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Eppure noi siam presi dalla follia di riputarla meno che imperfetta. Ed ecco perchè. Il Papa, avvegnachè non fosse Sovrano nè reale nè personale, è, e sarà sempre, un grandissimo Potentato: è, e sarà sempre, Capo d' una Chiesa disseminata per tutto il mondo, centro vitale di una poderosissima gerarchia, padre e duce di milioni e milioni di fedeli. Alessandro di Russia ebbe a dire nel Congresso di Vienna, che se si fosse raccolta mai un' adunanza dei Monarchi di Europa, egli non vi si sarebbe recato, se non al patto che l'avesse presieduta il Pontefice Romano. E Napoleone mandava a un suo legato: Fate col Papa, come se avesse ducentomila baionette a' suoi cenni. Non c'è dubbio il Papa nel Vaticano, quantunque spoglio del Dominio temporale, avrebbe una possanza sterminata, e incomparabilmente maggiore di quella d'un Re d'Italia che gli sedesse accosto sul Quirinale. Non può negarsi. Il Papa durerebbe ad essere un sole: il Re sarebbe anch'egli un astro, ma un astro minore non un sole. L' ecclissi adunque sarebbe in Roma giornaliera. Potrebbe anche succedere che l'astro ecclissato si contentasse, per modestia, dell'ombra luminosa del suo vicino. Ma si contenterebbe poi con pari indulgenza che questo sole fosse libero di scaldare e vivificare la terra a suo talento? Fuori di metafora, il Re d' Italia col suo Governo sarebber costantemente e in ogni occasione di tanto buon umore, che non ingelosissero mai della magnifica potenza del Santo Padre e del celo privilegiato che gli assisterebbe? Non sorgerebbe mai caso, o di differenza con Principi stranieri, o di tumulti intestini, o di guerre in cui paresse arrischiato il lasciare mano libera a un Sovrano domestico, il quale non rendesse conto a nessun tribunale nè di sè nè de' suoi? Non occorrerebbe mai che questo Sovrano personale fosse messo in voce, o di parteggiare pei nemici della patria, o di cospirare contro il Re, o di ribellare i popoli, o di capitanare qualche brutta faccenda, puta una reazione? Chi entrerebbe pagatore di una equanimità inalterabile nel Re, o nel Parlamento, o nel Consiglio dei ministri? Chi certificherebbe che la dissensione non terrebbe dietro al sospetto, e la violenza alla dissensione?

Il principe di Broglie esamina se l'odierno Imperatore dei Francesi, benchè potentissimo e signore di « seicentomila soldati e, pei giorni di comizii, di sette in otto milioni di suffragi, disciplinati come

i reggimenti», ed avente in pugno tutte le fila di un governo che cammina a lancetta d'oriuolo, potrebbe condiscendere in Parigi all'Arcivescovo e al clero le immunità e le eccezioni che si proporrebbero al Papa e alla Corte di Roma dagl' Italiani piemontesi: e ne inferisce che no; perocchè una tanta larghezza sarebbe incompossibile con la maestà imperiale e col mantenimento della quiete pubblica. Or ciò che intimorirebbe un dominatore della Francia, non isbigottirebbe in nulla « un piccolo Re, eletto l'altr' ieri, padrone di una capitale conquistata? Il Re d'Italia tollererebbe impavido nella sua metropoli un ceto privilegiato e sciolto da ogni legge umana? Ed a capo di questo celo consentirebbe che maggioreggiasse, chi? Il Sovrano che egli avrebbe disarmalo e scoronato il dì avanti? » E questo Re starebbe saldo ai cimenti, e non s'arrenderebbe mai alla tentazione lusinghevolissima di ripigliarsi con la forza qualche ricatto agognato? Sarebbe una meraviglia che passa ogni similitudine di vero, che dà nell'iperbole, che non può trovar credito.

