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Ma dove, ah dove il tuo capriccio infane
Fuor di fentier ti trae! torna delufo
Nel tuo nulla a celarti, e più fagace
Del lungo traviar vergogna prendi .
De' puri Spirti il penetrante ingegno
Il corto noftro intendimento mira
Con occhio di pietà; quello, che tanto
In noi defta ftupor, Newton l' illuftre,
Il gran Newton, non è forse per loro,
Che quanto fembra aftuta fcimmia a noi.
E ben! tu, che fu i Cieli ofi la vifta
Innoltrare, e d' intendere di quelli
L'ordine, e l' eftenfione ti figuri,
Sai tu forfe regnar fopra te fteffo?
Sai forfe del tuo cor reggere il freno?
La mente tua, che tanto fi affatica
Per faper tutto e limite non fcorge,

,

Colle fue fmanie a qual certezza è giunta ?
Si può forfe vantar, che a te discopra
Il tuo
vero principio, e la tua fine?
Due potenze full' Uomo hanno l'impero :
Una lo muove, e l'altra lo conduce.
Dall' amor di fe fteffo il desio nasce,
Onde ei fugge il dolor, fiegue il diletto;
La ragion lo ritiene, e lo dirige,
Ed il foverchio ardor delle paffioni,
Onde agitato egli è modera, e frena.

L'una e l'altra d'accordo a noi fan scorta,
Per torci al male, e per guidarci al bene.
Di fe fteffo l' amor refti sbandito,
Quefto mobile refti allontanato ;
Ecco che in uno fterile ripofo
L'uomo fi giacerà della ragione
Il raggio a lui fi tolga; ogni fuo sforzo

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Inutile rimane; eccol condurfi
Senza regola, agir fenza difegno :
Simile a pianta nel terreno fitta,

Che vegeta, germoglia, e fecca pere;
O ad ignita Meteora vagante,

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Che da fe prefto fi diftrugge, e muore

Di fe fteffo l'amore in moto fempre

Anco il cor fempre muove, e defta, e fprona.

La ragion tutto pefa effa confronta,

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E riflette, e delibera, e rifolve;

La ragion cieca ad un lontano oggetto
Da un ben futuro debolmente è tocca;
Dal piacere l'amore di fe stesso

Tratto, lo brama, e di goderlo anela;
Mentrechè l' una efamina, combina,
L'altro già fi determina, già vuole;
Poichè tardo è il giudizio della mente
In paragon de i moti di Natura :
Quella nei paffi è timida, e prudente;
Di quefto il volo è rapido, e focofo;
Ma per temprare in lui l'ardor foverchio,
La ragione lo affale, e lo combatte
Con la rifleffion, e con il tempo
L'ufo, l'efperienza, e la fatica.

Che un Scolastico vano, e petulante,
Nel fuo confufo ragionare involto,
Lungi dal rintracciarlo, il vero asconda;
Che con ragioni equivoche, e fottili,
O con verbofi inutili argomenti

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Divider tutto fino all' infinito,

Tutto cercando analizzar con arte,

Separi quel, che dee reftarfi unito:

Quefto in fine che vale? a i fuoi clamori
Abbandoniam lo fterile vantaggio

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Di comparir foverchiamente ofcuro;
Luce maggiore il noftro dir rifchiari,
Onde fvelato altrui fi moftri il vero.
A far l'Uomo felice unir conviene
L'amor di fe colla ragione in lega,
Che tendano fa d'uopo al fine ifteffo
Coll' ifteffa prontezza, e forza eguale;
Ambo il dolore ad evitar fon tratti,
Ambo verfo il piacer Natura inclina;
Ma il primo impetuofo appena è tocco
Del piacer dall' afpetto lufinghiero,
Che già dietro vi è perso, e già divora
Delle fue fmanie il defiato oggetto;
La ragion lo diftingue, e gufta, quanto
Prudenza chiede, e con maeftra mano,
Senza guaftare il fiore, il miel ne coglie.
L'Uomo ripor tutto lo ftudio debbe,
S'ei vuol condur tranquillo i giorni fuoi,
Nel feparare dal piacer dannofo
Il piacer virtuofo, ed innocente.

