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modo da formare una trattazione ordinata, ma l'opera sua non ha avuto risultato molto soddisfacente; la difficoltà di consultarla è considerevole, ed anzichè oggettiva la base sulla quale essa poggia è affatto soggettiva.

Per illustrare l'opera dei compilatori, noi possiamo esaminare l'ordine del titolo dell' usufrutto. I primi 6 frammenti sono tolti dalle opere di comitati diversi: il 1° e 2° dal gruppo Edittale; la L. 3, dal gruppo Sabiniano, la L. 4 dall'Edittale; L. 5 dal Papinianeo, ed infine la L. 6 dall'Edittale: e di più le LL. 4 e 6 sono tolte da una parte del gruppo Edittale precedente a quella dalla quale sono tolte le LL. 1 e 2. A chi sottoponga ad un accurato esame questi 6 frammenti apparirà chiaro, che essi vennero così disposti per formare come una introduzione, contenente definizione, carattere, modo di costituzione, acquisto e perdita. Con la L. 7 cominciano i frammenti dell'opera d'Ulpiano ad Sabinum, che costituiscono la parte più voluminosa del titolo. Il 17° libro d' Ulpiano è interrotto da brevi interpolazioni (L. 8) tolte dal 40° libro del suo commentario all'Editto (uno dei libri Edittali assegnati al comitato Sabiniano) e dal 5o di Pomponio e dal 3° di Paolo ad Sabinum. La L. 11 è tolta dall'epitome d'Alfeno di Paolo, appartenente pure al gruppo Sabiniano. Con la L. 15 comincia il 18 libro d'Ulpiano ad Sabinum, che è poi similmente interrotto. Le LL. 21 e 23 sono interpolazioni prese dal 17° libro d'Ulpiano, e vennero evidentemente posposte per dare una trattazione più completa all'acquisto per mezzo di schiavi, che è nel libro 18. Altra interpolazione è la L. 24 del 10° libro di Paolo ad Sabinum, che è un libro troppo posteriore per venire naturalmente compreso nel libro 18 di Ulpiano. Segue poi un altro estratto dal 10° libro di Paolo ad Sabinum che, secondo la connessione del pensiero, avrebbe dovuto essere posto dopo la L. 23 od in luogo simile. Esso è posto qui semplicemente perchè fu estratto dopo il 3o libro di Paolo, e prima di Giuliano; la stessa ragione vale per la L. 32.

Dopo ciò, segue una curiosa interpolazione presa dalla serie Edittale, cioè un frammento di Papiniano che Bluhme, come ho detto, spiega con la citazione che in esso si trova di Giuliano. I frammenti tolti da Giuliano Africano Marciano, dalle regole

di Ulpiano e da Nerazio seguono nel debito ordine; ma (L. 39) un frammento di Gaio ad Edictum provinciale (gruppo Edittale) è fuso con Marciano. Con la L. 45 si procede quindi nel gruppo Edittale, ed il primo frammento è tolto dallo stesso libro di Gaio. Evidentemente si è voluto che la Serie Edittale soprafaccia la Papiniana, e così la L. 39, che avrebbe dovuto seguire la L. 44, è stata compresa nel gruppo Sabiniano. Seguono poi i frammenti tolti dai libri su Plauzio e dall'edizione di Vitellio fatta da Paolo. Alla L. 50 avrebbe dovuto far seguito l'altro frammento dello stesso 3° libro su Vitellio, ed un frammento di Celso, che vennero invece trasportati al principio del titolo (LL. 1, 2). Seguono poi le varie opere di Modestino e Pomponio ad Q. Mucium, quindi un frammento di Gaio ad Edict. prov. che secondo il MS. fiorentino è tolto dal libro 17° e conseguentemente appartiene alla serie Sabiniana; ma secondo altri minori MSS. invece è tolto dal 7o ed appartiene alla Edittale, ed è un'osservazione del comitato edittale. Con la L. 57 comincia la serie Papiniana, benchè sieno già stati tolti dei frammenti dalle Quaestiones per formare la L. 33. Questa serie si estende fino alla L. 63, ed è seguita da un numero di frammenti tolti dalla serie Sabiniana, interrotti dalla L. 65 e dalla L. 71 e conchiusi con la L. 74 della sezione Edittale. Questa collezione è composta di due gruppi di frammenti, l'uno dei quali (LL. 64 67) è formato da frammenti tolti dai libri sull' editto e da un trattato di Giuliano, e l'altro [LL. 68-73], di frammenti tolti dal 17° libro d'Ulpiano e dal 5° di Pomponio ad Sabinum.

Secondo l'ordine seguito dal Comitato Sabiniano, quest'ultimo avrebbe dovuto precedere il primo.

Difficile a spiegarsi è perchè occorrono dei frammenti Sabiniani alla fine di questo titolo ed in ordine invertito; probabilmente essi dovevano essere posti in qualche altro luogo e vennero qui per sbaglio collocati; certo però la connessione del pensiero non ha nulla a che fare con questa posposizione e coll'ordine della materia quale è noto a noi.