Laonde, poste eziandio tutte le strane ipotesi per le quali ci siamo finora aggirali, resta palese che la conciliazione presunta sarebbe o fragile o fugace; e che da un dì all' altro si convertirebbe in un conflitto da disgradarne i combattimenti dei Gregorii con gli Errici, dei Bonifazi coi Filippi, de' Pii co' Bonaparte.

- Ma, rincalza l'officioso libretto delle Guarentigie; e non valutate voi niente gl'impegni che stipulerebbe il Re d'Italia con le Potenze, e le malleverie con che l'Europa li avrebbe suggellati? - Noi valutiamo queste belle cose dal loro peso. Quanto pesano oggidì gl' impegni del Governo di Torino, e le malleverie dell' Europa? Il lor valore sta scritto nel frontespizio dei laceri accordi di Villafranca e di Zurigo, e nelle sfracellate mura di Ancona e di Gaeta. Se per l'avvenire gl'impegni dei trattati e le malleverie delle Corone dovran valere di più, allora sarà vano disputare. Ciascuno terrà il suo ; ed il Regno d'Italia non avrà altra pretendenza, che d'una umile tomba là dove s' ebbe la culla. Così l'ira celeste non gliela neghi!

L'Europa, o meglio la Cristianità, è vincolata con Roma da impegni di ben altra importanza che non sieno le ambiziose brame subalpine. I suoi Concordati, ne' quali sustentasi l'equilibrio della pace tra gli ordini sacri e i civili, e posa la sociale tranquillità delle

coscienze, la legano al Pontefice Re così fortemente, che la caduta del suo trono la farebbe vacillare fra turbazioni tremende. Un Papa Sovrano di titolo e zimbello di fatto d'un Sardanapalo, con lo scendere di dignità, affievolirebbe tutte le convenzioni che le Potenze hanno strette seco, per armonizzare in casa loro i diritti dello spirituale con quelli del temporale: ingerirebbe sospicioni perniciosissime all'ombrosa politica dei regnanti, perplessità negli episcopati e nei cleri, angustie, freddezze o rancori nelle anime dei fedeli. Il grado di libertà religiosa che nei Cattolici è tollerato, o che è lor promesso per via dei Concordati, verrebbe scemando nei varii paesi, coll' ingrandire delle pontificie umiliazioni in Roma. Lo Stato che si terrebbe omai per franco dagli obblighi contratti con uno che fu e non sarebbe più Sovrano, si arrogherebbe di amministrare il culto conforme amministra il tesoro e la marineria: quindi contrasti, quindi lotte, quindi i soliti argomenti dell'armato contro l'inerme. E chi può antivedere i semi di contrasti che si spargerebbero nel mondo dai rottami dell' infranto soglio dei Papi?

Ma buon pel mondo che la demenza stessa dei nemici sperde i rei presagi! Come sempre, così anche ora l'ipocrisia di insane profferte sfuma disfatta nelle sue vergogne. Sarebbe tempo che i campioni del nuovo Regno si persuadessero, che un duello col cielo è mal gioco a sostenerlo. Essi non paiono accorgersi che, in questa lor guerra contro il Papato, cozzano con la natura e lenzonano con Dio. La natura esige indipendente la Sovranità, ed essi la cercano nella suggezione: la natura esige concordia pei riconciliamenti, ed essi li cercano nella discordia: Dio vuol congiunto nel terrestre pellegrinaggio lo spirito con la materia, essi arrogansi di separarlo : Dio vuol concertato il temporale con l'eterno, essi arrogansi di sconcertarlo: Dio, guidando supernalmente la natura, ha dotato il suo Vicario di un regio diadema, essi contendonsi di strapparglielo. Che sperano alfine da queste loro tracotanze insensate? Di emendare le opere dell' Eccelso o di frastornarne i consigli? Or bene noi staremo a vedere se il Regno d'Italia che in due anni ha vinto sì ghiotte parlite sopra la giustizia degli uomini, sia per vincerne una più ghiotta su la provvidenza di Dio.