Delle paffioni in noi qual' è l'effetto?

Che fon mai, chi le defta? altro non fono,
Che l'amor di fe fteffo intento fempre

A fuggir ciò, che aborre, e ciò, che brama,
Di rintracciar famelico, ed ansioso ;
Di un ben falfo, e real l'oggetto impreffð
Nella mente le fveglia, e ponle in moto
Quando che fenza danno, e senza offefa
Degl' intereffi altrui riftrette fono

A foddisfar i noftri, allor ragione
Le adotta, e fi affatica unitamente

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Con loro a fovvenir le urgenze noftre ;
E quando a maggior volo alzando il core,
Fan, che un Mortale, anzi un' Eroe pofponga

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A quei degli altri i fuoi vantaggi iftelli,
Ai lor trafporti allor ragione applaude
E di virtù col gloriofo nome
Quegli sforzi magnanimi corona.
Coi folli fuoi chimerici penfieri

Lo Stoico, che infenfibile fi crede,

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A renderfi impaffibile lavori.

La fua falfa virtù dentro al fuo core

Priva d'azion fi giacerà fepolta

Senza ardor, fenza lena, e fenza vita:

Più forte è il noftro fpirto, e più conviene,

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Ch' ei s'agiti; egli muore nel ripofo,

E nell' azione il viver fuo confifte.

Dalle paffioni in movimento è pofta
L'aninia; e trae da lor, da lor riceve
Forza, ed attività; nè pel tumulto
Di quelle o fi trattiene, o fi fpaventa;
E l'utile tempefta ad effa giova .
Tutta la vita è mar; de

i noftri affetti

L'inftabile ondeggiare ogni momento

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Ci fconvolge, ci affal: della ragione

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Il. don, che il Ciel ci diè, tra le procelle

A noi ferve di buffola, e di guida,

E a traverfo de i fcogli perigliofi

Può fol falvarli il lume fuo Divino ;

Ma degli affetti i venti impetuofi

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Son neceffarj in Ocean si vafto.

Dio fteffo, il Grande Iddio, quando che moftra
Altrui far vuol del fuo potere immenfo,

Efce fuor del profondo fuo ripofo

E full' ali de i venti il mar paffeggia.
Speme, amore, defire, e gioja fono
Effetti del piacer, che li produce.
Timor, fofpctto, odio, tristezza figlj

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Son del dolor, che nel fuo fen i nutre.
Tutte quefte paffioni unite infieme

A far beato l'Uom fon destinate:
Dalla difcordia lor fi forma il nodo,
Che lo fpirto col corpo in lega ftringe;
Por regola, e confine alle paffioni,
Sedar di quelle l'impeto, e il bollore,

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Far, che non pieghin mai verfo gli estremi,

Effer lo fcopo dee d' Uomo prudente :

Questa è l'arte, onde il cor rimanga in calma
Senza che fi avvilifca, e fi diftrugga;

Quefto è ciò, che Dio chiede, e la Natura.

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Tratto verfo il piacere il noftro fpirto

O lo poffiede, o coll' idea lo gusta,

O tutto in ritenerlo fi affatica,

O nel futuro a procacciarne agogna.
Di quefti affetti l'efca lufinghiera

Tanto ha ful cor d'impero, e di poflanza,
Quanto che fon gli fpiriti vitali
Sparfi nel corpo numerofi, e forti.

E da quefta forgente entro di noi
La paffion dominante origin prende,
Sempre repreffa, e vincitrice fempre;
E qual già dell' Ebreo Legislatore
Il ferpe vincitor contro gl' incanti
Dell' Egizio Tiranno alzò la fronte,
E ftrage fe' degli emoli mentiti;
Cosi ogni altra paffione ella foggetta,
E quante ch' effe fon fiere, e ribelli,
Le divora, le abbatte, e tutte in fine

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In fe le riunifce, e le trasmuta .

L'Uomo a morir comincia, allorchè nafce,

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Poichè fin dalla cuna ei porta feco

Quel principio fatal, che lentamente

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