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NOTE

(1) La teorica delle creazioni successive ebbe a capo il celebre Cuvier, ed ora riscuote gli omaggi dalla maggior parte dei geologi, come quella che meglio si presta a spiegare il fenomeno della comparsa e scomparsa degli esseri che caratterizzano le diverse epoche della terra. Al contrario la dottrina della creazione unica piace più ai zoologi, perchè s' accorda all' ordinamento di un sistema generale che abbraccia tutti gli esseri. Qual'è la vera? Il sig. Flourens nelle sue Lezioni di fisiologia comparata sostiene che la prima è una possessione a titolo precario, poichè un sol mammifero che si venisse a discoprire nei terreni di transizione basterebbe a far cadere tutto l' edifizio. Sia pure così; ma frattanto in attenzione che quel mammifero comparisca, io seguo la teoria delle creazioni successive, dandomi meglio ragione dei fatti che oggi si di

mostrano.

(2) Un abbozzo della storia fisica dell' Italia centrale venne tracciato in una dissertazione col titolo di Storia geologica del Tevere letta da me nell'ac cademia Tiberina il 5 febbraio 1860, e pubblicata nel Giorn. Arcadico tom. CLXIV.

(3) Scoperta dell' Elefante di Rignano. Correva l'agosto dell' anno 1857 quando il duca D. Mario Massimo signore di Rignano, per certi suoi lavori di costruzione, a circa mezzo miglio da quella città

fece aprire una cava della solita marna subappennina per fabbricarne mattoni, tegole ed altri oggetti occorrenti. In quella occasione i lavoranti discuoprirono una quantità di grosse ossa riunite fra loro in un gruppo entro di quella roccia, e fra queste si trovò una grossa testa intiera colle sue mascelle e denti ben conservati. Taluno di essi, a fine di trarne un profitto e per renderne più facile il trasporto, distrusse il cranio riducendo la testa alle sole mandibole, ehe condusse in Roma clandestinamente insieme alle difese, dove rinvenne un compratore. Estratte in seguito da quel cavo altre ossa, vennero spezzate e disperse. Giunti questi fatti all' orecchie del duca, fu sollecito a ricuperarle e a darmi la commissione perchè venissero restaurate e studiate. Trovato aver queste appartenuto ad un elefante, fu mia cura riconoscerne la giacitura, e determinarne la specie.

Al nord di Roma sorge isolato il monte Soratte quasi una meta per segnare il confine della nostra campagna, alla distanza di circa 23 miglia. Le acque che si versano sulle sue dirupate balze calcari, le quali guardano mezzo giorno, danno origine ad un sistema di fossi, che riuniti in un tronco maggiore, detto il Rio, si getta a trascorrere le ondulate pianure subappenine, dove in seguito cambia nome in quello di fosso di Scorano, corrispondente all' antico fiume Capena, che corre finalmente a gettarsi nel Tevere. Sopra di una collina che divide gli affluenti del Rio è posto il paese di Rignano sulla via Flaminia, e alle radici di questa, bagnate di torrente che porta il none di D. Aurelio, furono rinvenute le spoglie

del nostro elefante. La forma delle collina, e le rocce comprese nel cavo, chiaramente dimostrano risultare costituita dalle assise plioceniche che corrono a morire sulle falde istesse del Soratte.

Entro l'apertura della roccia vedonsi le solite marne stratificate orizzontalmente, e sopra di esse trascorre una materia biancastra incoerente che tien luogo della sabbia gialla del monte Mario, alla quale succedono i tufi che coronano le colline. Entro quelle marne rinvenni impressioni di fuchi, frammenti di conchiglie, e un corpo sfigurato da richiamare a memoria lo Schizaster Parckinsonii Ag. comune ai nostri plioceni. Il sig. Pentland, che visitò dopo di me quella contrada, mi ha assicurato aver rinvenute in quelle vicinanze la difesa di un altro elefante, e con questa la Natica pseudo-epiglottina Sism. Turritella subangulata Broc., e il Buccinum semistriatum i quali fossili accennano che lo ossa dell' Elefante di Rignano erano racchiuse nel piano superiore delle marne plioceniche, parallelamente alla seconda zona dei fossili in quelle contenuti.

