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Non è peraltro da riprendere la volgare intelligenza di questo luogo: In signa et tempora etc. intendendo i mesi 1 o le stagioni (i mesi anticamente erano lunari, e tali sono tuttora per molti popoli), ovveramente i segni che o si traggono dall' ispezione degli astri, come indicazioni del tempo sereno e piovoso, o de' venti, e ancora sono indizio dell'epoca opportuna a certe operazioni dell' uomo, come il seminare, il mietere, il navigare ecc. 2. « Ex luminaribus coeliaccipitur significatio pluviosi temporis vel sereni, quae sunt apta diversis negotiis, et quantum ad hoc dicit: ut sint in signa ». Cosi scrive S. Tommaso 3 e similmente avevano scritto S. Basilio, S. Ambrogio e Teodoreto, i quali aggiungono il dovuto biasimo delle follie degli astrologi, e de' genetliaci, i quali immaginavano o fingevano di leggere ne' corpi celesti e ne' loro movimenti gli eventi futuri, anche fortuiti o dipendenti dal libero arbitrio dell' uomo. La S. Scrittura aveva già riprovati questi vani presagi, e i vani timori che ne conseguono 4.

Gli usi degli astri ed i fini, a cui sono ordinati, il Creatore soltanto pienamente li conosce; ma a Mosè non sembra convenisse toccare se non di quelli, che agevolmente si conoscono e sono ordinati a nostra evidente utilità. Moyses, è dottrina di S. Tommaso, ut populum ab idololatria revocaret, illam solam causam tetigit, secundum quod sunt facta ad utilitatem nostram 5. È dottrina dello

1 Mi sembra assai verisimile che le quattro principali fasi della luna abbiano data occasione alla divisione del tempo in settimane. Ciò non si oppone alla origine divina della santificazione e del riposo del settimo giorno (Exod. XX, 9 et seq.).

2 Luna ostensio temporis et signum aevi. A luna signum diei festi. Eccli. XLIII, 7.

3 S. I P. qu. 79, art. 2.

4 Haec dicit Dominus: iuxta vias gentium nolite discere, et a signis coeli nolite metuere, quae timent gentes. IEREM. X, 2.

5 Perciò noi ancora in questo articolo omettiamo quegli usi della luna, i quali non arrecano manifesta utilità alla specie umana, e tacciamo ancora delle maree, le quali principalmente da essa ripetonsi. Ci piace peraltro notare di passaggio, che questo fenomeno non è senza importanza per la geologia. Le maree dell'Oceano, non meno delle acque continentali, delle correnti di mare, e delle onde agitate nelle procelle, corrodono le coste,

slesso santo Dottore: Moyses ea tantum proposuit quae in manifesto apparent. Da ciò anche si vede perchè il sacro storico, quantunque per avventura esistessero da prima i corpi celesti, non ne abbia peraltro fatta menzione, se non quando furono manifesti alla terra e la illuminarono. Potè anche la premura di sempre più rimuovere gl' Israeliti dal culto del sole e degli altri astri (al quale erano propensi gli antichi popoli circostanti, e tuttora sono alcune popolazioni non illuminate dalla scienza nè dalla vera religione) delerminarlo a non far motto di quelli prima di mentovare l'erbe e gli alberi 1.

Doppio è l'ufficio degli astri ricordato qui da Mosè, distinguere e misurare i tempi, onde istrumenti del tempo sono appellati da Platone 2; ed illuminare la terra (come pure gli altri pianeti), che è principalmente ufficio del Sole durante il giorno e spesso, in sua assenza, della luna, il cui dolce e modesto lume rischiara le tenebre delle nostre nolli.

Niuno ignora che gli astri misurino il tempo, e che il Sole d'illumini, durante il giorno; e gli usi naturali delle creature si riguardano a buon dritto come fini ordinati dal Creatore. Ma l'affermarsi che illuminare minore sia fatto per presiedere alla notte e ad illuminarci nella notte, ciò ha dato occasione alla critica di alcuni moderni.

