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Quelle, che Iddio nell' Universo pose,
Leggi, ond' ei fi governa, e fi mantiene.
Qual fogni imperfezione? un male al nostro
Corto veder ciò che par forfe, ignota
Divien per noi del noftro ben cagione.
Torna nel tuo dovere, e al Ciel fommeffo,
Del rango, ch' ei ti diè, vivi contento.
Animi la tua fè certa fperanza,

Che in quefto baffo Mondo, o in altra Sfera,
Del tuo Dio nelle braccia un Padre avrai:
Che fe ti arrendi al fuo foave impero,
E il tuo cor, la tua mente a lui foggetti,
Sol puoi con quefto mezzo effer felice
Egualmente Ei di te cura fi prende,
E in quel fatal momento, in cui fi chiude
Il tuo corfo mortale, e in quell iftante
In cui la prima volta il Sol tu vedi.
Non paventar ful tuo deftino; Iddio
Sul viver tuo, ful tuo morir prefiede,
E alle pupille fue fempre fei caro.
Una cieca poffanza cafuale

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Non è già la Natura: un' arte fina

Ell' è, nafcofta all' ignoranza umana.

Quello che cafo pare, è di un difegno

L'effetto, o la cagion, benchè al tuo fguarde

Il principio, e la fin reftin celati .

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Quello che più ti offende, e ti commuove,

Forma un perfetto accordo, il quale avanza
Del tuo finito intendimento i fegni.
Qualunque appar difordine, è fconcerto,
E' un' ordine real; qualunque male
Privato in bene univerfal ridonda.

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A difpetto dei fenfi, e dell' inganno,

Che nella mente tua da lor proviene,

D'uopo è, che tu concluda in questa guifa,
Che in tutta la Natura è tutto buono.

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SOMMARIO

DELLA SECONDA EPISTOLA.

Della natura, e dello fiato dell' Uomo confiderato come Individuo, e relativamente a se stesso. Egli non è fatto per inveftigare le più profondt qualità della natura di Dio, ma per iftudiare fopra di fe. L' Uomo è un mifto di grandezza, e di baffezza, di lume, e di oscurità, di perfezioni, e d'imperfezioni, di forza, e di debolezza. Quanto egli fia limitato nelle fue cognizioni. Due principj delle noftre azioni, l'amor proprio, e la ragione. Tutti due fono neceffarj egualmente, benchè diverfiffimi tendono allo scopo medefimo. L' Uomo non può effer felice, fe non in quanto fa accordarli tra loro, e con tenerli dentro i loro giufti confini. Le paffioni fono modificazioni dell' amor proprio. Sono di una grande utilità all' Uomo in particolare ed alla focietà in generale. Non fi tratta di diftruggere le paffioni, ma di governarle, e di correggere le une col mezzo dell' altre. Della paffion dominante: Effa è neceffaria per far entrare gli Uomini nelle differenti vedute, che la Provvidenza ha fopra di loro, e per dare una maggior forza alle loro virtù, ed alle loro buone qualità. Mifto di vizj,

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e di virtù nella noftra natura confinano tra loro. La diftinzione de' loro limiti è ciò non oftante certa, ed evidente. Quale è l'ufizio della ragione. Quanto il vizio fia odiofo per fe fteffo, e quanto facilmente gli Uomini vi fi lafciano condurre. La Provvidenza fi ferve nientedimeno dei vizj, e delle paffioni, e delle imperfezioni dell' Uomo, per l'adempimento de i fuoi difegni, e per il ben generale della focietà. La Sapienza Divina è quella, che diftribuifce ai differenti ordini del Genere Umano alcune debolezze, che poffono chiamarfi felici, in quanto che da loro refulta la loro dependenza, la loro unione e la loro forza: Da ciò diviene, che vi fono delle paf fioni proprie a qualunque età a qualunque età, a qualunque ftato, a qualunque carattere . Così la Sapienza di Dio Spicca fino nelle imperfezioni dell' Uomo.

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EPISTOLA II.

Mortal

ortal, frena il tuo volo; omai desisti

Di fcandagliare il pelago profondo

Della Divina Immenfità; rivolgi

Tutti fopra te folo i tuoi pensieri,

E fin dentro al tuo cor con lor difcendi ;
Lo ftudio all' Uom più proprio è l' Uomo fteffo
Qual mifto in lui maraviglioso, e strano!
Qual mai di luce, e tenebre Composto !
Qual piccolezza a maestà congiunta !
Per dubitar da Scettico di tutto,
Egli ha troppo di lume, e di ragione;
Per munirfi di Stoica fortezza,
Di Virtù nel cammino è troppo frale.
Nafce ei forfe al travaglio deftinato ?

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Forfe un' ozio tranquillo è il fuo deftino?
Or dell' ingegno fuo gonfio, ed altero,

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D'effer fi crede un Nume, a cui non manchi

Ogni pregio, e potere; or fotto il pefo

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Quafi, che un bel delirio.. Ei non l'ascolta?
Ecco che tutto a lui fi rende ofcuro :

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Troppo di lei fi fida? ecco che nulla

Sembra certo, e ficuro

ai lumi fuoi:

Caos di paffioni, e penfier vani
Alternamente accolti, e rigettati,
Porta l'animo involto in guerra eterna;

Inftabile, leggiero, vacillante,

Or folle, or faggio, e colla mente volto
Sempre a nuovi difegni, e nuove brame;
Pien di coraggio, e di fiacchezza infieme,
Cade, s' alza, e ricade ogni momento;
Ei può folo fcoprire il vero afcofo,
E di errore in error paffa, e s' immerge;
Nato fu tutto a dominar, di tutto

Il berfaglio riman: fenza cagione

O fi affligge, o fi allegra, e col fuo core
Sempre in difcordia, egli è nel tempo ifteffo
La vergogna, e l'onor della Natura.

Or di tue doti, e di te fteffo fiero
Vanne, audace Mortale ; tuo talento
L'Univerfo mifura, e qual più brami,
Legge prefcrivi all' Oceano ifteffo;
Quale ei debba ferbar regola poni,
Quando i flutti diftende, e li ritira;

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Fiffa il peso dell' aria; ordina i giri

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Degli Aftri, e de i Pianeti; entro l'ofcura

Caligine de i tempi il guardo spingi.

E fin del Sole alle fiammanti ruote
Sopra l'eccelfe vie fegna il cammino;
Va, con Platon fino all' Empireo afcendi,
Nella forgente fua cercando il vero;
E l'ardire congiunto alla follia,
Della Divinità nel fen t'immergi ;
Ebro d'un cieco orgoglio, a quel fupremo
Autor del tutto infegnamenti porgi;

E di ben governare apprenda l'arte
Dal tuo faper la Sapienza ifteffa.

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