Se la connessione dei pensieri fosse stata assunta come guida nella distribuzione della materia, difficile sarebbe spiegare questo titolo; perchè le LL. 18-20 si troverebbero dove sono ora, anzichè essere collocate in parte fra gli altri frammenti

miscellanei ed in parte interpolate in luoghi appositi? perchè separare la L. 10 dalla L. 48 § 1? e perchè connettere quest'ultima con la L. 48 § 2, a meno che esse non fossero lasciate di seguito come erano nel libro dal quale vennero tolte, fatte però alcune omissioni?

La stessa osservazione calza a proposito della L. 19 pr. e L. 19 § 1. Certo la L. 12 pr. L. 18, L. 19 § 1, L. 59 dovrebbero essere riunite insieme, e così pure L. 7 § 2 fin. con la L. 27 § 3 e L. 52; e L. 44 con la L. 7 § 3 ecc. ecc.

In qualche titolo le tre serie occorrono due volte.

I libri XXX-XXXII, formano come un sol titolo; la materia del gruppo Sabiniano (insieme ad un considerevole numero d'interpolazioni dagli altri gruppi) occupa il libro XXX. Il libro XXXI fino alla L. 63 è Edittale, il resto del XXXI, ed i primi 42 frammenti del libro XXXII, sono Papiniani e Postpapiniani. Poi ricomincia la materia Sabiniana LL. 44-75; l' Edittale, LL. 76-90, Papiniana L. 91 fino alla fine. È evidente che questi ultimi frammenti (XXXII, L. 44 fino alla fine) dovevano formare un titolo ed un libro separato come nel Codice VI § 8 un titolo simile segue immediatamente al titolo de legatis. Così il titolo de ritu nuptiarum contiene la materia di due titoli; LL. 1-51 corrispondenti al Codice V, 4 ed il resto corrispondente al Cod. V, 5 de incestis et de inutilibus nuptiis. Le tre serie occorrono qui due volte come in I, 3, dove appare che dalla L. 32 fino alla fine intendevasi formare un solo titolo de consuetudine; così in XXI, 2 dove dalla legge XIII alla fine intendevasi formare un titolo a parte de duplae stipulatione; e in XXXIV, 2 dove le tre serie ricominciano alla L. 19. Bluhme suggerisce che i vestimenta e ornamenta fossero la materia principale nella 1a parte del titolo e l'aurum e l'argentum nell'ultima. In altri titoli solo una serie è ripetuta come nel D. XXXVI, 7, dove il gruppo Papiniano occorre da prima nelle LL. 2-7 e poi nuovamente nelle LL. 19-29. Il titolo di usufrutto porge un altro esempio di ciò, benchè Bluhme non ne faccia speciale menzione.

Nel lungo titolo de verb. obl. (XLV, 1) la prima copia del MS. Fiorentino ha una nuova rubrica to B tou de verborum obligationibus dopo la L. 47, ed un altro simile г dopo la L. 122, di

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CAPITOLO IV.

ORDINE DEI FRAMMENTI IN OGNI TITOLO

videndo così il titolo in tre porzioni ineguali. È da notarsi che così la la sezione termina coi frammenti tolti dai libri su Sabino, la 2a comincia coi libri sull' Editto che vennero presi dał Comitato Sabiniano, e prosegue con la serie edittale e con le Quaestiones e Responsa di Papiniano, e termina con nn lungo frammento del Digesto di Scevola: la 3a contiene il resto della serie Papiniana.

CAPITOLO V.

CONFRONTO DEI FRAMMENTI CO' LORO ORIGINALI

Se i commissari di Giustiniano avessero adottato un altro metodo, e compilato ciascun titolo a guisa d'esposizione siste. matica della materia, usando bensì i materiali da essi trovati, ma fondendoli in un sol tutto senza curarsi di conservare le parole o l'identità degli autori, essi avrebbero fatto opera a prima vista più utile e conveniente al suo scopo pratico e più conforme al concetto di un Digesto scientifico di diritto; quale danno però ci avrebbero essi arrecato! Invece di avere numerosi, e spesso ampii benchè mutilati e disordinati frammenti delle opere appartenenti al più brillante secolo della Romana giurisprudenza, noi avremmo il diritto quale era concepito dai giureconsulti Bizantini nel 6° secolo. Per quanto concerne gli scritti degli antichi giuristi, l'opera avrebbe potuto avere un valore, come mostrano le Istituzioni di Giustiniano; ma grandemente vi avrebbe scapitato la storia: se ai compilatori fosse stata data piena libertà di sintetizzare a piacimento loro senza citare le fonti, noi avremmo un numero bene inferiore di brani degli antichi giuristi di quello che conserviamo tuttora, grazie alla deliberazione di Triboniano di conservare i nomi degli autori e di porre i frammenti (almeno per norma generale) nell'ordine nel quale venivano estratti. Tuttavia rimane ancora dubbia questione il determinare quali alterazioni vennero arrecate a questi frammenti dai commissari. Giustiniano dette ampia autorità di correzione, e la sua severità nel proibire ogni confronto fra l'originale ed i risultati ci può a priori persuadere che questa autorità venne ampiamente usata. Un confronto fra le istituzioni di Giustiniano e quelle di Gaio (Gneist. Syntagma) non porta luce alcuna su questo punto, poichè in quelle si seguì un altro metodo. Le istituzioni dovevano essere un'opera nuova e servirsi di Gaio e degli altri solo in via generale.

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