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Or come resisterà senza violentare una delle due coscienze lottanti? Noi non cerchiamo adesso quale delle due abbia ragione: bastaci sapere che sono due coscienze imperanti inesorabilmente e contraddittoriamente. A qualunque delle due dia torto lo Stato, egli lo farà per una qualche ragione: darà torto al Cattolico in Isvezia perchè il governante è luterano, in Inghilterra perchè anglicano, in Francia perchè statolatra, in Portogallo per adulazione democratica, in Italia per amore d' indipendenza. Ma tutti cotesti motivi astratti chi li applica finalmente all' atto pratico, se non la ragione personale del governante e la sua buona o rea coscienza ? La libertà dunque delle coscienze, feconda com' è per sua essenza di immensa varietà nei dettami, e raccomandala com' è dal Guizot al sindacato dello Stato, altro non è finalmente che la tirannia dello Stato sopra tutte le coscienze. E diciamo tutte, perchè sebbene i cattolici sortiscono ordinariamente più copiosa la quota, pure il retaggio è sì abbondante che ce n'è per tutti: e il Guizot medesimo si lagna che in Francia la Chiesa protestante non può nè organarsi convenevolmente, nè parlare liberamente, mentre molti cattolici all' opposto si lagnano che a lei si conceda e di aprire scuole per sedurre i loro parvoli, e di ergere templi per corrompere la loro fede, e di oltraggiare nei pubblici fogli la suprema autorità della Chiesa Cattolica. Anche qui non cerchiamo chi abbia ragione o torto: notiamo il fatto unicamente perchè esso mostra qual sia in verità il concetto, e la natura della libertà raccomandata dall' ex-ministro orleanese. Vede il lettore che colesta libertà ripugna essenzialmente ad un animo religioso; che viene osteggiata da ogni religiosa autorità; che questa ostilità della autorità religiosa contro la più santa delle libertà, non ha altro freno che la potenza faicale; che questa potenza essendo maneggiata dalla relativa sua coscienza 1, dalla coscienza laicale, libertà di coscienza e di culto significa dipendenza d' ogni culto e d'ogni coscienza dal potere e dalla coscienza laicale: condizione che in una parola potrebbe appellarsi il centralismo delle coscienze.

1 C'est grâce aux MAXIMES de la société civile et à l'action vigilante des pouvoirs civils qu'elle est maintenant, dans le monde moderne, un fait accompli (pag. 39).

Se il lettore ha ben compresa la verità di questa idea, sarà soprabbondantemente cautelato contro le accuse di servilità e di assolutismo scagliate dall'autore contro la Chiesa Cattolica. A dir vero egli riconosce ingenuamente in varie occorrenze, che fino al secolo XVI il potere spirituale cattolico proteggeva efficacemente contro il despotismo le libertà sociali 1. Solo dopo quell'epoca, che è appunto l'epoca di Lutero, la Chiesa avrebbe cangiato dottrina facendosi complice dell'oppressione dei popoli per resistere alla libertà protestante (pag. 66) 2.

Ma in verità se questa libertà protestante dovea finalmente condurci ad incentrare tutte le coscienze e i culti nella coscienza imperante, non fu poi così gran colpa quella della Chiesa il ricusare colesta libertà. E la grande importanza che mettono oggi i cattolici e molti eziandio dei protestanti nel difendere il Papato, come ultima tavola di salvezza nell'universale naufragio di tutte le altre libertà, mostra che essi hanno compreso, almeno confusamente, che i Papi mentre prestarono appoggio ai poteri temporali ne furono tutt'altro che schiavi. Essi vollero mantenere quella unione, che dal Guizot medesimo si loda come assolutamente necessaria: ma l'unione fu di due amici che camminano di costa, non di due galeotti congiunti dalla stessa catena. La Chiesa unita ai principi seguitò a pronunziare altamente i suoi non licet per bocca di Clemente XIII, di Pio VI, di Pio VII, e finalmente di Pio IX, mentre la riforma liberatrice uscita appena dalle fasce e dalla culla scriveva per mano del Grozio il codice di schiavitù delle coscienze nel famoso libro del ius imperantis circa sacra. Ed oggi ancora dove trovate voi fra gli elerodossi un concistoro di Ministri, che tenga unanime ai suoi imperanti il linguaggio che tiene in Italia, in Francia, in Germania F augusto corpo dell' Episcopato cattolico?

1 Pag. 66. Pendant plusieurs siècles, le pouvoir spirituel catholique. avait souvent et efficacement protégé, contre le despotisme temporel, les libertés sociales.

2 C'est un lieu commun historique, et ce lieu commun est fondé, que depuis le XVI siècle le catholicisme a été en général hostile à la liberté. Ayant Pautorité pour principe fondamental et voyant ce principe attaqué avec violence, il a trop oublié, et méconnu les droits du principe correspondant dans la nature et la destinée humaines, la liberté. ( pag. 66).

Sia pur dunque verissimo che la libertà odierna abbia per madre e promotrice la riforma; sia verissimo che la Chiesa abbia avversala cotesta libertà: non ne siegue che, per giungere a vera libertà, i cattolici italiani abbisognino d' implorare il soccorso della riforma. La Chiesa Cattolica ha nella costanza e nella santa audacia dei suoi pastori un argine sicurissimo al despotismo: e questo argine è tanto più efficace, quanto che difende i popoli senza cancellare in essi la riverenza all'autorità, difende i sovrani senza licenziarne ad ogni eccesso il potere: laddove la libertà protestante, sia che venga incarnata in un principe dalla penna di Hobbes o nella plebaglia dalla penna del Rousseau, sempre conduce finalmente al dispotismo o della Reggia o della piazza.