VANTAGGI E PERICOLI

DI

UN INASPETTATO AUSILIARE

Strepitosa meraviglia destava pocanzi nei due campi, in che si divide l'Europa, inaspettata meteora, il libro del celebre pubblicista Guizot, intitolato l Eglise et la societé chretienne en 1861, salutato dai cattolici con grida di gioia e dai nemici della Chiesa col dispetto e coi fremiti. E la meraviglia, la gioia, il dispetto furono per fermo ragionevolissimi, secondo i varii affetti donde moveano; specialmente che sopravveniva in quel momento, in cui cinque o sei preti che si dicono tuttavia cattolici davano l'orrendo scandalo all'Italia di alzar la fronte proterva contro l'autorità del comun padre che credono cadente, minacciando perciò al suo trono quello ch'essi credeano dover essere l' ultimo calcio della favola. Vedere che contro costoro accorra dal tempio di Ginevra a difenderlo un pubblicista versatissimo non solo nelle teorie, ma ancor nella pratica dei governi costituzionali; un uomo che tenne in mano per tanti anni le sorti della Francia e di Roma, ove coll' opera del Rossi avea si ben preparato il trionfo del suo partito: tutto questo diciamo è tal fenomeno, che non può a meno di fare alzar gli occhi al Cielo e riverire quella Provvidenza, che trae dalla notte la luce, dai nemici la salvezza, sclamando con vivo stupore digitus Dei est hic. Comunicare coi nostri lettori questi sensi di esultanza cattolica è, come ognuno comprende, non pur convenienza, ma dovere di un periodico devoto alla causa della Chiesa.

Ma nell'atto che l' inaspettato ausiliario aggiunge speranza, comanda la prudenza che il Cattolico si ricordi non bastare la naturale probità dell' animo per santificare ogni movimento verso il bene in coloro, che, sia colpa o sventura, hanno ingombra di gravi errori la mente. Ai quali se non vogliamo applicare, in quanto suona frode o slealtà, il famoso timeo Danaos et dona ferentes; dobbiamo peraltro procedere cauti e guardinghi, sapendo che, pur senza volerlo, possono insinuare il tossico dell' errore nell' arma stessa con cui ci difendono.

Non dispiacerà dunque, speriamo, neppure all' Autore medesimo se, ammirandone, come è suo merito, l' ingegno e ricevendone con gratitudine il soccorso; pure additiamo ai Cattolici nostri fratelli i passi ove s'incontra pericolo, i sofismi solto cui si nasconde l'errore. A tal uopo diamo prima una succinta idea dello scritto, analizzandone poscia e gli argomenti che in favore della Chiesa possono rallegrare i Cattolici, e gli equivoci o errori onde può nascere per essi il pericolo.

Occasione al libro furono alcune lettere intraprese nella Bibliothèque universelle de Genève dal troppo famoso deputato Boncom pagni per difendere la causa italiana contro il Guizot: il quale in due discorsi solenni avea presa parte in favore del temporale dominio dei Pontefici. Non risponde il Guizot categoricamente neppure alla prima di queste lettere; e protesta anzi abborrirsi da lui la discussione puramente scientifica verso persone e nomi determinati, benchè gran parte del viver suo abbia percorso ( ma vi fu allora costretto dal portafoglio che tenea nel governo) fra discussioni politiche dei parlamenti. Invece di discutere, egli intende con questo libro chiarire e ragionare quelle dottrine che nei due discorsi destarono tanto scalpore: e in tutto il libro tende in sostanza a mettere in chiaro come e l'impresa italiana e tutto il presente movimento di rivoltura altro non siano che un episodio di quella guerra accanita che dura ormai da un secolo contro ogni religione e ogni concetto soprannaturale. E poichè, a parere di lui, i riformatori del secolo XVI, mentre assalivano alcuni dommi speciali, rispettarono però sempre il soprannaturale come base di tutto l'edifizio cristiano, intende provare necessaria, possibile e ragionevole essere in tal condizione di tempi l'alleanza di tutte quelle parti cristiane, che, ossequenti tut

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