Le ossa elefantine, di cui parliamo, giacevano raccolte senz' ordine entro un breve perimetro; circostanza che fa supporre essere stato colà condotto l'intiero cadavere dai flutti, poi arrestato sul luogo stesso ove incontrò la putrefazione, e le ossa per l'onde marine sparse all' intorno. La presenza delle epofisi, la dentizione, la statura, e la forma stessa delle ossa accusano un individuo giovane, e forse una femmina. Quanto alla specie, venne questa studiata da me e dal sig. Falconer che per avventura si trovò in Roma, e che presto riconobbe appartenere al suo

Euelephas antiquus, così deciso da adottarlo come tipico.

La scoperta dell'Elefante di Rignano ha fatto conoscere pcr la prima volta presso di noi una di quelle bestie racchiuse nelle marne plioceniche, e perciò è il più antico che conosciamo fin qui, ed ha la particolarità che le sue reliquie non vennero rotolate e disperse, come sono tutte quelle che rinveniamo nei terreni di trasporto.

Questi fossili sono ora nella mia collezione.

(4) Scoperta del Mastodonte di Montoro. Nel 1858, un anno dopo il rinvenimento dell' elefante di Rignano, il sig. marchese Patrizi stava costruendo un acquedotto per condurre acqna potabile al suo feudo di Montoro; ed occorrendogli aprire un cavo a fine di cuocer calce, questo venne scavato in un terreno argilloso prossimo al paese e a fianco della strada che vi conduce. In tale operazione i lavoranti non fecero alcun' attenzione ai pezzi d'ossa e ai denti che esportavano insieme alla terra da essi scavata, per modo che la cottura della calce fu compita.

Il marchese Giovanni Eroli, distinto archeologo, essendo stato condotto dalle sue ricerche a passare su quel luogo, s'imbatté in quelle terre scavate, e dato d'occhio a un pezzo di grosso dente e quindi ad un altro intero, li raccolse e gl' inviò al marchese Patrizi perchè ne venisse riconosciuto l'interesse. Comunicatomi da questi il fatto e mostratimi i denti, vidi subite aver essi appartenuto ad un Mastodonte. Ciò bastò perchè venissero ordinate ulteriori ricerche; na fra quei spurghi non si trovarono altro che piccoli frammenti di ossa, poco o punto riconosci

bili. Spurgata la fornace, fu aperto un cavo sulle pareti, e si trovò un altro dente che la fiamma avea abbrustolito, e con esso un pezzo di difesa che si ridusse in minuti pezzi per la cottura sofferta.

Condottomi sul luogo, si scavò il restante di quella difesa, e non fu rinvenuto altro: di modo che tutto si ridusse a due denti molari, un terzo mancante di una metà, un pezzo di difesa e vari frammenti di altre ossa. Era però quanto basta a determinare la specie perciò mi rivolsi ad esaminare la contrada.

Il luogo ove furono rinveuute queste reliquie sta sull'esterno versante e a ridosso di quella catena calcare, attraversata sotto Narni dal fiume Nera che si porta a scaricare nel Tevere. Allo sbocco di questo fiume, quasi a guardiano è posto il paese di Montoro sopra di una collina subappennina, a cui si giunge per un diverticolo della strada d'Amelia.

Le rocce costituenti questa collina formano la solita scala delle marne plioceniche sormontate dalle sabbie e dai conglomerati, che finiscono alla cima del colle senza l'intervento dei tufi: perchè essendo ad un livello più alto, sembra che quella collina fosse già emersa al depositare di tali materie vulcaniche.

I fossili contenuti sono quivi analoghi a quelli delle altre contrade subappennine: cioè, nelle marne si contengono molti legni carbonizzati, e nelle successive sabbie si rinvennero il Cerithium vulgatum C. Trincinctum, Buccinum semistriatum, B —? Terebra? Cardium rusticum, Cardita intermedia, e sopra di queste una gran quantità dell'Ostrea foliosa.

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