Assai nota è la osservazione critica del celebre Laplace 3. « Alcuni partigiani delle cagioni finali hanno immaginato, la luna esser data

e sono dotate di gran forza distruttiva, e di notabilé potere di trasporto, come pure sono fornite di forza riproduttrice e accumulano in un luogo ciò che tolgono ad un altro. Di ciò scrive stesamente il Lyell. Così si spiegano molti fatti geologici senza ricorrere a più catastrofi generali e a molte subitane rivoluzioni. Si avverta che le maree si ripetono principalmente dalla luna, e perciò tutti i loro effetti sarebbero assai minori, se la luna distasse dalla terra quanto vorrebbe l'ipotesi del Laplace, della quale di

remo or ora.

1 Ne forte, elevatis oculis ad coelum, videas solem et lunam et omnia astra coeli, et errore deceptus, adores ea et colas, quae creavit Dominus Deus tuus in ministerium omnibus gentibus, quae sub coelo sunt. DEUTERON. IV, 19.

2 Ille Pater rerum, qui tempora dividit astris. CLAUDIANO.

3 Exposition du Système du monde.

alla terra per illuminarla nelle notti. In tal caso la natura non avria raggiunto lo scopo propostosi; perocchè noi siamo spesso privi a un tempo della luce del sole e di quella della luna. A pervenirvi sarebbe bastato collocare da principio la luna in opposizione col sole, nel piano medesimo dell' eclittica, ad una distanza uguale alla centesima parte della distanza della terra dal Sole, e dare alla luna ed alla terra velocità parallele e proporzionali alla loro distanza da questo astro. Allora la Luna sempre in opposizione col Sole, avria descritto attorno ad esso una ellissi simile a quella della terra; questi due astri si sarebbon succeduti uno all' altro sull' orizzonte; e siccome a tal distanza la luna mai non sarebbe stata ecclissata, la sua luce si sarebbe costantemente sostituita a quella del sole. »

La censura sembra quasi diretta a tutto il genere umano; mi pare peraltro che il genere umano avrebbe potuto rispondere, che esso crede sì la luna data alla terra ancora per illuminarla nelle notti, non peraltro nel miglior modo possibile, nè per tutta la notte, nè in tutte le notti, ma nella misura e nel modo che portano le leggi stabilite dal Signore della natura. Le persone poi fornite di buon senso e di mezzana coltura potevano avvertire che l'autore di quella ipotesi avrebbe dovuto mostrare che quella poteva aver luogo senza turbazione delle leggi generali imposte alla natura, non convenendo capovolgere queste, perchè dal lume lunare fossero un poco più illustrate alcune delle nostre nolti.

Valenti geometri hanno dimostrato il contrario. Il Liouville in una Memoria letta all' accademia delle Scienze di Parigi il 4 Aprile 1842 1, osserva che per l'esattezza assoluta della proposizione del Laplace converrebbe che niuna cagione perturbatrice in seguito intervenisse a turbare i moti; il che non può ammettersi. Che se veramente il sistema considerato fosse un sistema stabile tendente a resistere alle perturbazioni, ed a ritornare da per sè al suo stato regolare di moto, ciò saria poco importante, nè impedirebbe la luna d'esser sempre quasi sul prolungamento della retta, che congiunge il sole alla terra, e un piccolo allontanamento della luna

1 Sur un cas particulier du problème des trois corps, pubblicato nella Connaissance des temps pour l' a. 1845.

da questa retta, non la impedirebbe d'illuminare la terra per tutto il tempo notturno. Dunque la vera questione è quella della stabilità, ed il problema da lui risoluto è questo: tre masse essendo poste pressochè esattamente nelle condizioni volute dal Laplace, si domanda se l'azione reciproca di esse masse manterrà il sistema in questo slato particolare di moto, o se per contrario tenderà ad allontanarnelo sempre più. Risolvendo il problema coll'aiuto del calcolo, conclude che gli effetti delle cagioni perturbatrici, lungi dall' essere contrabilanciate, sono al contrario rapidamente ingrandite per le azioni mutue delle nostre tre masse; di che inferisce: se la luna occupato avesse da principio la posizione particolare indicata dal Laplace, essa non avria potuto in questa mantenersi, se non durante un tempo brevissimo.

