dall' ambizione > Romana, deciderà la sorte de' popoli. I » continenti ubbidiranno a chi potrà fulmi› nar le sponde, e l'universo cambierà to

» talmente sembianza. » Così la miseria, l'infelicità, la scoutentezza eccitando la disperazione de' popoli pastori, de' cacciatori e de' pescatori, rivendicherà i diritti della forza contro gli abusi dell' opinione; ma non perciò i popoli carnivori potranno dirsi felici.

S. IV.

Felici soltanto potranno dirsi i popoli frugivori, che immergendo il curvo aratro nelle viscere della terra stimolano la fecondità della natura a riprodursi ubertosamente. La necessità di vivere eccita l'industria dell' uomo a sviluppar dal seno delle bionde spighe un alimento semplice, nudritivo e salutare; e dacchè l'industria dell' uomo rivolge il vigor delle sue braccia su l'ispida superficie di un territorio, egli già pensa a circondarlo di siepi per esercitarvi un diritto esclusivo e terminale. Questo diritto inviolabile, che fortificando la ragion di possedere insegna a rispettar l'altrui possesso, attacca la man coltivatrice ad un dominio locale che resta garante della dipendenza ci

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vile, e forma della proprietà e della società un complesso di legami indissolubili. La proprietà è dunque la base dell'agricoltura, l'agricoltura il nodo più saldo del patto sociale. E s'è vero che lo stato di società sia la perfezione dello stato di natura, un popolo frugivoro e coltivatore è sopra ogni altro felice. L'esperienza di tutte le nazioni e di tutt'i secoli comprova la realità di questa induzione, e non altro che lo spirito di singolarità ha potuto suggerir l'ipotesi, che i popoli ittiofagi abbiano più certa sussistenza e più perfetta esistenza de' popoli frugivori. L'eloquenza dipintrice di un illustre ragionatore può dar contorni speciosi ad un paradosso economico, ma non mai convertirlo in principio sistematico di teoria civile.

S. V.

Infatti egli incomincia (1) a screditar gli aurei doni di Cerere esagerandone i perniciosi effetti in fisica, in morale ed in poli

(1) Linguet, Traité du pain et du blé, chap. III,

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