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palazzo Monsig. Berardi non possiede, nè direttamente nè indirettamente, nè in palese nè in segreto, pure una tegola. Falso poi, as-solutamente falso che Monsig. Berardi abbia ricevuto qualsiasi somma sotto qualsiasi titolo o pretesto da qualsivoglia società delle strade ferrate. Il Liverani, piuttosto che raccogliere ciecamente dal fangole calunnie più incredibili, inventate dai nemici del Principato temporale dei Papi, per iscagliarle contro gli alti funzionarii dello Stato ; per serbare almeno le apparenze dell'onestà che affetta, avrebbe dovuto arrecare una qualche pruova, non diciamo per una somma, ma sino per uno scudo ricevuto da coloro, che egli incolpa di simili estorsioni. Ma se ciò gli era impossibile, perchè niuno di essi è capace di simile bassezza; sarebbe stato più savio partito per lui il tacersi affatto.

Monsignor Rossi (ebbe) ampia retribuzione da tutti i concorrenti, e quindi un rimprovero dal Pontefice che gli fruttò la morte. (pag. 72).

Monsignor Rossi è morto in Colla di S. Remo, sua patria, di lunga bronchite, che per due anni interi il venne lentamente consu-mando e lungi dall'aver mai ricevuto rimproveri dal benignissimo. Pontefice, fra le consolazioni di sì lunga infermità, non fu l'ultima la memoria della paterna bontà, onde il S. Padre soleva accoglierloprima che cadesse infermo. È strano poi il metter fuori che quel rimprovero potesse cadere sopra le ampie retribuzioni di tutti i concorrenti ch' egli avesse ricevute; perchè quei concorrenti sarebbero stati troppo dabbenuomini e troppo prodighi del lor denaro a retribuire largamente chi non avea nè ufficio, nè ingerenza veruna, che potesse giovare alla società delle strade ferrate: salvo solo l'essere Consultore delle Finanze, ove il suo voto era contrappesato dagli altri 28 consultori suoi colleghi. E notisi che non avendo mai Monsignor Rossi avuta relazione con altri concorrenti, che solo quella d'amicizia col Direttore della Pia-Latina; nella Consulta delle Finan-ze non fu mai trattato affare che risguardasse una tal linea in tutto il tempo ch' ei fu consultore 1.

1 Non è fuor di proposito l'accennar qui in nota alcune delle tante altre bubule, asserite dal Liverani in altri luoghi del suo libello, intorno alle ricchezze, accumulate, dic' egli, dai Cardinali per rallegrare i congiunti

S. XXII. Del commercio annonario in Roma; e come il Liverani ignori e le leggi che lo governano, ed i fatti che lo risguardano.

Non rimaneva finora immune dalle unghie della terribile consorteria della Banca, che il traffico dell' annona. Anch'esso però bisogna

di copiose eredità. Diciamo alcune, perchè notiamo soltanto quelle che, senza farne indagine speciale, siamo stati in grado di poter confutare.

Il Cardinale Spinola lasciò mezzo milione di scudi: Medici fe trovare in uno scrigno 100 mila scudi in oro (pag. 98) Falsa l'una cosa e l'altra: e sì remota dal vero, che se pel Card. Spinola quegli scudi non furon forse neppur franchi: pel Card. Medici certo non furono nè anco grossetti. E poi quale scandalo può esservi che rampolli di sì illustri e ricche famiglie possedessero qualche cosa al mondo dell' avita loro fortuna?

Ad Ostini il ministero di Nunzio e di Vescovo valse quanto il raggruzzolare un capitale di 80 mila scudi. Non sappiamo al giusto quai beni lasciasse il Card. Ostini: sappiamo bensi ch' ei visse 76 anni, sempre economo e parco che uscì di famiglia agiata e possidente: che occupò sempre cariche luminose; e quindi se anche avesse lasciato il doppio dell' asserito dal Liverani, non ci farebbe punto meravigliare. Sappiamo poi di certo che essendo Vescovo di Albano vi stabilì del suo una cattedra di più nel Seminario che essendo Vescovo di Iesi vi stabilì ed ampliò un Istituto di Beneficenza, vi riedificò dalle fondamenta il Palazzo Vescovile, vi rimise in buona coltura i fondi della Mensa, v'introdusse la coltura della seta, divenuta ora la principal fonte di ricchezza per la Provincia. Sappiamo oltre di ciò ch' ei fu sempre generoso limosiniere in tutti i gradi della sua vita. Queste memorie dovea risvegliare il Liverani per esser giusto almo no coi trapassati.