Alcuni anni prima della lettura di questa Memoria, un altro valente geometra, il P. Andrea Caraffa professore nel Collegio Romano, aveva esaminato la ipotesi indicata dal Laplace in una dissertazione 1 latina (anonima), pubblicata in occasione di un pubblico saggio esibito dagli scolari di Fisico-matematica. Il sig. Liouville conobbe questo scritto; ma sembrami che troppo severamente lo giudichi. Egli, dopo avere avvertito che la vera quistione è quella della stabilità, aggiunge « Contentarsi di dire con l'autore d'una dissertazione stampata in Roma nel 1825, che il sistema delle nostre tre masse dee provare delle perturbazioni dagli altri pianeti e che perciò l'opposizione della luna al sole non può sussistere ad ogni epoca matematicamente in una maniera assoluta, è enunciare una verità evidente, triviale, e non fare una seria obbiezione ». Una doppia censura sembra qui farsi all'autore della Dissertazione: prima, di non aver veduto, o almeno aver omesso di avvertire, che una piccola deviazione dalla collocazione immaginata dal Laplace non impedirebbe in modo valutabile l'effetto preteso, nè formerebbe contra lui una valida difficoltà; seconda, d'essersi contentato di questa insufficiente obbiezione. Quanto alla prima, benchè il P. Caraffa cominci dal dimostrare, che non potrebbe nell'ipotesi del Laplace

1 Eccone il titolo. Paucis expenditur cl. Laplace opinio de illorum sententia, qui lunam conditam dicunt, ut noctu tellurem illuminet. 1825.

essere in costante e perfetta opposizione la luna col sole, concede espressamente che se le piccole aberrazioni fossero periodiche, non sarebbero cosa di gran rilievo: Si subinde ab oppositionis statu aliquantum removeantur corpora, ut quasi facta periodo, rursus ad eundem statum accurate redeant, non multum refert 1. Quanto alla seconda, l'autore della dissertazione pare piuttosto accumulare le difficoltà contro l'ipotesi del Laplace, che non esser pago ad una, e di piccol momento. Fa osservare che, salvo poche notti presso il tempo delle congiunzioni, sono più o meno tutte illustrate dalla luna, e ciò con giovamento non piccolo de viventi meno lontani dall' uno e dall'altro polo; che niun partigiano delle cagioni finali ha dato per fine unico alla luna illuminare la nostra terra; che le sue fasi indicano al volgo l'età del mese (lunare); e l'eclissi sono assai utili agli astronomi, nè dispregevoli servigi hanno recati alla storia ed alla cronologia: di gran vantaggio sono poi alla geografia e alla navigazione, somministrando il più commodo mezzo per determinare le longitudini in mare. Osserva ancora che nella ipotesi accennata resterebbe più o meno offesa la terza legge del Keplero, come pure che non dee troppo vantarsi il giovamento supposto dalla perenne illustrazione delle notti, dacchè la luna, posta nella distanza, che conviene alla ipotesi, ci manderebbe luce sedici volte più debole di quella che al presente ci invii, e questa luce, così indebolita, sarebbe spesso eclissata affatto dall' interposizione delle nuvole. Male adunque in tale ipotesi avrebbe la luna adempiuto uno degli ufficii da Mosè indicati, vale a dire illuminare le nostre notti, ed avria mancalo totalmente all' altro, cioè alla misura del tempo : dacchè mancando il ritorno periodico delle fasi lunari, che attrae l'attenzione ancora del volgo, non si vede come saria nata l'idea del mese.

Aggiungo che lo spettacolo del cielo notturno è più vago, o certa mente è varietà più piacevole nell' ordine presente delle cose, che non quello uniforme che si avrebbe nell'ipotesi esaminata. Bello spetta colo ne offre la luna quando ne' plenilunii sereni passeggia dolcemente maestosa per l'ampiezza de'cieli fra le stelle più belle e maggiori, cui i suoi raggi non vietano il risplendere: ma forse è poco

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