Ed osservate come il gallicanismo, nel quale certi protestanti di buona fede (il Leibniz tra gli altri) credettero trovare una certa affinità e quasi un principio di riconciliazione fra cattolici e protestanti, a misura che tendeva ad inceppare la Chiesa, emancipava da ogni freno l'autorità dei principi: e tutti quegli autori, che nel secolo scorso prepararono la rivoluzione col rendere i principi e i loro gabinetti indipendenti da ogni freno della Chiesa e per conseguenza da ogni pubblica legge morale, tutti più o meno parteggiarono per le dottrine protestanti; tanto è vero che dalla riforma possiamo aspettare tutt'altro che vera libertà.

E se molti generosi cattolici, come nota Guizol, sono oggi in Francia promotori ad un tempo della libertà e pieni di zelo per la causa della Chiesa; essi, appunto perchè obbedienti alla Chiesa, vogliono quella libertà nelle forme precisamente e nel concetto in cui si ammette dalla Chiesa: libertà giusta per la verità, libertà di tolleranza per l'errore in quanto è richiesta e dalle condizioni dei tempi e della società, e dai fatti e convenzioni politiche, i quali obbligano molte volte a tollerare un male minore per evitarne uno maggiore. Nè questa tolleranza 'include o incoerenza o ipocrisia. Essa è stata professata e praticata in ogni tempo nella Chiesa cattolica, e veniva espressamente dichiarata dall'illustre mons. Parisis in quel tempo appunto in cui più fervea tra cattolici il grido di libertà 1.

1 La liberté comme en Belgique. Vedi Parisis Cas de conscience. Dubbio primo della libertà dei culti.

E dopo la catastrofe del 1848, analoghe parole ripeteva il fervido cattolico Montalembert: lo stesso poco appresso, il gran difensore della libertà, il Correspondant « Croire que l'on pourra, diceva il primo, DANS L'ÉTAT ACTUEL DE NOS MOEURS et de nos lois conserver la liberté de l'Eglise, en dehors d'une liberté générale contenue et reglée, c'est une deplorable illusion 1. E il Correspondant: ni la liberté religieuse, ni la liberté politique", telles que les catholiques les comprenent, c'est-à-dire comme une des nécessités des temps MODERNES, ne sont point condamnées (pag. 243). Un prince chrétien peut QUELQUEFOIS, TOLERER l'hérésie dans ses États (pag. 245 Corresp. 25 Febb. 1859). Come vedete, cotesti generosi cattolici (e son dessi appunto i lodati dal Guizot) chiedono libertà, la chiedono con lealtà pienissima: ma la riguardano non come l'ottimo assoluto, ma come una necessità dei tempi moderni. I cattolici dunque e i loro Vescovi riconoscevano da lungo tempo essere illecita la parità dell'errore colla verità, ma lecita la tolleranza dell'errore per evitare mali maggiori. Dov'è qui l'incoerenza? Dov'è l'ipocrisia?

Ma basti intorno a tal soggetto, toccato da noi quanto fu necessario per cautela dei nostri, non quanto potea richiedersi a confutare pienamente l'errore. Baslici l'avere additato ai nostri fratelli quanto sia grave e pericoloso male l'indifferentismo che si annida in quella unità cattolica, che vorrebbe formare di cattolici e d'eterodossi una sola Chiesa, una sola società religiosa. Bastici aver mostrato come la libertà, che da tale indifferentismo germoglia, benchè nasca purtroppo dal protestantesimo: pure, lungi dal farcela amare, ce ne dee rendere viepiù alieni, sì perchè è una libertà falsa nel suo concetto, sì perchè conduce nella pratica alla tirannia delle coscienze.

Prevenuti contro tali errori, saremo grati al grand' uomo di Stato che per naturale probità porge una mano a sostegno della causa santa; e per contracambio pregheremo lo Spirito di verità di compiere in lui la sua opera, aggiungendo alla naturale probità la luce della fede e la fiamma della carità, da cui solo può nascere la vera unità cristiana, l'unità nel Cattolicismo.

1 Des intérêts catholiques au XIX Siecle (pag. 174).

I DOCUMENTI DEL BARONE RICASOLI

PER

LA CONQUISTA DI ROMA

Contano le istorie che Napoleone I, dopo il terribile disastro di Waterloo, fuggendo a corsa dal cannone di Blücher e dalle baionette di Zeithen, che lo inseguivano fra l'esercito sbarattato, giunto a salvamento in Philippeville, ivi esterrefatto si risolvè di manifestare alla Francia tutta intera la verità della sua spaventevole rolla; e che nella notificazione per ciò dettata, non tacque pure della carrozza predatagli sul ponte di Génappe dal nemico vittorioso. Non altrimenti, si magna licet componere parvis, è accaduto del barone Ricasoli. Ancor egli ha tocco un gran rovescio, che si può dire il suo Waterloo diplomatico rispetto alla quistione romana. Ancor egli che tempo fa sclamava baldanzoso nel Parlamento: Sì, sì: vogliamo andare a Roma, come già Napoleone la mattina della battaglia gridava alle sue falangi : Su bravi miei; voglio cenare stassera in Brusselle; ancor egli, vedutisi tutti i disegni sconvolti, mozze tutte le fila, recati al nulla tutti i maneggi, pieno di inenarrabile sconforto, si è deliberato di notificare al mondo il suo sbaragliamento. E l' ha fatto confessando anch'egli tutta intera la verità, sino a dichiarar netto che sotto i colpi della fortuna ha smarrito pur, se mai l'ebbe, la bussola d'uom di Stato. Di ciò fanno alta fede i magnifici Documenti da lui profferti all'adunanza torinese dei Deputati. Questi, messi a riscontro col niun successo che hanno sortito e con le flebili parole, onde il Barone ne accompagnò l' offerta, riescono ad un

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