Lambruschini e Cadolini, già missionarii, predicatori, Vescovi di più Diocesi, rallegrarono i congiunti di copiose eredità (pag. 99). La tassa di successione pagata dál sig. Conte Carlo Viti, nipote ed unico erede istituito dal Card. Luigi Lambruschini, in ragione dell'otto per cento, fu di scudi 1217,16; che ragguagliano un asse ereditario di poco più di 15 mila sendi: modestissima eredità per un Cardinale, stato prima Arcivescovo' di Genova, poi Nunzio a Parigi, e finalmente per lungo tempo Segretario di Stato e poi Segretario dei Brevi. L'eredità poi dell' Emo Cadolini, nè copiosa nè considerevole, fu dal suo testamento spartita in dodici parti, o com' ei le chiama in dodici once: nove delle quali furono destinate da lui a cause pie, e tre sole aí congiunti. E poichè questi tre dodicesimi costituivano assai

che si lasci finalmente ghermire; che apparisca, non sapremmo dire se più vittima o più complice di queste arpie. Eccone in fatto alla pag. 76 venuto il giro. Compendiamo qui, per amor di brevilà, i capi principali dell'accusa mossa dal Liverani. Alla plebe romana, egli dice, si predicano i miracoli del libero commercio, per poi farne ludibrio e scherno coi divieti e colle restrizioni. Il Segretario di Stato quasi ogni anno proibisce l'estrazione del grano: così se ne ribassa il prezzo. Gri

piccola sostanza, il Cardinale prevede i lamenti che se ne faranno, e prega gli esecutori testamentarii di non dar loro retta, adducendone motivi, che dimostrano a un tempo quale e quanta fosse la sua rettitudine, e quanto il suo distacco episcopale dalla carne e dal sangue.

Il Cappuccino Micara creò un maggiorasco e una prelatura di 100 mila scudi (pag. 99). Lungi dal creare verun maggiorasco pei suoi congiunti, il Card. Micara neppure li chiamò eredi: avendo egli destinato tutto intero il suo asse ereditario alla fondazione e dotazione di opere pie, eccetto una piccola porzione che fu data o a titolo di tenue vitalizio, o qual sussidio, o come dote ad alcuni consanguinei. E s'oda quale ragione ne adducano gli eredi fiduciarii, Mons. Pentini e Cav. Neri, nello svelare che fecero la fiducia, e veggasi con quali intendimenti l'Emo Cardinale menasse vita stretta. Avea creduto, dicono essi, che fosse suo preciso dovere, giacchè la Provvidenza avea disposto ch'egli dopo professata la povertà religiosa avesse entrate di denari, di profittarne il meno possibile durante la sua vita, perchè potessero nella morte formare un qualche permamente utile e vantaggio al pubblico bene. Tra le opere pie deve annoverarsi una Prelatura, nella quale il Prelato è obbligato di assistere in Roma i Frascatani poveri in tutte le loro emergenze presso i tribunali e i dicasteri pubblici. Ma questa Prelatura non è già di 100 mila scudi, come assevera il Liverani, ma di seli diciottomila di capitale. (Vedi Dichiarazione della fiducia ecc. Roma, Natali 1848).

L'esempio del Micara fa seguito pur ora dal Macchi in proporzioni tre volte più raste. Ciò vuol dire che la prelatura e il maggiorasco istituito dal Macchi debbono ascendere a 300 mila scudi. Ora il Card. Macchi non ha istituito maggiorasco: e la prelatura da lui creata non oltrepassa i diciotto mila scudi. Si può ingigantire di più cosa si menoma? Ma egli si è inoltre da osservare che nella lunghissima sua vita, il Card. Macchi è stato sì scrupoloso amministratore delle rendite meramente ecclesiastiche che godeva, che ne tenne sempre i conti e la cassa a parte, non impiegandone mai un soldo a proprio uso, ma tutta spendendone l'entrata a beneficio dei poveri, delle chiese, e delle pie istituzioni della diocesi, ed escludendo perfino i suoi eredi da qualunque benchè piccola somma, o tenue oggetto che provenisse

dano i possidenti che non trovano come esitare i grani: e il Governo, che aspettava appunto quei guaiti, dà tosto le tratte, cioè i permessi di trasportarli e venderli fuori lo Stato. Il fratello del Segretario di Stato pone tosto in circolazione tanto denaro della Banca quanto è necessario le tratte sono caparrate dai monopolisti, poi negoziate a grossi profitti, e i possidenti messi nello strettoio peggio ancor di prima. Talora la notificazione (del Segretario di Stato) ha per iscopo di favorire e allettare la introduzione delle derrate: ed allora gl'incettatori riforniscono i granai, e i magazzini, e spirato il ·tempo segnato dal bando, si chiudono ad un'ora stessa le vie, i porli, i granai e magazzini, e la povera plebe è più travagliata e affogala di prima (pag. 76). A far comprendere quanto vi è di assurdo in tale lurida dipintura, basterà il porre dall'un lato, con brevissimi cenni, la teorica più sicura degli economisti, e dall' altro la pratica seguita in Roma.

