Bella felicità; tu fei di ogni Ente,
Che refpira quaggiù, mobile, e fine; Qual nome io potrò darti, onde ciafcuno Ti ricerchi, ti fiegua, e ti ravvili? Tranquillità, piacer, pace, dolcezza,
Un non fo che ti dirò in fin di grato, Di pregevol, che ogni Uom dentro al fuo cuore Con perenne defio chiama, e fofpira.
Tu fei, la cui fperanza adulatrice Porge lena, e riftoro ai petti umani Contro i colpi di morte, e del deftino
Fiffo, e cangiante oggetto, a cui fon ufi Rivolgersi a vicenda, e faggi, e stolti Con formarne ciafcun quella confufa Immagine, che a lui fembra più vera. Tu fempre a noi vicina, in quel moment Ch' altri crede fermarti, allor ti involi; Pianta, che avesti origine nei Cieli, Se qui pofta tra noi da man Divina Degni di poffederti anco i Mortali Tu credi, addita loro in qual Regione Debbanti rintracciar, fotto qual Clima. Forfe tra l'Opulenza adulatrice
D'una Corte con brio fiedi faftofa ?
Dalle di gemme, e d'or ricche miniere
Forfe fortifti ad abitare il Mondo ?
Forfe ful margin di fcoprirti, è d'uopo, Del chiaro Fiume, che il Permeffo irriga:
Tra quel faper, che inebria la focofa Immaginante fantasia dei Vati ?
O all'ombra degli allori, onde la fama Fregiar promette il crin d' Eroi guerrieri? Qual è il Regno felice, ov' hai la Cuna, O quello in cui di comparir paventi? Ah che qualor la noftra industria è vana, Onde tra noi felicità germogli, L'arte accufar fi dee, non il terreno ; Il più orribil foggiorno, il più giocondo Poffon del pari a lei fervir d'afilo
O già mai non fi gufta, e non fi vedę, O fi trova egualmente in ogni lato : L'oro quel feduttore onnipotente
Non ha fopra di lei forza, ed impero ; Virtù l'attrae, del merto fi compiace; E fe le fpalle volge difdegnofa Dei Regi alle pompofe altere Corti, Nel tuo foggiorno, Amico, ella fi cela Per godervi in amabile ritiro
I fuo ftabil ricetto, il fuo ripofo.
Famofi fpirti voi, che di natura
I fegreti fpiate, e cui rischiara Filofofia la non fedotta mente, Infegnatemi voi, per qual cammino Della felicità s' approdi al porto;
Ma nei voftri volumi io più m'interno Altro fcoprir non fo, che incerti fogni,
E fpeciofe immaginarie fole;
L'un vuol, che in altrui prò fpenda la vita L'altro, che in un difutile ripofo
Io tragga i giorni miei. Lieto e tranquillo, Mi rifponde alcun d'effi in fenfo ofcuro,
Che val felicità l' effer contento.
Taluno intiera nel piacer la pone,
In cui vuol ch' Uom s' ingolfi a fuo capriccio ; Severo un' altro ogni defi condanna,
Vuol torre ogni paflion benchè leggiera; E trar la vita d'ogni brama esente
Chiama viver con pace, e con diletto. Oh vane idee d'immaginar fallace! Onde mal fi comprende un don si bello, E feguendo l'error fi lafcia il vero. Altri fu tutto a dubitar fon ufi,
E con profuntuofo altero ingegno
Sdegnano in cerca andar d' un bene incerto Che in niun lato tra noi, penfan, s'annidi.
Di quefte folli ingannatrici guide Fugga ciafcun le perigliofe traccie : Meglio è con fermo piè drizzare i paffi
Dietro a quell' orme,
quell' orme, che fegnò Natura,
Ogni condizione, ogni talento
Effer ponno felici; a quefto oggetto
Ciafcun, fol che lei fiegua, ove l'inclina, Soavemente è tratto; erra lontano
Da quefto fin, chi ver gli eftremi è volto. Quei che dritto penfar, bontà di cuore Vantar può tra i fuoi pregj, entro fe fteffo Compita già felicità poffiede.
Del Ciel fi lagna ogn' un; ftolto l'accufa Che nega ad un con ingiustizia avara Ciò, che ad altri difpenfa a larga mano. Se diè a tutti ragion, col ricco dono Volle tutti non men render felici. L'universal vantaggio è fempre il primo Scopo, onde agifce la Cagion Suprema;
Oggetto un fol non è delle fue cure.
Nè un fol, ma tutti vuol paghi e beati, E nel riparto dei diverfi Beni
A un tal principio stabilmente mira.
Ma fe il ben dei mortali (odo taluno Dirmi) è l'oggetto dei Decreti eterni, Per qual cagion nei doni fuoi fi fcerne Tanta fra tutti difegual mifura, Ně arride a tutti egual la forte amica? L'Ordin, quell' immutabile e fupremo Delle Leggi del Cielo Autor primiero, L'Ordin vuol, che talun per fenno splenda, Quefto per grado, e quello per ricchezza, Ed altri infin per fcienza, arte, ed ingegno, Benchè più d' un di lor nei fuoi natali Sembraffe affatto d'ogni pregio ignudo : Ma chi a fondo conofce, in che fi debba Ripor l' effer felice, e non fi affida. All inganno dei fenfi, affai ravvifa, Che fenza ancora il fragile foftegno Di quefti fpeffo all' Uom beni dannofi A quel bramato fin giugner fi puote. La provida Bontà regolatrice
De Sovrano Motor fpande fu tutti
Egualmente il fuo amor, le fue premure, E appunto vuol delle fue Grazie in quefta Sproporzion mirabile, e fagace, Che la comun felicità fi fondi ; Quindi è, che dai fcambievoli foccorfi Onde a vicenda bifognofi fiamo Con coftante armonia vuol che dipenda; Tal che mentre ciascun da questa ascosa Forza tratto è a giovar folo a fe ftello,
L'univerfale utilità proccura.
Quel, che nella Natura agifce, e regna, Mifto prodigiofo in ogni lato,
La guerra degl' inftabili Elementi
Delle Stagioni il variar perenne Non giovan forfe all' Univerfo intiero ? L'apparenza ingannevole di tante
Nel vero ben diverfità non pone,
Condizioni differenti, alcuna
Che fempre è in fe l' ifteffo, e non fi cangia,
O del più gran Monarca in cor rifieda,
O alberghi in fen del fuddito più vile. Quando col foffio animatore infufe Iddio nel noftro fral, fpirto vitale,
Il fonte, onde il ben fgorga, anco vi pofe,
E febben di Fortuna i varj doni
Divider volle, a fin che in tutti eguali
Non foffer di odj, e di contrasti eterni Afpre cagioni, Ei ne lafciò con retta Legge a tutti in comun la massa intiera. Se ad effer fortunato afpirar puote Ciafcun, fe a tutti un tal favor concede Il Ciel con giufta fcelta, e con mifura, Dunque follia non fora andare in traccia Di ftabil pace in quei teforj, al cafo Non a virtù, nè a probità dovuti.
L'inftabile Fortuna i fuoi feguaci Delle fue grazie a fuo talento onora ; Se ai lor voti ella è facile, o ribelle, O felici gli chiama il volgo ignaro, O miferi gli crede: eh noi più faggi Abbandoniamo quefte idee fallaci, E là miriamo, ove l'Eterna cura,
« PreviousContinue » |