Il grano come produzione della terra appartiene al commercio ed alla legislazione economica: come materia di prima necessità appartiene alla politica ed alla ragion di Stato. Il problema che questa ha da risolvere si è di conservar nello Stato o attirarvi tutto il necessario, trovare uno sfogo al superfuo, incoraggiare l'annua riproduzione. Il problema che l'altra si propone si è di sciogliere i trafficanti

da quelle rendite. Delle altre rendite poi fu munifico e largo benefattore. Ventimila scudi spese a far la facciata alla Chiesa cattedrale di Montefiascone: settemila ne spese crear posti gratuiti nel Seminario di Padestrina, e a ristorarvi le Chiese e i luoghi pii: ingenti somme donò di mano in mano ora per il Monastero delle Adoratrici perpetue del Santissimo Sacramento in Roma, ora per gli ecclesiastici esuli o deportati dalla Francia, ora per tanti altri illustri indigenti ch' egli largamente provvide. Di guisa che la memoria da lui lasciata morendo è memoria di benedizione per quanti il conobbero e ne provarono i beneficii: e se essa consola i suoi nipoti ed eminentemente li onora, li compensa altresì assai largamente dell'averli nel testamento donati soltanto di tenuissima eredità.

Passiamo volentieri sopra il molto oro del Card. Serafini (pag. 101). Monsignor Luigi Serafini, nipote del Cardinal Serafini, il dì 23 Giugno 1855 pagò la tassa di successione in scudi 42 e baiocchi 17, come può vedersi nel Registro dell' Assegna di successione Vol. 180, N. 11,250; ciò che indica un asse ereditario di poco oltre a cinque mila scudi. Proprio del Card. Serafini dovea asserirsi il molto oro!

di vincoli inutili; raccogliere nelle mani dei nazionali tutti i guadagni di quel traffico, renderlo con equo tributo una fonte d'entrata per lo Stato. Ciascuno di questi problemi ha naturalmente una soluzione pratica, differente per ciascun paese: nè questa soluzione può essere rappresentata da un solo principio, nè raggiunta con una stessa legge. La libertà assoluta, come l'assoluto divieto d'estrazione, non possono essere e non sono la regola ordinaria o generale per tutti i paesi, e per tutti i tempi: molto meno sono per lo Stato Pontificio, che, avendo sbocco in due mari, confini con molti Stati, terre di diversa e contraria natura, è soggetto a variazioni naturali ed artificiali molto più frequenti e spesso più grandi che gli altri. Per questo Stato dunque, più ancora che per gli altri, la massima più importante, insegnata dagli economisti più savii, suggerita dalle più forti ragioni, e approvata dall' esperienza più costante, si è che non devonsi metter leggi fisse, perpetue, invariabili per l'estrazione dei grani. Bisogna contrariarla se il ricolto è stato evidentemente scarso alla sussistenza della popolazione: bisogna animarla se il ricolto è stato evidentemente eccessivo: e nel contrariarla e nell' animarla bisogna tener grado conforme al grado stesso del bisogno. Proporzionatamente dicasi altrettanto della introduzione.

Ciò che la teorica degli economisti pubblici insegna doversi fare da un savio Governo, è stato sempre ed è praticato col sistema annonario vigente negli Stati della Chiesa. Il commercio delle annone viene nello Stato Pontificio regolato da sistema di leggi e di tariffe molto simili a quelle che sono in vigore in Francia. Sogliono emanarsi in ogni settimana le così dette tabelle mobili, le quali si compilano per le province del Mediterraneo dal Ministero del Commercio, e per quelle dell' Adriatico dalla Congregazione Annonaria di Forlì. Esse recano la perequazione dei prezzi correnti nelle città di ciascuna delle due Sezioni; ed in relazione a tali prezzi or la introduzione or l'estrazione è divietata; quando resa libera affatto da dazio, quando gravata da un diritto più o meno elevato, a tenore della vigente tariffa, che con alcune modificazioni, fattesi a quella del 28 Giugno 1823, fu pubblicata con editto del 15 Maggio 1858. Questo sistema della scala mobile pei generi annnonarii, vigente anche in Francia, sarebbe sufficiente a conciliare gl'incoraggiamenti Serie IV, vol. XII.

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21 Settembre 1861

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